Caro futuro Ministro dell’Istruzione, chiunque tu sia…
(Attenzione! Questo intervento contiene affermazioni a forte impatto emotivo e pertanto se ne sconsiglia la lettura ai soggetti fragili, depressi o impressionabili. Non tenere a portata di mano pistole d’ordinanza o altre armi, anche bianche).
Nel testo il termine “Ministro” viene usato al maschile ma comprende anche il femminile.
Caro futuro Ministro dell’Istruzione, chiunque tu sia (c.t.s.), siamo convinti che sarai scelto non in seguito a incomprensibili e imperscrutabili beghe di potere o per mantenere equilibri politici precari. No! Tutto ciò fa parte della liturgia del passato. Questa volta sarai scelto per le tue acclarate competenze generali e di politica scolastica in particolare. Tu conosci in modo puntuale i problemi che affliggono la scuola ed elaborerai un piano di interventi tempestivo, efficace e definitivo. Finalmente la scuola sarà rivoltata come un calzino e potrà realizzare la sua importante funzione senza intoppi o titubanze, proiettata verso un futuro radioso di sviluppo, crescita e ricchezza.
La scuola sarà posta al centro dell’agenda politica e dell’opinione pubblica e tutti ne riconosceranno il suo insostituibile e fondamentale ruolo che svolge per il bene del Paese. Eccetera…
Ma, prima che tu inizi questa catartica e rivoluzionaria operazione di innovazione e trasformazione, vogliamo richiamare la tua attenzione su alcuni preliminari aspetti della macchina che andrai a dirigere nella convinzione che ciò ti possa tornare utile e possa imprimere una accelerazione ai tuoi disegni riformatori.
Caro futuro Ministro, c.t.s., come sai, quando si intraprende un’impresa complessa come quella che tu stai per iniziare, una delle prime cose da fare è quella di verificare chi sono i propri collaboratori, sia nel micro che nel macro, e quali competenze e motivazioni hanno rispetto al compito.
Per esempio, il tuo apparato amministrativo è in grado di gestire processi ordinari ancorché complessi? (Non rispondere subito, fai prima un respiro, o conta fino a tre).
Alcuni di questi processi sono di una banalità disarmante e ripetitiva, come ad esempio la nomina dei docenti “prima” che inizino le lezioni (o la nomina degli addetti all’amministrazione delle scuole).
Saprai, caro futuro Ministro, c.t.s., che l’anno scolastico, in Italia, inizia il 1° settembre, mentre le lezioni hanno un inizio differenziato a seconda delle Regioni. Queste scadenze si conoscono un anno prima e dunque tutto lascerebbe supporre che si abbia il tempo necessario per organizzare tempestivamente le varie operazioni di trasferimenti, nomine, immissioni in ruolo e quant’altro.
Eppure è quasi commovente vedere come l’apparato amministrativo ogni anno arrivi con l’acqua alla gola per completare le varie operazioni.
Forse sono troppo complesse? Forse ci sono troppi passaggi? Forse non ci sono adeguate competenze gestionali nel management amministrativo?
Il problema in sé non è paragonabile ai tanti di carattere politico che dovrai affrontare, caro futuro Ministro, c.t.s., ma considerato che impatta fortemente sull’organizzazione delle scuole e sulle attese di studenti e famiglie, forse ti conviene rivolgere una certa attenzione e trovare delle soluzioni, come dire?, definitive. (Ricorda, caro futuro Ministro, c.t.s: l’a.s. in Italia inizia il 1° settembre…).
Nel corso della campagna elettorale molti tuoi concorrenti hanno promesso mare e monti (qualcuno anche la collina…). È stato detto che gli stipendi dei docenti italiani devono essere equiparati alla media degli stipendi dei docenti UE. Ma perché fermarsi a questo? Perché non puntare più in alto? Tu vai oltre: prometti stipendi da favola, con aumenti stratosferici per tutti! Tanto gli italiani hanno la memoria corta e dimenticano tutto.
Ricorderai che nel passato qualche uomo politico aveva promesso un milione di posti di lavoro poco prima delle elezioni, qualcun altro l’aumento delle pensioni e la sconfitta della povertà, tanti altri l’abbassamento delle tasse. Gli italiani stanno ancora aspettando. Gli italiani sanno aspettare. E allora tu prometti stipendi d’oro! Non ti costa nulla e ti fa avere un mucchio di voti.
Anche riguardo ad altri aspetti della vita scolastica, non essere banale! Punta in alto!
Basta con le classi pollaio! Al massimo, classi-stalla: sono più grandi e ci stanno più studenti. Nessuno ti può accusare di non aver risolto il problema. Anzi, potrai sempre dire che “la congiuntura economica del momento non consente di affrontare il problema in una prospettiva risolutoria diversa, e pertanto occorre adottare una linea di condotta realistica in sintonia con le specifiche richieste dell’UE… ecc. ecc.” (il riferimento alla UE va sempre bene…).
E poi, parliamoci chiaro, si può fare lezione anche con 50 studenti: chi ha voglia di studiare non si lascia condizionare dal numero. Certo, i tuoi predecessori hanno insistito oltremodo (sulla carta…) sulla necessità di personalizzare i percorsi di apprendimento, ma quelle sono espressioni che si usano perché “lo vuole la UE”, appunto. Fumo negli occhi, insomma.
D’altro canto, saprai, caro futuro Ministro, c.t.s., che la scuola riesce a fare poco o nulla rispetto ai divari iniziali tra gli studenti. E allora perché vuoi intralciare un fenomeno naturale, che fa parte della natura stessa delle cose? Ovviamente non dirai così al personale della scuola, anzi ti sperticherai nel dire che il tuo Ministero “è impegnato nel garantire a tutti gli studenti il diritto allo studio e il successo formativo quale obiettivo prioritario per innalzare il livello culturale della popolazione e la crescita economica del Paese bla bla bla…”.
Non ti vorrai sottrarre, caro futuro Ministro, c.t.s., al fascino discreto del lasciare il segno della tua permanenza a Viale Trastevere 76/A attraverso una epocale riforma della scuola, qualunque cosa essa sia.
I tuoi predecessori hanno amato in modo particolare questo aspetto della loro missione. Tu non puoi essere da meno. La riforma può riguardare l’Esame di Stato della scuola del secondo ciclo (ma è diventato un tema talmente inflazionato che è meglio lasciar perdere…); oppure l’obbligo scolastico (12 anni? 13 anni? Nessuno offre di più?…) oppure le modalità di reclutamento del personale (tema sempre attuale e che dà sempre tante soddisfazioni al Ministro di turno, un po’ meno alle scuole costrette a fare i conti con sistemi di selezione che nella migliore delle ipotesi premiano la velocità di risposta ai quiz o la conoscenza mnemonica dei candidati, molto meno l’attitudine all’insegnamento).
Ma noi ti consigliamo di dedicarti ad una riforma veramente titanica: il riordino dei cicli! Se riuscirai a portarla a termine, una tua gigantografia verrà apposta nel Salone dei Ministri del palazzo ministeriale! Per la verità in questa fase non è tanto importante la realizzazione della riforma, quanto la promessa di realizzarla (ricordati del milione di posti di lavoro di cui sopra…). Per la sua elaborazione puoi fare riferimento agli schemi che di solito utilizzano gli allenatori delle squadre di calcio (1-3-4-4, oppure 4-4-4, oppure 1-4-3-5 ecc.). Qual è il senso di tutto ciò? È lo stesso che consente il funzionamento di scuole con oltre 2000 studenti…
Un aspetto che ricorre puntualmente nel dibattito scolastico è quello dell’autonomia delle scuole. Non ti lasciare ingannare, caro futuro Ministro, c.t.s. È un falso problema.
L’autonomia scolastica in Italia non la vuole quasi nessuno. Sicuramente non il Ministero che andrai a dirigere, che l’ha usata per rifilare alle scuole “autonome” incombenze burocratiche di una certa scocciatura.
Questa finta autonomia ha permesso finora al Ministero che andrai a dirigere di tenere in mano il pallino del gioco, imponendo alle scuole disposizioni, direttive, ordini, istruzioni, precetti, circolari, decreti, note, linee di comportamento e altro ancora.
D’altro canto se le scuole dovessero davvero agire l’autonomia prevista dalle norme (ancorché nella sua dimensione “funzionale”), forse emergerebbe con tutta evidenza l’inutilità di un apparato amministrativo ministeriale (con le sue ramificazioni periferiche) così elefantiaco e pervasivo.
A proposito, caro futuro Ministro, c.t.s., forse saprai che quasi il 27% delle istituzioni scolastiche non ha il DSGA (Direttore Servizi Generali e Amministrativi), con punte che arrivano al 53% (come in Lombardia). Ma tu non farne un problema, non provare ambascia: in fondo, in una situazione così caratterizzata, le scuole possono sperimentare sul campo il concetto di resilienza che va tanto di moda in questo periodo.
Sì, certo, ci sono le scocciature dei PON o quelle legate all’utilizzo dei fondi PNRR, ma stai sicuro che in un modo o nell’altro le scuole se la caveranno anche senza la presenza del DSGA. Sono resilienti, appunto…
Ci sarebbero tante altre cosette da considerare: l’effettiva possibilità per le famiglie di utilizzare i servizi educativi 0-3 anni senza dover accendere un mutuo; l’avvio (non sulla carta) del Sistema integrato 0-6; la valutazione come sistema di controllo dei processi di insegnamento-apprendimento (e non solo come verifica sanzionatoria dei risultati degli studenti); la dialettica tra conoscenza e prassi (evitando l’inciampo fonetico dei PCTO); il superamento, o l’attenuazione, dei divari territoriali in termini di qualità dei risultati. Ma queste sono cose troppo serie per poter essere trattate da un Ministro.
Insomma, caro futuro Ministro, c.t.s., il lavoro che ti attende è tanto, ma siamo sicuri che riuscirai a portarlo avanti con quella perizia e competenza che hai dimostrato in campagna elettorale facendo promesse mirabolanti.
Il volgo ha bisogno di promesse perché ha bisogno di sognare, di immaginare un avvenire migliore, idilliaco e paradisiaco. Tu hai regalato un sogno! Lascia che la realtà viaggi invece sui suoi consueti binari dell’umana miseria e dell’asfittica contingenza del momento.