Il discorso funebre di Pericle per gli opliti morti in battaglia nel primo anno della guerra del Peloponneso, riportato da Tucidide, è un inno al modello politico democratico della propria città, prima di essere un omaggio a quanti erano morti per la propria patria.
Giustamente citato e riprodotto ogni volta che si vuole distinguere la democrazia da qualsiasi altro regime politico.
“Mi dedicherò, invece, all’elogio di questi caduti, ma solo dopo aver chiarito in primo luogo sulla base di quali principi di comportamento siamo pervenuti a questa situazione, con quale regime politico e in virtù di quali caratteristiche personali il nostro impero è divenuto grande” (La guerra del Peloponneso II 36, 4).
Un regime in cui tutti si trovano in una condizione di parità e si può eccellere negli onori pubblici per meriti personali e non per l’appartenenza ad un determinato ceto; un regime in cui coesistono la tolleranza nei rapporti privati e la fedeltà alle magistrature e alle leggi, soprattutto se sono state concepite per difendere le vittime delle ingiustizie. Un regime che assicura allo spirito numerose occasioni di sollievo dalle fatiche con gare di diverso genere e con feste religiose. Per quanto riguarda l’educazione, non ci sono costrizioni per pervenire al coraggio e per diventare capaci di affrontare i pericoli. Ad Atene, afferma Pericle, si ama ciò che è bello nella semplicità e il sapere senza mollezze e chi non partecipa alla vita pubblica viene considerato un cittadino inutile.
“E noi stessi esprimiamo giudizi o discutiamo come si deve sulle questioni, dal momento che non riteniamo che le parole siano un ostacolo per l’azione, ma piuttosto che lo sia il non essersi informati attraverso la parola prima di affrontare l’azione che deve essere intrapresa” (Ibidem II, 40, 2).
Pericle fa della democrazia il regime che rende liberi e che è sostenuto da uomini che vogliono essere liberi.
Nella mente di Pericle quel modello politico era consapevolmente legato ad un modello educativo: ”In conclusione affermo che la nostra città, nel suo complesso, costituisce un modello di educazione per la Grecia e che nella mia opinione i nostri uomini, presi individualmente, mostrano una personalità sufficiente a ricoprire con disinvoltura i ruoli più diversi” (Ibidem II 41, 1) .
Proprio per questo Platone, che a proposito di modelli politici e di modelli educativi aveva altre idee, del discorso del grande ateniese farà una straordinaria satira nel Menesseno, riconducendolo alle dimensioni di una rituale, anche se eccezionale, prova di retorica funebre. Riconosceva, però, in questo modo l’importanza e il significato che aveva ancora nell’Atene del suo tempo. Il grande filosofo ateniese nella Repubblica aveva espresso la convinzione che ad ogni tipo di regime politico non possa non corrispondere un tipo particolare e preciso di uomo; vivrebbero in perfetta simbiosi. Per quanto riguarda la democrazia, orgogliosamente illustrata e rivendicata da Pericle, Platone, che non l’amava affatto, non si era dilungato in notazioni favorevoli di virtù.
“A parer mio, la democrazia si instaura quando i poveri hanno la meglio, e quelli della fazione opposta, in parte vengono sterminati, in parte esiliati. Coi rimanenti vengono equamente divise le cariche e i poteri, il più delle volte estraendoli a sorte”(557 A)”; ”Dunque, ripresi, questi e altri simili sono i tratti tipici della democrazia, la quale certamente HA TUTTA L’ARIA di essere una forma di governo civile, non autoritaria e pluralista, che sa diffondere un certo principio di uguaglianza agli uguali e ai disuguali”(558 C)L’anima dell’uomo democratico è una fortezza “vuota di nozioni, studi elevati, e di validi ragionamenti, i quali nella mente degli uomini prediletti dagli dei, costituiscono i più strenui guardiani e difensori”(560 C). I democratici sono persone ”che mettono al bando il pudore, chiamandolo stoltezza, che espellono la temperanza coprendola di insulti e dandole il nome di viltà; e così pure danno il benservito all’equilibrio e alla parsimonia nelle spese presentamdoli come spilorceria e rozzezza, grazie anche alla complicità di molti insidiosi desideri”(560 D); ”Chiamano buone maniere la prepotenza, libertà l’anarchia, munificenza la dissolutezza, coraggio la sfrontatezza. Non è forse questo il modo in cui un giovane da una formazione che fa leva sui desideri necessari passa alla più totale libertà e rilassatezza nel concedersi a desideri non necessari e niente affatto utili?”(561 A); e così via seguitando ”Hai fatto, disse lui, un quadro perfetto della vita dell’uomo tipico dello Stato in cui la legge è uguale per tutti”-(561 E)
Pericle e Platone hanno idee molto diverse sul modello di polis e sul modello di educazione, ma concordano sul fatto che il modello educativo debba corrispondere al modello di società; propongono un legame organico tra i valori e i principi che regolano un particolare regime politico con quelli che devono regolare l’educazione dei giovani. Nel convincimento siffatto emerge il proposito che la formazione del giovane debba essere funzionale alle condizioni della società in cui dovrà assumere il proprio ruolo di cittadino e di lavoratore. Non ha respiro un’educazione che non si proietti nello spazio pubblico e che in fin dei conti non abbia vita lunga e significativa. Problema serio; ogni società si aspetta un’educazione conforme ai propri valori e alle proprie necessità; non concede molto spazio e autonomia al proprio sistema di istruzione ed educazione, se pretende di elaborare valori e principi alternativi; in una parola alla pedagogia non si concede molta libertà in questo compito, perché in altre sedi vorrebbero occuparsene.
Sicuramente per quanto spazio si voglia e si possa dare alla funzione conoscitiva di trasmettere saperi e conoscenze, per come funziona oggi la società, per come funzionano le famiglie la scuola non può sottrarsi alle proprie responsabilità educative.
La pretesa di farla corrispondere in via esclusiva ai bisogni del mercato del lavoro non copre lo spazio che il sistema di istruzione e formazione di fatto viene ad occupare nella società. L’organicità tra progetto educativo e regime politico, che spicca nei modelli della Grecia Antica, dopo le esperienze drammatiche del Novecento nessuno ha l’ardire di proporla, anche quando ci si rende conto dell’insufficienza di processi formativi centrati solo su competenze professionali. E questo anche in regimi che di fatto o nominalmente si dicono democratici. L’educazione deve essere pluralistica, aperta, inclusiva, ma inflessibile su alcuni valori . Nei regimi democratici l’educazione deve tenere conto della società e deve tenere conto dei diritti della persona, i cui bisogni educativi non si risolvono interamente nella collocazione in un ruolo della società. In questa bivalenza e nell’autonomia della persona dalle ingiunzioni, che possono essere prevaricatrici della società, la pedagogia conquista la sua autonomia e si emancipa dagli obblighi istituzionali. E’ questa la sfida odierna; il sistema di istruzione non può non darsi un progetto educativo e questo deve essere aperto, rispettoso dei diritti della persona.