Dalla alternanza scuola/lavoro ai PCTO (percorsi per competenze trasversali e per l’orientamento)

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di Raimondo Giunta

All’alternanza scuola/lavoro sono subentrati con il comma 785 dell’art. 1 della legge 145 del 30 dicembre 2018 i percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento.
Diciamolo.  Nel primo caso ci si trovava di fronte ad una pia illusione, perché di alternanza si può parlare quando i tempi tra attività formative ed esperienze di lavoro si equivalgono; nel secondo caso ci si trova nel campo controverso delle competenze trasversali.
La vecchia formulazione straripava in termini di spazio e di obbligatorietà e finiva per stravolgere in alcuni indirizzi la regolarità delle dovute attività curriculari; il nuovo indirizzo per i tempi più ristretti (per fortuna) non può andare oltre una pratica di orientamento al lavoro e alla cultura del lavoro, dignitosa in sè e non bisognevole dell’ addobbo delle competenze trasversali. Trattasi, infatti, di uno stage, che bisogna sapere organizzare bene dal punto di vista didattico se si vuole che fruttifichi qualcosa.
E a proposito che cosa sono le competenze trasversali? A cosa devono cotanto fascino?

Il fascino indiscreto delle competenze trasversali

A partire dagli anni ’90 le ricerche e i contributi dell’ISFOL hanno fatto emergere, accompagnato e consolidato in Italia la cultura delle competenze e un linguaggio che le significava per gli usi che si incominciavano a fare nelle attività della formazione professionale.  Un ruolo particolare veniva assegnato alle competenze che venivano chiamate trasversali (diagnosticare, relazionarsi, affrontare); le altre venivano distinte in competenze di base e in competenze professionali.

Le hanno proposto come elemento cruciale dell’approccio per competenze, decisive della sua fecondità e necessarietà.
Nel modello ISFOL diagnosticare, relazionarsi, affrontare rappresentano tre macro – categorie di competenze trasversali, caratterizzate da un alto grado di trasferibilità a compiti e contesti diversi e da un ampio spessore, cioè da un’estensione notevole che comprende numerosi elementi subordinati e di dettaglio crescente.
Il modello ISFOL aiuta a comprendere la natura della competenza e a render conto di questa a partire dalla sua logica, che è quella implicita nel concetto di soggetto al lavoro.  Recepisce l’evoluzione del contesto lavorativo che ha spinto a spostare l’attenzione dalle caratteristiche dei compiti alla centralità della persona, in quanto risorsa strategica in contesti ad alta variabilità ed incertezza.  (R.  Frega).
Con le competenze trasversali ci si sposta dall’ambito lavoristico e dalla pratica formativa per e sul lavoro al campo dell’agire umano nella sua varietà e complessità.
“Il grado di padronanza da parte del soggetto dell’insieme di queste competenze, non solo modula la qualità della sua prestazione (…),  ma influisce sulla qualità e sulla possibilità di sviluppo delle sue risorse,  attraverso la qualità dell’informazione che è in grado di raccogliere,  delle relazioni che sa instaurare,  dei feed-back che riesce ad ottenere e di come sa utilizzarli per riorganizzare la sua conoscenza”(G.  Di Francesco).
Nell’ambito delle competenze trasversali vengono inserite,  secondo le varie scuole di pensiero: operazioni mentali come comprendere,  dedurre,  coordinare,  applicare,  analizzare,  trasferire,   interpretare,  valutare;  saper-fare metodologici come prender nota,  strutturare un discorso,  manipolare dei concetti,  padroneggiare dei processi d’astrazione;  attitudini del sapere essere come collaborare,  partecipare,  realizzare progetti personali e/0 professionali,  sapere ascoltare e dialogare,  parlare in pubblico,   sapersi destreggiare.
In genere con il concetto di competenze trasversali vengono indicate capacità e abilità di carattere generale, relative ai processi di pensiero e di cognizione, alle modalità di comportamento nei contesti sociali e di lavoro, alle attitudini della persona di riflettere e a quelle di utilizzare strategie di apprendimento e di auto-correzione della propria condotta.  Hanno uno statuto di generalità che le distingue dalle altre competenze, tutte contestualizzate, e che le rende applicabili a un gran numero di situazioni anche inedite.

Trasversalità delle competenze o competenze trasversali?

La cura delle attitudini al sapere-essere e al sapere agire,  in cui confluiscono le competenze non legate ad una particolare area professionale,  sollecita ad avere uno sguardo diverso sull’attività di insegnamento,  sui contenuti del curriculum,  ma non alla costituzione di uno specifico settore di insegnamento.  Uno studioso come B.  Rey,  che sulle competenze trasversali ha scritto pagine fondamentali,  afferma: “Trovo vana e vanitosa la pretesa di insegnare agli allievi a osservare,  a comparare,  a pensare,  a dedurre,  ad adottare delle strategie riflessive etc,  etc.  Che essi apprendano,  piuttosto, un po’ di matematica,  un po’ di letteratura,  un po’ di storia,  un po’ di biologia,  un po’ di lingue straniere etc”.
Si rischia non solo lo svuotamento dei contenuti e della scuola, ma anche in alcuni ambiti l’indottrinamento e la manipolazione.
La formazione delle competenze del sapere-essere(le soft-skills), senza la dovuta consapevolezza critica,  rischia di piegarsi alle richieste imperative di quanti si adoperano per chiudere ogni possibile frattura tra carattere individuale della persona ed esigenze dell’organizzazione del lavoro nel mondo delle aziende.  In questo caso non avremmo con le competenze del sapere essere la formazione dell’autonomia personale, ma una surrettizia pratica di addomesticamento.
Avremmo l’adattabilità senza riflessione: quella che conduce a rinunciare a comprendere e che induce ad accettare tutto, senza interrogarsi su niente.
A proposito di un possibile autonomo spazio delle competenze trasversali bisogna vedere in che cosa consista e per prudenza è opportuno prendere in considerazione gli avvertimenti di Le Boterf : “La competenza si realizza nell’azione.  Non gli preesiste (. . .  ) Non c’è competenza se non nella competenza in atto.  Non può funzionare a vuoto, al di fuori di ogni atto, che non si limita ad esprimerla, ma che la fa esistere”.
Se questo vale per le competenze che chiamiamo di base o professionale, vale soprattutto per le competenze trasversali.
“La competenza risiede nella mobilitazione delle risorse dell’individuo (sapere teorico e procedurale, esperienziale e sociale) e non nelle risorse stesse.” Come dire che tutte le competenze sono competenze perché sono traversali e che si ha trasversalità, perché c’è mobilitazione delle risorse dell’individuo.
La mobilitazione non appartiene alla categoria dell’applicazione, ma a quella della costruzione delle soluzioni.  “Mobilitare non è soltanto utilizzare o applicare, ma anche adattare, differenziare, integrare, generalizzare o specificare, combinare, orchestrare, coordinare;  in breve condurre un insieme di operazioni mentali complesse che,  quando le si connette alle situazioni,  trasformano le conoscenze, piuttosto che limitarsi a spostarle e trasferirle”(Ph.  Perrenoud).
Secondo questo autore la metafora della mobilitazione delle risorse cognitive è più feconda di quella del trasferimento delle conoscenze.
“Il concetto di mobilitazione prende in conto tutti i funzionamenti cognitivi all’opera nell’identificazione e risoluzione dei problemi”.  Il suo inquadramento concettuale,  però,  non è un’operazione semplice e sono molti e rilevanti i problemi che ancora restano aperti.
B.  Rey parla di intenzione trasversale più che di competenza trasversale, mettendo in questo modo in evidenza l’esercizio cognitivo del volere.
Il concetto di intenzione trasversale tende a superare quello di competenza, come possesso di procedure automatizzate, perché il soggetto non è una rete di automatismi, ma potere di scelta nell’attenzione alle cose.  L’intenzione non è un sapere, ma uno stile di inquadratura delle situazioni, una delimitazione di ciò che è degno di interesse, un principio di selezione.  La capacità di trasferire appartiene all’intenzione trasversale, alla soggettività volente e significante.
Solo l’intenzione è per natura trasversale, il motore della mobilitazione.
“Non basta che l’allievo apprenda competenze intellettuali, procedure, operazioni logiche, regole d’ogni tipo; bisogna anche che decida di vedere il mondo sotto una certa angolatura e precisamente nell’ottica in cui esso appare come possibile ambito di applicazione di queste competenze.  E’ questa a nostro avviso la condizione fondamentale affinchè ci sia trasversalità”(B.  Rey).
E altrove: “E’ più importante il significato che il soggetto dà agli oggetti, alle situazioni,  e alle proprie attività,  piuttosto che i meccanismi mentali oggettivi che la scienza esplora”.
E’ allora inutile fare un discorso specifico sulle competenze trasversali?  Non proprio.  E’ vero che per definire le competenze ci sono più metafore che concetti, che ci si muove in un campo segnato dalla complessità e dalla provvisorietà; è vero anche che non ci si muove nel vuoto e che gran parte delle operazioni e dei processi di pensiero sottostanti alla mobilitazione delle risorse delle competenze o all’intenzione trasversale, di cui parla Rey, sono identificabili per poterci lavorare sopra.
La trasversalità, ad ogni buon conto, è qualcosa di più di un desiderio dei pedagogisti.  L’esperienza ci dice che essa si realizza sia nel campo specifico delle attività professionali, sia nei diversi ambiti dell’agire umano.
La difficoltà di una sua concettualizzazione comune a tante altre usate nozioni pedagogiche non contraddice la percezione che ne abbiamo di fronte a comportamenti improntati sia alla sicurezza del sapere specifico, sia alla fertilità delle soluzioni trovate di fronte a situazioni inedite.
“La trasversalità è una capacità metacognitiva in grado di orientare l’esercizio delle competenze tutte specifiche e operative; la trasversalità è un portato della metacognizione, dell’attività del soggetto sulle proprie pratiche.  Non è attributo delle” cose”(le competenze), ma del soggetto.  Messa in discussione come attributo delle competenze,  è invece attributo essenziale dell’agire competente”(R.  Frega).  Senza trasversalità l’agire umano sarebbe meccanico, irriflessa ripetizione di procedure d’azione.
Se tutto quello che è stato detto ha un senso, questo ci porta a dire che il punto di partenza per la formazione di competenze pregiate e raffinate come sono quelle trasversali è sempre il possesso articolato, profondo, problematico dei saperi, la consapevolezza dei loro rapporti con la realtà delle esperienze umane oltre che della loro specifica storia.
“L’insistenza esclusiva sulla trasversalità, nel senso dell’interdisciplinarietà o della non-disciplinarietà impoverisce considerevolmente l’approccio per competenze.  (. . .  ) La preoccupazione dello sviluppo delle competenze non ha niente a che vedere con la dissoluzione delle discipline in una generica brodaglia trasversale.  (. . .  ) Il tutto trasversale non conduce più lontano del tutto disciplinare” (Ph.  Perrenoud).