RECOVERY PLAN E MISSIONE 4. TORNA LA SCUOLA DELLE TRE I?

di Raimondo Giunta

Con le risorse del Recovery si nutre l’ambizione di disegnare l’Italia che verrà e che ci sarà per almeno un decennio.
Con quelle assegnate alla Missione4, Istruzione e Ricerca (32, 32 miliardi di euro per la precisione) si può operare per un profondo riassetto dell’intero sistema di istruzione e formazione, perché dia risultati appropriati alle esigenze di una società in continua trasformazione, visto e considerato che quelli avuti fino ad oggi non tutti lo siano.
Avremo allora una nuova scuola?
Credo che si possa ragionevolmente nutrire qualche dubbio, perché nonostante la mole degli investimenti che si intendono fare non si intravede niente di diverso rispetto alla scuola che oggi c’è; non credo che ci sia un’idea di scuola diversa da quella che si fa.
Gli obiettivi generali che vengono proclamati non smentiscono questa affermazione.
Basta leggerli :
1) Colmare in misura significativa le carenze strutturali , quantitative, qualitative che oggi caratterizzano l’offerta di servizi di istruzione, educazione e formazione nel nostro paese;
2) Rafforzare i sistemi di ricerca e la loro interazione con il mondo delle imprese e delle istituzioni.
Come si può constatare si è davanti ad una vasta proposta di manutenzione, che ad ogni buon conto è utile, diciamo pure molto utile, ma che di fatto accantona l’interrogativo cruciale che nei tempi della diffusione invasiva delle informazioni e delle conoscenze, della moltiplicazione quotidiana delle agenzie formative e dei luoghi in cui è possibile apprendere ci si deve porre sul destino della scuola nella società.

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Il piano estate non significa stare nelle aule

di Giampiero Monaca

Leggo con emozione la circolare ministeriale che presenta il piano scuola estate 2021.
Leggo molti commenti preoccupati da parte di insegnanti, sinceramente preoccupati riguardo alla inopportunità di sottoporre alunni e studenti e docenti, ad un extra carico di lavoro in aule torride, dopo un anno faticoso, spesso opprimente ed ansiogeno.
Non mi pare che in nessuna parte della nota 643 del 27-04-2021 venga proposto di tenere le scuole aperte riempiendole d’estate di studenti ed insegnanti per sottostare a pesanti lezioni aggiuntive in ambienti inospitali e posizioni di lavoro statiche ma,  al contrario, che si auspichi l’apertura delle scuole quali portali sul mondo, riportandole ad essere fulcro culturale, riferimento ideale per le comunità e sui territori sui quali insistono, svuotandole per molte ore al giorno di alunni e docenti, i quali si slanciano a esplorare, sperimentare, apprendere, vivere e rendere vivo il territorio.
Gli edifici scolastici vengono ad assumere così più una funzione di supporto alla sintesi degli apprendimenti esperienziali vissuti fuori ed eventualmente a diventare risorse per eventi culturali organizzati dagli studenti stessi, a disposizione della comunità locale.
Personalmente, credo che questo modello di apprendimento sia da realizzare tutto l’anno e non solo in via straordinaria in estate, difatti, nella nostra scuola primaria statale di Serravalle d’Asti, da 4 anni, insieme alle colleghe e alla comunità educante che da quattro anni ha scelto di vivere l’esperienza didattica conosciuta come “Bimbisvegli”, viviamo una scuola aperta, diffusa, cooperativa, solidale, ed all’aperto anche tutto il resto dell’anno.

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Piano estate, un ponte per superare l’emergenza

di Pietro Calascibetta

Finalmente vediamo il Ministero dell’istruzione cambiare tattica e prendere l’iniziativa facendo una proposta articolata di arricchimento dell’offerta formativa con un investimento questa volta finalizzato direttamente agli studenti di ben a 510 milioni di Euro.
Si dà la possibilità alle scuole di progettare un percorso che possa fare da ”ponte”, come scrive il Ministro, tra l’anno appena chiuso tra mille tribolazioni e il nuovo avvolto ancora in un futuro incerto nonostante i vaccini.
Una finestra temporale da sfruttare al massimo che, in base al rischio calcolato, si presume sia contrassegnata dalla possibilità di rimanere in presenza.
La disposizione ministeriale insiste giustamente sul fatto che non si tratta di lanciare a caso una manciata di attività, ma di immaginare da parte delle scuole, nell’ambito della loro autonomia e in collaborazione con i genitori e il Terzo settore, un vero e proprio progetto “di senso” come è scritto e ben pianificato.

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Ma il piano estate c’entra poco con il sistema formativo allargato

Stefaneldi Enrico Bottero

Il Piano scuola per l’estate 2021 è un documento interessante perché prende finalmente atto che, dopo più di un anno di confinamento i nostri ragazzi non hanno solo (e tanto) bisogno di un tradizionale recupero didattico (soprattutto se realizzato con i soliti metodi trasmissivi) ma di luoghi di relazione di esperienze di vita sociale.
Il Piano, seguendo la normativa precedente propone “patti di comunità” tra scuola, Enti Locali, enti pubblici e privati (e assegna fondi cospicui). Assisteremo alla riedizione del sistema formativo integrato (o allargato, secondo la dizione di De Bartolomeis in Fare scuola fuori della scuola, Aracne, 2018, ) quello che abbiamo vissuto tra gli anni 70 e 80? C’è da dubitarne.
Tra allora e oggi abbiamo assistito a un’importante modifica strutturale del nostro sistema. Con il principio di sussidiarietà (formulato per la prima volta da Papa Leone XIII nel 1891 contro lo Stato laico e liberale) è stata attribuita di fatto funzione pubblica ad enti privati. Nello stesso tempo con le leggi degli anni 90 negli Enti Locali è stata introdotta una logica aziendale di tipo privatistico.
Come già notava allora De Bartolomeis “l’allargamento conquista scarso spazio senza il contributo decisivo dell’Ente Locale”.
Oggi purtroppo, in nome dell’efficienza (sic!), la logica privatistica ha invaso lo spazio sociale, anche le Istituzioni. In queste condizioni, come osserva Christian Raimo in un recente articolo pubblicato su Internazionale, è logico porsi la domanda: accordi tra scuola e terzo settore (un terzo settore falcidiato dalla crisi e affamato di contratti) saranno in grado di costruire progetti pedagogicamente fondati e motivati da un reale interesse collettivo? Chi farà la regia di tutto questo ora che Stato ed Enti Locali hanno ormai quasi del tutto dismesso i loro servizi diretti (quasi spariti gli insegnanti comunali di allora, servizi educativi assegnati a cooperative e privati, ecc.) in nome della sussidiarietà? Bastano la buona volontà e i soldi se non ci sono le condizioni strutturali? Spero di sì, naturalmente, ma un’analisi spassionata non permettere di essere molto ottimisti.

I dati (e le soluzioni) preoccupanti del PNRR

di Massimo Giugler
(psicologo, Studio Sigrè, consulenze per le famiglie Ivrea)

La Missione 4 (Istruzione e ricerca) del PNRR presenta una serie di dati preoccupanti che ci collocano agli ultimi posti in Europa: iniziamo dal rapporto tra posti disponibili negli asili nido e il numero di bambini di età compresa tra 0 e 2 anni che è del 25,5%, ossia 9,6 punti percentuali al di sotto della media europea; e che dire del fatto che ancora oggi 4 ragazzi su 100 non conseguono il diploma di scuola secondaria di primo grado? O che il 14,5% dei ragazzi fra i 18 e i 24 anni è in possesso del solo diploma di scuola media a fronte di una media europea del 10%? Se saliamo con l’età e prendiamo in considerazione la fascia 25-34 anni, vediamo che solo il 28% è in possesso di un titolo post diploma, a fronte di una media dei paesi OCSE del 44%. Il PNRR sorvola sull’abbandono scolastico che avviene nella scuola secondaria di secondo grado, ma sappiamo che siamo ai primi posti. Così come non avanza nessun pensiero in merito ai danni provocati negli alunni e negli insegnanti dalle chiusure protratte delle scuole nell’ultimo biennio.

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Ricomporre le esperienze socio-educative in un’epoca frammentata

Stefaneldi Daniele Scarampi

 VERSO UNA RINNOVATA ALLEANZA TRA SCUOLA E TERRITORIO

Occorre uno sforzo sinergico e corale per poter emergere dagli abissi nei quali l’emergenza sanitaria ha gettato la nostra già fragile società; sforzo corale e compatto, orientato al bene comune e al pubblico interesse, altrimenti inutile ed egoista, se gestito in modo individuale o estemporaneo, come don Milani aveva intuito qualche decennio fa.

Stefano Versari, neo capo Dipartimento, ha di recente indicato la via sulla quale la scuola dovrà mettersi in cammino per ricomporre la frammentazione delle esperienze vissute da ciascuno nel corso di questi terribili mesi pandemici; frammentazione accompagnata da deprivazioni didattiche, forti squilibri sociali e disgregazione dei livelli cognitivi.

Infatti la Nota n.624, emanata dal Ministero allo scopo di dettagliare gli aspetti di maggior rilevanza disposti dal DL n.52 del 22 aprile 2021, sottolinea che le istituzioni scolastiche sono chiamate a uno sforzo massiccio che consenta, attraverso le forme di flessibilità offerte dall’autonomia nonché i cospicui sostegni materiali previsti dalla specifica normativa di settore (art. 231-bis e 235 del DL 34/2020, art. 32 del DL 104/2020, art. 31 del DL 41/2021), di ricucire gli strappi causati dalla fase emergenziale, che ormai si sta protraendo da oltre un anno: rimodulazione della didattica, interventi di edilizia “leggera”, incremento del fondo di funzionamento delle scuola, utilizzo spazi esterni o alternativi, progettazione di peculiari esperienze realizzate di concerto con gli Enti Locali. Leggi tutto “Ricomporre le esperienze socio-educative in un’epoca frammentata”