Defascistizzare la valutazione, almeno per le “pratiche estive”

di Paolo Fasce

Ho sempre riflettuto sul tema della valutazione. A volte l’ho fatto con tono scherzoso, mettendone alla berlina gli eccessi pseudo docimologici (lo feci proprio sul sito di Pavone Risorse), altre l’ho fatto più seriamente dedicando un capitolo della mia tesi di dottorato (anche questo pubblicato sul sito di Pavone Risorse). Recentemente ho scritto un Regolamento della Valutazione che nei prossimi giorni, dopo un passaggio in Commissione PTOF e discussioni diffuse nei dipartimenti disciplinari e nei consigli di classe, affiorerà in Collegio dei Docenti per una discussione collettiva e meditata. Lo rendo disponibile in questa sede perché potrebbe ispirare qualcuno e contribuire a salvare delle vite.
In questo regolamento ho provato a defascistizzare la valutazione.
Uso tecnicamente questa parola, giacché ho appreso che la locuzione “congruo numero di valutazioni scritte, orali e pratiche” deriva da un articolo di un regio decreto della riforma Gentile.
La normativa vigente, quella che è emersa col DPR 122/2009 e con D.Lgs. 62/2017 sembrano però lettera morta nei regolamenti sulla valutazione innestati nei PTOF che continuano a parlare di “congruo numero di voti”. Il mio contributo vuole accogliere ciò che è scritto nelle norme vigenti, ma non letto, meno che mai praticato.
Non è il regolamento che scriverei se fossi imperatore del mondo (dico “imperatore del mondo” perché il regolamento che scriverei non avrei il potere di deliberarlo neppure se fossi Ministro), ma è un contributo di cosa si può fare entro la legislazione vigente (quella davvero vigente, non quella che molti immaginano che ancora viga).
Pare assurdo, ma nessuno l’ha letta, la legislazione vigente. Nessuno si attiene. Tutto continua come se nulla fosse. E, infatti, spesso la scuola soccombe ai ricorsi. Per forza. Andiamo avanti per prassi obsolete.
Giacché non sono più giovane, ho fatto qualche esperienza e penso che dovremmo tutti adottare a scuola quella che in medicina è un cardine sul quale si basa da millenni questa disciplina: “primum non nocere”.
Ed è innegabile il fatto che i voti nuocciano. Creano disagio. Paura. Distaccano dal piacere dell’apprendimento. A volte, nelle psicologie condizionate di studenti che poi diventeranno disadattati nella vita, sono lo scopo del gioco. “Ho preso otto!” dice la mia stessa prole. Sono io che le chiedo: cosa hai imparato?
Alla luce di queste considerazioni, che mi fanno dire che la scuola avanzerebbe di un secolo semplicemente abolendo i voti (ma per fortuna mia e vostra, non sono l’imperatore del mondo), potete immaginare quanto stucchevoli appaiano alla mia modesta persona le notizie che sostengono che per le attività estive legate ai progetti che verranno finanziati col PON collegato al “Piano scuola estate 2021. Un ponte per il nuovo inizio” e con altri finanziamenti all’uopo dedicati, dovrebbero essere valutate. Nulla osta alla valutazione (peraltro, del tutto immaginata, temo da menti perverse), ma i voti no. No grazie.

Piano estate, non c’è nessuna valutazione degli alunni

di Marco Bollettino

Lo scorso 29 aprile, in contemporanea con la presentazione del Piano Estate del Ministero di Istruzione, tutte le Istituzioni Scolastiche hanno ricevuto una circolare, firmata dal Capo Dipartimento Stefano Versari, nel cui testo le parole “valutazione” e “valutare” ricorrevano ben sei volte.
“Ma come – si chiederanno in tanti – anche nelle lezioni estive gli alunni verranno bombardati con verifiche e interrogazioni?”
Fortunatamente no, ma è significativo che, quando si parla di valutazione, i più pensino subito ed irrimediabilmente al voto.
Parafrasando Boniperti verrebbe da dire che “il voto non è importante, è l’unica cosa che conta”.
Nel caso del Piano Estate il voto c’è ma è solo il punto di partenza, nemmeno il più importante, per la progettazione degli interventi.
Piuttosto, scrive Versari, dovremo «dialogare con i ragazzi, scartando modalità standardizzate o schematiche [perché] mai come in questo caso la personalizzazione dell’insegnamento è fondamentale e questa chiede di conoscerli».
Il dialogo continuo tra docente e discente e l’utilizzo continuo del feedback per modificare e migliorare la didattica è uno dei capisaldi della cosiddetta valutazione per l’apprendimento (assessment for learning).
La parola chiave è quel “per” che modifica totalmente il significato dalla valutazione tradizionale. Non si tratta più solo di verificare il possesso, o meno, di conoscenze e competenze ma anche (e piuttosto) di ricevere un feedback dagli studenti che ci consenta di migliorare la nostra didattica.
Spesso, imprigionati dalla burocrazia e alla ricerca costante del “congruo numero di verifiche” perdiamo comprensibilmente di vista questo importante aspetto della valutazione.
Liberati dalle catene del voto, è auspicabile che, almeno per le fasi I e III del Piano Estate riscopriremo le potenzialità di tutti gli altri aspetti del processo valutativo.

“Scuola estiva”, servizio a domanda individuale?

di Emma Colonna

Qualcuno ha definito questa cosa della scuola estiva “trasformazione della scuola pubblica in un servizio a domanda individuale”.
Forse io non ho capito niente e mi sono davvero fatta un film che non esiste, ma mi chiedo due cose: questa proposta è rivolta a tutti gli alunni? Sì. È a pagamento? No. E allora? Io non vedo il problema.
Mi si dice: ma la partecipazione è volontaria, degli studenti come dei docenti.
E allora? Partecipare volontariamente e liberamente ad una attività della propria scuola è il modo migliore per aderire a una proposta educativa e culturale. Qui non ci troviamo di fronte a una ‘domanda individuale’, ma a una scuola che, in un momento particolarmente difficile e durante la pausa estiva (che per molti studenti, non dimentichiamolo, può essere un altro periodo di solitudine), decide di rimanere aperta e di mettere a disposizione degli studenti e delle famiglie un programma di attività più o meno ricco.


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“Scuola estiva”: reazioni stizzite, persino ostili

di Emma ColonnaStefanel

Qualche considerazione a caldo a proposito di ‘scuola estiva’.
Ho visto reazioni stizzite, quando non ostili. Certo, la scuola non ce la fa più, dopo tanto affanno, e non c’è dubbio che l’idea di dover pensare anche all’estate (al di là del fatto se poi si darà la propria disponibilità, bisogna comunque pensarci, proporre, pianificare, organizzare, e bisogna farlo ora) può non piacere. Anzi, diciamolo francamente: la reazione diffusa è di fastidio, e il sentimento prevalente è quello di non volere rinunciare alla parentesi estiva vissuta e soprattutto pensata come indispensabile ‘ricarica’, per grandi e piccoli.

Però, se ci pensiamo bene:
1. Se le scuole sono aperte d’estate è un bene per tutti
2. Il fatto che finiranno per andarci solo gli ‘sfigati’ dipende da quello che si fa
3. E’ questa la vera scuola? Detta così, mi sembra un dibattito davvero sterile. Ogni istituto scolastico farà quello che può, ma una cosa è certa: sarà ogni scuola, e nessun altro, a proporre il suo modello, e a individuare tutte le risorse su cui contare
4. E gli insegnanti? Non ci nascondiamo dietro un dito. A me sembra un’ottima idea quella dell’adesione volontaria. Vuol dire che chi sceglierà di farlo sarà motivato, e questa mi sembra un’ottima partenza.
5. Per le stesse ragioni, è un’ottima idea anche quella di lasciare alle scuole gran parte dell’iniziativa.

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Piano estate: ma davvero i compensi sono esigui?

di Paolo Fasce

Devo ricordare a me stesso che fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce, quindi leggere questi post ideologici contro la scuola estiva che ci vincola al ruolo di badantato perché “la scuola seria istruisce e non diverte” mi infastidisce e non poco.
Detto questo, corre l’obbligo precisare alcune cose.
Una parte delle obiezioni focalizza l’attenzione sulle cifre nette percepite da ciascuno che, naturalmente, vengono ridicolizzate. E’ certo vero che vedere 70 euro l’ora trasformarsi in 34,98 netti (per chi ha un’aliquota del 27%, perché con quella del 38 diventano un pelo meno) e quella di 30, per i tutor, diventare 14,99, fa impressione. Ma occorre parimenti ricordare almeno due cose: in tale potatura, una parte contribuisce a tenere in piedi i servizi dello Stato (“pagare le tasse è bellissimo” diceva qualcuno e io sono d’accordo!), un’altra supporta la propria pensione, giacché vige un sistema contributivo (“bisogna pensarci prima” diceva mio nonno!).

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I diritti dell’infanzia

di Giancarlo Cavinato                              

Nella pedagogia Freinet ampio spazio è dedicato alla tutela e alla piena realizzazione dei diritti dell’infanzia previsti dalla Convenzione ONU del 1989 .
Un congresso dell’ICEM, il movimento di scuola moderna francese, del 1983, si intitolava ‘Noi lavoriamo perché viva l’infanzia’. Nel 1986 il collettivo educazione alla pace del MCE ha organizzato a San Marino un convegno internazionale ‘Educazione pace cambiamento’ patrocinato dall’Unesco in cui ampio spazio era dedicato al tema dei diritti.

Nel 1982 la Ridef, l’incontro internazionale organizzato dalla Federazione dei movimenti di scuola moderna  (FIMEM), era dedicato ai temi dello sradicamento urbano e in particolare delle condizioni di vita nelle città tema ripreso alla Ridef del 2014 a Reggio Emilia che, su ispirazione del progetto internazionale ‘Città delle bambine e dei bambini’ coordinato da Francesco Tonucci, aveva come tema ‘Sguardi che cambiano il mondo- vivere nelle città delle bambine e dei bambini’.

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Il piano scuola estate, una buona idea, ma con pesanti criticità

Stefaneldi Gianfranco Scialpi

Il piano scuola estate è una iniziativa da lodare. Purtroppo esistono delle variabili di cui è difficile ipotizzare l’esito. Potevano essere spesi diversamente? Certamente, ma non per limitare i danni delle classi pollaio

Piano scuola estate, una iniziativa da apprezzare

Piano scuola estate è una iniziativa che si muove nel solco della pedagogia e della didattica. Del resto, il titolo conferma questa scelta di campo. Ovviamente la premessa giustifica gli obiettivi alti di “una scuola accogliente, inclusiva e basata su logiche di apprendimento personalizzato; una nuova alleanza educativa con i territori, che consolidi il senso di appartenenza alla “comunità” e preveda il coinvolgimento attivo delle rappresentanze di studenti e genitori”. Tutto questo si declina in obiettivi più specifici di rinforzo e potenziamento delle competenze disciplinari e relazionali di studentesse e studenti per recuperare la socialità almeno in parte perduta ed accompagnarli al nuovo anno scolastico”.

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