La grande distanza tra il Recovery Plan e la scuola italiana

di Stefano Stefanel

Esiste una distanza, temo a questo punto incolmabile, tra il Recovery Plan (o Next Generation Eu o Piano Nazionale di Ripartenza e Resilienza) e la scuola italiana. Il primo elemento di distanza lo si vede dalla totale assenza di uomini di scuola nei luoghi in cui il piano è stato elaborato. Se, infatti, tra i consulenti e gli esperti pullulano i docenti universitari, il mondo della scuola manca totalmente.
Già si è visto, però, in passato, che l’Università non è riuscita a leggere il mutamento e il futuro, perché è un mondo troppo preso dalla sua autoreferenzialità: infatti i docenti universitari diventati ministri dell’Istruzione negli ultimi dieci anni non hanno lasciato grandi ricordi di sé. Tutto questo sta avvenendo perché le scuole, benché dotate di un’autonomia funzionale di rango costituzionale, non sono state dotate di alcuna rappresentanza e gli uffici scolastici regionali (uffici del ministero non del territorio e infatti qualcuno vorrebbe regionalizzarli) sono sempre più lontani dalla realtà delle scuole e dentro a meccanismi ministeriali spesso frutto di un’idea molto vecchia di sistema dell’istruzione (graduatorie, gestione PON e PNSD, trasferimenti, concorsi, ecc.).

Si è poi ritenuto che manager che vengono dalla city londinese o soggetti che hanno un passato industriale e tecnocratico o che avessero un raccordo col terzo settore, fossero i soggetti migliori per progettare il nostro futuro. Ed è evidente che questi soggetti non hanno alcun reale interesse per il mondo della scuola, che non considerano centrale per lo sviluppo dell’Italia. D’altronde in questo momento chi comprende meglio i processi pedagogici, educativi, gestionali e organizzativi delle scuole sono i dirigenti scolastici, ma quando sì è voluto qualcuno a gestire le varie ripartenze si sono chiamati al tavolo i prefetti e non loro.
Anche in questo caso manca la rappresentanza delle scuole, anche perché una rappresentanza delle scuole dovrebbe passare dal loro legale rappresentante e questo è un oggettivo ostacolo, perché il sistema preferisce il dirigente-burocrate al dirigente-leader educativo o soggetto competente di governace.

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Sorridere, voce del verbo insegnare

di Mario Maviglia e Laura Bertocchi

Sorridere per vivere meglio (M.Maviglia)

Nel 1972 Patch Adams, un anomalo e anticonformista medico statunitense, fonda in Virgina il Gesundheit! Institute (Salute, in tedesco). La ricetta di Adams è apparentemente semplice: la salute si fonda sulla felicità ed è possibile intraprendere un percorso di cura e terapia se vi è un approccio con l’altro basato sull’umorismo, la vicinanza emotiva. All’ingresso dell’ospedale da lui fondato ha fatto mettere una frase famosa: “Per noi guarire non è solo prescrivere medicine e terapie ma lavorare insieme condividendo tutto in uno spirito di gioia e cooperazione. La salute si basa sulla felicità – dall’abbracciarsi e fare il pagliaccio al trovare la gioia nella famiglia e negli amici, la soddisfazione nel lavoro e l’estasi nella natura delle arti”.[1]

L’intuizione di Patch Adams non è la trovata di un medico bizzarro o alternativo; in realtà vi sono prove scientifiche che evidenziano il valore terapeutico del riso. È noto infatti che il riso fa aumentare la secrezione di sostanze come l’adrenalina e la noradrenalina e le endorfine che provocano diminuzione del dolore e della tensione. Ma vi sono altri effetti collegati al riso:

Muscolatura: quando si ride parte la muscolatura … si rilassa e innesca una ginnastica addominale che migliora le funzioni del fegato e dell’intestino (ridere equivale a un buon jogging fatto rimanendo fermi). Solo col riso muoviamo alcuni muscoli del corpo e soprattutto del viso. Quando il cervello invia il messaggio “ridi”, ben quindici muscoli del viso vengono attivati dal segnale …  La risata si riflette dall’espressione facciale ai muscoli del torace e dell’addome (le spalle e il torace si sollevano aritmicamente) sino agli sfinteri. Non a caso dopo una risata a crepapelle si sentono i muscoli della pancia doloranti, come pure le costole.

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Giancarlo Cerini: decine di testimonianze, la nostra raccolta

 

La morte di Giancarlo Cerini ha lasciato attoniti non solo chi lo aveva conosciuto personalmente o chi aveva collaborato direttamente con lui, ma l’intero mondo della scuola.
Non si contano i post e i commenti che in queste ore sono stati pubblicati nei social.
In questo documento, curato da Daniele Scarampi, abbiamo raccolto le testimonianze che siamo riusciti a raccogliere in rete.
Chiunque voglia aggiungere la propria può inviarla a info@gessetticolorati.it

Segnaliamo anche tre testimonianze di Marco Campione, Paolo Fasce e Mauro Piras pubblicate nel sito del Gruppo Condorcet

Riportiamo qui il ricordo dei suoi colleghi ispettori dell’Emilia Romagna Claudio Bergianti, Gabriele Boselli, Anna Bravi, Chiara Brescianini, Paolo Davoli, Raffaele Iosa, Agostina Melucci, Maurizia Migliori, Anna Morrone, Francesco Orlando.

Un grande uomo di scuola: Giancarlo Cerini

Avvertiamo il bisogno, in questo giorno della nostra esistenza che induce a riflettere sulla grandezza e la fragilità della condizione umana, di ricordare pensando al magistero di Giancarlo Cerini il senso della funzione ispettiva. Il modo in cui il nostro collega ha sentito e interpretato tale funzione rimanda al significato più profondo del termine, ossia un guardare che sa vedere, un essere-per-altro e per-gli-altri. Ciò ha costituito un in-segnamento, un insegnamento vissuto nella piena consapevolezza e testimonianza dell’essenza dell’educare e dell’educare a scuola, come luogo di sviluppo delle potenzialità di ogni soggetto -soprattutto di chi fa più fatica- e di emancipazione sociale per un’autentica scuola “di tutti e di ciascuno”.

Con Giancarlo la funzione ispettiva viene ulteriormente ad assumere i nobili tratti dell’impegno pedagogico, civile e politico. Possiamo ben testimoniarlo, noi che per anni abbiamo avuto la fortuna di averlo come collega e in seguito Coordinatore del corpo ispettivo dell’Emilia-Romagna.

Vorremmo che persone siffatte potessero continuare per sempre nella loro missione. Non sarà interrotta la lettura dei Suoi lavori. Permarrà certo il ricordo delle parole appassionate, dei significativi interventi, delle numerose iniziative, della saggezza e della passione di questo grande uomo di scuola. Ognuno di noi ha un tempo assegnato; conta come riusciamo a viverlo e come sentiamo la nostra appartenenza alla comunità umana. La morte fisica ci ricorda che non duriamo sempre, ma pure che i nostri pensieri e il nostro agire non terminano con la scomparsa dal visibile. Morire non significa fuoriuscire dall’essere. Coloro che -come Giancarlo o Annamaria Benini- hanno avuto qualcosa da dire ne partecipano prima e dopo la loro vita materiale.
Ricorderemo la Sua lezione nel ripensare la funzione del corpo ispettivo cui Giancarlo ha contribuito con numerosi scritti e con la testimonianza di professione e di vita.

Giancarlo Cerini, ispettore “analitico”, sempre con appunti e scalette

di Franco De Anna

Caro Giancarlo,
Sto tentando disperatamente di uscire dal silenzio che da ieri sera mi blocca (la notizia me l’ha passata un comune amico poco dopo le 22.30), non solo per il dolore che sento, ma anche per la resistenza a cercare e trovare parole che lo descrivano sinceramente, capaci di disfarsi delle inevitabili funzioni “difensive” che la parola, come ogni altra “rappresentazione” finisce per assumere. Soprattutto nel lutto.
Ho sempre declinato un certo imbarazzo nei nostri rapporti.
Chi mi è più vicino sa che spesso quando mi descrivo in termini autoanalitici dico “io sono terroso”.
Ecco l’interazione con te, sempre dedicata al contesto professionale, sia pure con tutta l’umanità possibile, mi confermava tale giudizio su me stesso.
Ho sempre guardato, tra l’ammirazione e l’interrogazione stupita, alla tua capacità analitica, fino al particolare più dettagliato (qualcuno ha mai avuto l’occasione, seduto accanto al tavolo della medesima conferenza, di dare un’occhiata alle scalette dei suoi interventi, e ai suoi appunti?) mentre io ho sempre teso a “sgombrare il campo” e “potare”.

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Giancarlo Cerini: un grande, appassionato dirigente della nostra scuola e soprattutto una ‘bella persona’

di Antonio Valentino

La notizia l’ho letta solo stamattina. Stavo infatti scrivendo per lui un articolo che mi aveva chiesto per il numero di luglio-agosto di Rivista della Istruzione.
È stato un colpo di quelli che fanno male. Come ho potuto avvertire anche nei messaggi delle amiche e amici con cui si è voluto condividere un pensiero per lui.

Mi piace ricordarlo attraverso una sua lettera del mese scorso – scritta nel pieno delle urgenze della sua malattia che lo affliggeva da tempo – nella quale si coglie immediatamente la concretezza dei suoi interessi professionali (che per lui erano anche esistenziali, ma mai ossessivi); l’attenzione ‘militante’ al mestiere dell’insegnante e alla necessità di valorizzarne il merito come valore che genera la qualità del fare scuola, ma anche l’occhio vigile al ‘contesto’ e alle condizioni che ne favoriscono l’impegno; un modo di guardare ai problemi cercando di vedere sempre l’oltre, come luogo dell’approdo alla soluzione che possa funzionare; la condivisione come cifra della scuola democratica.

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Giancarlo Cerini se n’è andato, in punta dei piedi

Una foto recente di Giancarlo Cerini, per gentile concessione di Raffaele Iosa

di Cinzia Mion

Ciao Giancarlo, un groppo in gola mi toglie il respiro e mi impedisce di parlare ma ti sto pensando senza tregua da quando ho saputo che te ne sei andato.
Anzi ti sto pensando intensamente e con apprensione da quando ti sei ammalato. Da quando ho saputo che eri ricoverato nello stesso reparto dov’era a suo tempo Beatrice…
Un pensiero costante che ogni tanto si coaugulava in messaggini senza risposta. Qualche volta Loretta , cui mi rivolgevo quando l’ansia era insopportabile, mi dava notizie, quasi mai rassicuranti. Ad un certo punto la ripresa, sia pur cauta, la ricomparsa in pubblico…le tue foto con il viso scavato, la barba bianca inusuale, l’aspetto da asceta. Avevi un sorriso dolce come se ti scusassi di averci preoccupato.

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Ciao Giancarlo, amico e fratello di una vita per i bambini

Giancarlo Cerini a Ivrea il 3 marzo 2017 nel corso di un convegno sul sistema 0-6 organizzato dalla nostra Associazione

di Raffaele Iosa 

Caro Giancarlo
E così ieri, dopo un periodo di lotta coraggiosa al male ci hai lasciato per sempre attoniti e sconcertati. Se esiste l’al di la ti vedo passeggiare con il tuo caracollare a larghi passi a parlare con la tua ritrovata Beatrice.
A raccontarle dei tuo nipoti suoi figli dei quali io e te parlavamo spesso.
Nelle ultime nostre telefonate dall’ospedale sentivo e ammiravo la tua inesauribile voglia di vivere, scrivere, non fermarsi mai a pensare e dire della scuola. Quando finiva la telefonata piangevo. L’ultima foto che mi hai mandato, magro come un chiodo e la barba da frate cappuccino la terrò per sempre.
Eppure fino all’ultimo hai scritto, scritto e parlato. Indimenticabile la tua gioia di un webinar con Bianchi sullo 0-6 cui hai dedicato amore e passione nei tuoi ultimi giorni, ma anche arrabbiato perché pareva interessare pochi. Ho avuto la fortuna di averti collega e fraterno amico per 30 anni.
Quanti ricordi, quante scintille fraterne tra noi sul fare della scuola, quanti improbabili panini abbuffati al volo in tante stazioni o grill d’Italia. Di te ammiravo invidioso la cura dei pensieri di tutti, con quegli appunti che prendevi con scrittura minuta, con frecce e numeri, per dare un senso al discorrere caotico di un pensare pedagogico sempre più incerto di quest’ultimi anni. Il tuo continuo scrivere, girare, parlare aveva il senso della frenesia generosa di un maestro innamorato della pedagogia, o meglio dei bambini. Il tuo senso civile di un lavoro nobile e arduo era totale. Ma non dimenticherò mai quanto ci spataccavamo dal ridere a raccontarci quando eravamo ragazzini figli del popolo, tu e Floriano a fare il garzone di un barbiere, io di un fruttivendolo.
La vita ci ha incrociato e la ringrazio di avermi donato la nostra fratellanza.
Grazie di essere stato così.
Semplicemente.
Con un affetto oltre la vita è la morte.
Per sempre nel mio cuore.

In questo video l’intervista che gli facemmo il 3 marzo 2017
(il video girato all’epoca era pessimo, e così in fase di montaggio venne sostituito con una “galleria” di sue immagini)