La scuola perde colpi, è troppo autoreferenziale, Don Milani e il ’68 non c’entrano nulla

di Giovanni Fioravanti
(per leggere altri interventi dell’autore vai al suo sito Istruire il futuro)

Pare che le ricette per cambiare l’istruzione non manchino al pensiero ben pensante. Azzerare tutto e portare indietro la macchina del tempo, c’è chi invoca cattedre e predelle e chi il ritorno al riassunto nell’epoca degli abstract. Ben pensanti che neppure si preoccupano di visitare il sito della Fondazione Agnelli dedicato alla Scuola, giusto per tentare di aggiornare i loro archetipi al fine di diradare le nebbie che offuscano la loro navigazione.

Scrivere di istruzione richiederebbe di disporre di una buona cultura almeno in scienze dell’educazione, quelle che in tutto il mondo da decenni hanno soppiantato la pedagogia. Bisognerebbe conoscere la psicologia dell’apprendimento, un po’ di docimologia, un po’ di ricerca educativa, sempre di scarso interesse nel nostro paese persino per la formazione dei docenti dalle scuole medie in su.

Immaginare di trattare più di mezzo secolo di storia del nostro sistema formativo come se il tempo, il mondo, la società fossero stati pietrificati intorno ad esso, denuncia una concezione della scuola come corpo a se stante, come tempio incontaminato, come luogo degli otia studiorum che non si sporca le mani con le cose prosaiche come il lavoro e le altre necessità materiali. Chi osa aprirne le porte come pretenderebbero di fare l’Invalsi e le indagini Pisa dell’Ocse altro non è che un profanatore del tempio e dei suoi sacerdoti.

Se qualcuno l’ha dimenticato, a scuola si va con il corpo e la mente, il primo dovrebbe trovarsi a suo agio, la seconda andrebbe impiegata in un continuo allenamento. Raffaele Simone, il linguista, alcuni anni fa nel suo libro “Presi nella rete. La mente ai tempi del web” ha sottolineato come la tecnologia, modificando il nostro modo di comunicare, ha trasformato il nostro modo di usare il corpo e la mente.

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How to get Latinas For the purpose of Marriage

While a man’s looks may pull in Latinas for the purpose of marital life, the woman’s education and specialist knowledge may also make a difference. Many Latinas come from countries with poor education systems, so a man must look into going back to school to obtain an advanced degree and/or operate his discipline. If a man has no college degree, this individual should consider heading back to school and obtaining a higher-level degree. This will make certain that he is keen on her traditions and standard of living.

nice single women

Like a man, you must https://alldating4u.com/blog/colombian-dating-culture understand that Latinas are not always comparable to their European counterparts. The majority of European women of all ages are more mature and blonde. Asian women of all ages are generally youthful and have lighter weight skin colors. As opposed, Arab American women are generally white and straight-haired. They are a lot like their Arab brothers and have straight hair. The important thing to remember would be that the right meet is out there; you will find thousands of Latina women awaiting you to arrive and marry them!

Latinas could be beautiful and eloquent. Some would prefer to marry a man of their home country, although some may want to get married to someone via a different region. In either case, the goal is always to have a long-term marriage with a good company. A Latina woman will be content if the man she is getting married to has very good intentions, appearance, and an authentic interest in the girl culture.

While Latinas are generally beautiful and caring, there are numerous differences among Latinas and European girls. Most Eu women happen to be older and also have golden frizzy hair. Asian women of all ages are youthful and have dark skin hues. Arab American ladies are usually white, straight-haired, and show similar to all their Arabic siblings. If you are looking for the perfect match, make sure you are genuine and genuine about your hobbies. There’s no point in aiming to impress somebody you don’t just like.

When Latinas are certainly more traditional than Western women, men looking for a spouse in the Carribbean and Latina America may find a more eye-catching woman. Whilst a few Latinas want to marry a guy from their homeland, others want to marry a guy who can give their as well as culture. If this is the https://www.boundless.com/immigration-resources/k-1-fiancee-visa-explained/ case, you have to consider the customs and lifestyle on the woman you are interested in.

Latinas are gorgeous and have an array of personality types. Some love to marry men off their own nation while others wish to marry a man out of a foreign country. Despite their different skills, Latinas are searching for a long term romantic relationship with a man who stocks and shares their ideals and way of life. Should you be looking for a partner from the Carribbean, make sure you will be respectful and honest.

Il regime di incompatibilità per il personale scolastico

di Antonella Mongiardo e Ferdinando Rotolo

La questione delle incompatibilità e del cumulo di impieghi per il personale della scuola è
alquanto complessa, perché si inquadra in una disciplina normativa frastagliata e in
continua evoluzione, caratterizzata da leggi, decreti, sentenze e circolari.
L’istituzione scolastica, come ogni amministrazione pubblica, è soggetta al principio di
esclusività del rapporto di lavoro, sancito dalla Costituzione a tutela del buon andamento
della P.A.
Pertanto, il personale della scuola, docente e ATA, ha il dovere di prestare il proprio lavoro
ad esclusivo servizio dell’amministrazione scolastica. Ne conseguehttps://www.gessetticolorati.it/dibattito/wp-content/uploads/2021/10/INCOMPATIBILITA.pdf che, al momento
dell’assunzione, il personale scolastico deve essere libero da ogni altra occupazione
lavorativa e, in caso di eventuale rapporto esistente, pubblico o privato che sia, questo deve
immediatamente cessare.

L’ampio saggio di Antonella Mongiardo è disponibile in allegato 

Comunità di pratica nella scuola. Appunti e spunti per la ripartenza

Stefaneldi Antonio Valentino

Alcune ragioni per parlarne.

La percezione diffusa, mi sembra, è che la nostra scuola sia stata poco coinvolta dal dibattito e da esperienze legati alla Comunità di Pratica (d’ora in avanti: CdP). Prima della pandemia è stato oggetto di interesse soprattutto nei convegni e nelle sedi universitarie dove si coltivano questioni riguardanti le teorie dell’apprendimento. Non sono mancate tesi di laurea e pubblicazioni [1] – molto più numerose di quanto si possa credere – che hanno approfondito l’argomento proponendo anche esperienze maturate in Italia[2]. Però la loro risonanza era e continua ad essere ancora modesta.

Nello stesso sito dell’Indire, alla voce ‘Comunità di pratica’ , vengono riportate poco più di un centinaio di iniziative e studi, che però si riferiscono, nella stragrande maggioranza dei casi, a progetti italiani ed europei di School Improvement (progetti di miglioramento delle scuole), che solo tangenzialmente toccano questioni riconducibili specificamente alle CdP e alle ricerche ed elaborazioni al centro di queste riflessioni.

Però, a ben vedere, non poche, nè di poco conto sono le ragioni che spingono anche e soprattutto le persone di scuola ad avvicinarsi a tali questioni, in quanto volte a capire più e meglio la natura dell’apprendimento come fenomeno sociale collettivo e a coltivare quindi luoghi e strategie che ne permettono lo sviluppo.

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La scuola dannosa e gli ultimi difensori della fortezza Bastiani

di Giovanni Fioravanti

Ormai la letteratura sulla crisi del nostro sistema scolastico è sterminata, ognuno ne analizza le cause da diverse angolazioni ma la conclusione è sempre la stessa, la nostra scuola resta la “grande disadattata” di cui scriveva Bruno Ciari negli anni ’70 del secolo scorso. Istat, Invalsi, Ocse e tutti i rapporti di Education at a Glance ormai da decenni denunciano i mali di cui soffre il nostro sistema formativo a cui mai nessun governo ha però pensato di porre seriamente rimedio.

Che la macchina dell’istruzione, oggi, contro le sue intenzioni, sia diventata un formidabile amplificatore delle diseguaglianze per saperlo non avevamo certo bisogno del tempismo editoriale della Nave di Teseo che in occasione del salone del libro di Torino pubblica “Il danno scolastico”, con il sottotitolo significativo: “La scuola progressista come macchina della diseguaglianza”. Opera a quattro mani del sociologo Luca Ostillio Ricolfi e signora, l’ex professoressa Paola Mastrocola.

Una operazione commerciale che porterà vantaggio alle casse della casa editrice, ma che nulla aggiunge alle riflessioni necessarie per risollevare dal disastro il sistema formativo del nostro paese.
Anzi, i topos sono sempre gli stessi di quella cultura nostalgica che non riesce a distogliere gli occhi dal passato e che non sa guardare avanti.

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Che disastro la scuola progressista! Non ci sono più gli ignoranti di una volta!

di Mario Maviglia

Un recente articolo dell’amico e collega Franco De Anna, apparso su queste pagine (Signora mia, non c’è più la scuola di una volta: la ragione astuta del sociologo illustre …e famiglia), mi offre l’occasione per tornare sull’argomento e sottolineare alcuni aspetti che mi stanno a cuore.

Comincio sottoponendo i lettori ad un piccolo test parascientifico (in Italia di scientifica c’è sicuramente l’evasione fiscale…): alzi la mano chi non ha mai sentito i seguenti mantra: “i guai della scuola sono iniziati con il ‘68”; “la scuola progressista è un disastro”; “la scuola media unica ha abbassato il livello di istruzione e favorito l’analfabetismo”.
Vedo che nessuno ha alzato la mano, come volevasi dimostrare. In effetti, periodicamente e in modo ciclico, i soloni nostrani lanciano i loro strali contro la scuola di massa, rimpiangendo un passato irrimediabilmente perduto dove la scuola era seria, i ragazzi apprendevano (e i treni arrivavano in orario, ma questo è un altro mantra…) e insomma lo spirito assoluto spargeva il suo sapere sulle vergini menti dei giovani (quelli delle classi abbienti, beninteso) preparandoli adeguatamente alla pugna e alla direzione del Paese.
Questa idilliaca, funzionale e rassicurante situazione (rassicurante per le classi abbienti, beninteso) è stata spazzata via dalla scuola di massa, ossia dalla innaturale pretesa delle classi subalterne di accedere al sapere e di occupare posti di potere prima riservati esclusivamente alle élite. Il punto di non ritorno di questo imbarbarimento etico-culturale è individuabile nell’istituzione della scuola media unificata che, aderendo a una deplorevole istanza democratica, ha messo insieme il figlio del villano con quello dell’imprenditore, Gianni con Pierino, quello col conto in banca e quello col conto con la giustizia.

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