Perché è difficile (o forse impossibile) “convincere” i no vax. Il ruolo della scuola

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di Pietro Calascibetta

Parlare di no vax a scuola può essere un argomento spinoso in questo momento perché può sembrare divisivo, ma mi domando se è più divisivo parlarne o non parlarne e lasciare che sia il convitato di pietra della relazione educativa. Nelle superiori ci saranno sicuramente studenti no vax e in tutti i cicli genitori no vax.

Il non parlare con gli studenti di un problema che li coinvolge come persone e come cittadini non è mai una buona soluzione a tutte le età. Proprio per questo è necessario a mio avviso trattare comunque la questione, ovviamente con i dovuti modi nei diversi cicli.
Chi, se non la scuola può affrontare l’argomento in modo formativo al di fuori dalle strumentalizzazioni, abituando i ragazzi ad argomentare piuttosto che ad affermare certezze recuperate con il taglia e incolla dai social. Vogliamo lasciare questo compito ai talk show?
Un approccio orientato alla ricerca su questo tema è quello che meglio può permettere di costruire un percorso di riflessione in grado di favorire un confronto democratico senza correre il rischio di rinfocolare le divisioni. Provo allora a toccare quelli che possono essere gli snodi strategici di un percorso.

I MOTIVI DELL’ALTA TENSIONE

Per prima cosa penso sia importante partire dalla presa d’atto della tensione che si è creata nel Paese in questi mesi, cercando di capire se e come gli studenti la percepiscono è successivamente perché si è creata.
L’opposizione di molti alla somministrazione dei vaccini era ben presente da tempo in Italia, soprattutto l’opposizione all’obbligo vaccinale per i bambini, come il mondo della scuola sa bene poiché ha dovuto far fronte al problema delle famiglie che non volevano sottoporre i propri figli alle vaccinazioni obbligatorie, tanto che la Ministra Lorenzin ha dovuto predisporre il decreto n. 73/17 per ribadirne l’obbligatorietà e fissare le modalità di controllo e sanzione per i non adempienti.
Avverso il decreto è stato addirittura presentato un ricorso alla Corte Costituzionale dalla Regione Veneto, non da un cittadino qualunque, ma da un’istituzione.

Al di là dei ricorsi, la tensione sul tema della vaccinazione non era nel passato mai salita così tanto. Che cosa è cambiato?
Ora la questione del vaccino non riguarda solo i genitori no vax e i bambini non vaccinati, ma riguarda tutta la popolazione adulta, sia i no vax, sia chi invece si è vaccinato.
Quello che sta montando nella società è una sorta di muro contro muro tra chi non intende vaccinarsi e conseguentemente ritiene il green pass un modo sublimale per far vaccinare le persone se non addirittura un ricatto e quindi è infuriato e chi dall’altra parte ritiene che il vaccinarsi sia un dovere nei confronti della collettività per permettere che si ritorni ad una vita normale. Tutti hanno un’opinione al riguardo, in ufficio, sui social, in famiglia, alla tv.

Questa contrapposizione sta assumendo dei toni sempre più accesi perché, se guardiamo bene, tocca per gli uni e gli altri un argomento delicato come la sopravvivenza. Chi non si vaccina ritiene a torto o a ragione che la vaccinazione metta in pericolo la sua vita nel presente o nel futuro e chi si è vaccinato ritiene che chi non si vaccina mette a repentaglio la sopravvivenza della comunità e quindi anche la propria, ma non solo, rimprovera loro il fatto che non vogliono fare ciò che chi si è vaccinato ha fatto per il bene di tutti anche eventualmente esponendosi ad un rischio nel caso vi fosse, una sorta di tradimento bello e buono del patto sociale.

Come si vede si tratta di argomenti che toccano la sensibilità profonda delle persone, mettono in discussione la coesione sociale e sono potenziali micce per far deflagrare qualcosa di più grave di semplici scaramucce.
E’ la dimensione del problema da cui partire.

IL PERCHE’ DEL GRAN RIFIUTO

Lo Stato sicuramente vincerà sui facinorosi, ma i più miti anche quelli che alla fine si vaccineranno per pragmatismo continueranno a sentirsi coartati, non è quindi una questione che si possa nascondere sotto il tappeto come è stato fatto negli anni scorsi con l’obbligo vaccinale dei bambini proprio perché ad essere coinvolti nel rifiuto sono ad oggi circa otto milioni di cittadini.
Al di là delle strumentalizzazioni opportunistiche e delle manipolazioni interessate della realtà per soffiare sul fuoco della protesta e raccogliere consensi a buon mercato, dietro a chi si oppone vi sono bisogni, convinzioni e ragionamenti.

L’ascolto, l’empatia e la comprensione delle ragioni sono l’unica strada per poter aprire un confronto autentico che possa permettere di trovare delle risposte in grado almeno di toccare le convinzioni viscerali della gente.
E’ bene che gli studenti si rendano conto che per affrontare un conflitto sociale bisogna comprenderne le radici profonde per agire su di esse e che la sola dialettica non basta, come insegnano le decine di scontri verbali nei talk show.

Una delle competenze di cittadinanza è saper ascoltare gli altri, soprattutto chi non la pensa come noi.
Se analizziamo con attenzione le argomentazioni messe in campo da chi contesta i no vax ci accorgiamo che le discussioni finiscono per ruotare sempre intorno a due questioni: la liceità del geen-pass e il fatto che i vaccini sono sicuri. Un evidente discorso tra sordi, perché non è questo il problema.
Continuare a confrontarsi su questi temi non tocca i motivi per cui molte persone non intendono vaccinarsi. Un discorso tra sordi, appunto, frustrante per tutti e due gli schieramenti e che alimenta tensione.

COSA SI NASCONDE DIETRO AL “NO”

Proviamo con gli studenti a capire da dove proviene un’avversione così profonda e viscerale verso i vaccini che dovrebbero razionalmente essere considerati da tutti una straordinaria opportunità per la sopravvivenza individuale e dell’umanità.

Utilizzando il testo dell’Ufficio Studi della Corte Costituzionale a cura di Paolo Passaglia, dal titolo “La disciplina degli obblighi di vaccinazione, Corte Costituzionale. Servizio Studi. Area di diritto comparato” (ottobre 2017) andiamo indietro nel tempo e allarghiamo lo sguardo a livello mondiale.
https://www.cortecostituzionale.it/…/Internet_Comp%20…

Scopriremo così che le contestazioni a questa nuova pratica cominciano contemporaneamente alla scoperta della metodologia della vaccinazione per debellare malattie endemiche che tormentavano l’umanità da tempi remoti e mietevano milioni di vittime.
Può essere sorprendente scoprire che fin da allora una parte della popolazione invece di gioire di questa possibilità che risolveva un problema concreto la contesti come oggi.
Per cercare di comprendere questa opposizione è indispensabile conoscere e approfondire con i docenti di scienze cos’è e come funzionava un vaccino in origine e perché si chiama proprio così.
Una volta tanto valorizziamo anche le conoscenze! (https://www.epicentro.iss.it/vaccini/VacciniCosa https://www.treccani.it/enciclopedia/vaccino/ ).

E’ utile far conoscere agli studenti anche la storia dei vaccini e delle pandemie, in particolare la storia del vaiolo deradicato definitivamente solo nel 1980 per scoprire che l’opposizione non è una novità, ma che non sarà facile liberarsi del Covid senza il vaccino.
Si tratta di una conoscenza indispensabile per prendere atto che uno dei motivi, ovviamente non l’unico, per il quale la vaccinazione genera in alcuni individui una viscerale repulsione sul piano psicologico è proprio l’inoculazione di un a sostanza estranea nel corpo di una persona sana.

E’ interessante far conoscere agli studenti la storia di questa pratica dell’inoculazione che risale già al 1700 e l’opposizione ad essa da parte della società dell’epoca con motivazioni diverse (https://www.treccani.it/…/l-eta-dei-lumi-le-scienze…/).
Si capirà perché l’introduzione dell’obbligatorietà delle vaccinazioni così come ogni altro trattamento sanitario obbligatorio che tocca l’integrità del corpo di una persona deve fare i conti con quanto recitano le Costituzioni di tutto il mondo sul diritto all’integrità fisica, sul rispetto della persona, sul rispetto delle convinzioni religiose e del pensiero, una riflessione da fare questa volta con l’insegnante di educazione civica, di diritto o di storia.
Un cenno ai problemi legali, etici e religiosi che vi furono con i primi trapianti di cuore può far capire come un dibattito sulla liceità della vaccinazione non è così pretestuoso, né così datato, senza parlare poi dell’aborto, tema certamente molto più complesso da affrontare, scoprendo che esiste uno stretto rapporto tra etica, religione, scienza e medicina.

La lettura del saggio dell’Ufficio Studi della Corte Costituzionale ci dice che fin dai primi del ‘900 vi sono negli Stati Uniti, così come in altri Paesi , numerosi contenziosi contro la vaccinazione non solo per il vaiolo.
E’ del 1954 la nascita in Francia della “Ligue Nationale Pour la Liberté des Vaccinations”.

Consci di questa diffusa opposizione alla vaccinazione, addirittura contro il vaiolo che era pur una tragica pandemia, e consci dei vincoli costituzionali, le legislazioni dei vari Pasi sono state ben caute nell’introdurre l’obbligo per altre vaccinazioni e quando lo hanno fatto le hanno introdotte per i nuovi nati cercando di trovare modalità particolari di convincimento, per questo il contenzioso fino ad ieri è stato molto circoscritto.

UNA DIVERSA STRATEGIA PER UN CONFRONTO AUTENTICO

L’argomento principale che si oppone ai no vax è che i vaccini per il Covid sono sicuri, lo stesso discorso lo si fa per il vaccino contro il morbillo, la difterite, il vaiolo ecc. E’ vero, ma è la solita argomentazione che fa incaponire di più un no vax.
Parlare di sicurezza del vaccino è un’informazione che va data come atto dovuto (anche in INTERNET dipinto come il pozzo delle fake news si trovano interventi chiari e scientificamente fondati), ma non basta, rispetto all’obiettivo di entrare in relazione con i veri no-vax, è come parlare di sicurezza degli aerei ad uno che ha paura di volare e non intende salire su un aeromobile
Ciò che non viene compreso è che la questione non riguarda questo vaccino, ma più in generale la vaccinazione in sé come si è cercato di far presente richiamando la storia della vaccinazione e coinvolge sul piano psicologico la relazione con il proprio corpo e sul piano culturale la relazione di ognuno con la religione, la scienza, la medicina ufficiale, il mondo dell’industria.
Coinvolge anche il livello di fiducia nelle istituzioni, in particolare il ruolo delle istituzioni nel tutelare i cittadini rispetto alla sicurezza dei farmaci e coinvolge il senso di appartenenza alla propria comunità e quanto si è disposti a fare per essa.
Non si potrà aprire un discorso con i no vax fino a che chi crede nei vaccini non accetta che non si tratta di una questione di sicurezza del singolo vaccino e che i no vax non sono spuntati ora per la prima volta, ma fanno parte di un movimento di opinione che ha radici profonde e ramificate nella società e nella cultura.
Come si vede non è un discorso che può trovare una soluzione in un debate a somma zero.
Un debate a scuola con una simulazione di un confronto tra no vax e vaccinati può essere molto utile, soprattutto se videoregistrato, ma per poi analizzare le argomentazioni utilizzate e soprattutto la pragmatica della comunicazione, non certo per venire a capo della questione.

Il danno è che, come la mancata prevenzione del Covid insegna, per anni si è sottovalutata la questione dell’uso dei vaccini senza pensare e prevedere che forse sarebbe arrivato un tempo in cui il vaccino sarebbe tornato ad essere uno strumento indispensabile per salvare l’umanità come è stato per il vaiolo e come stava per essere per Ebola e che ad essere coinvolti non sarebbero stati solo e tanto i nuovi nati, ma intere popolazioni di adulti con le loro convinzioni e paure naturate negli anni.

Sarebbe un errore considerare l’opposizione ai vaccini un evento marginale o un incidente di percorso. La disponibilità della popolazione alla vaccinazione e alle misure di protezione va considerata una delle condizioni per una strategia di prevenzione delle future epidemie e pandemie.
Si potranno convincere oggi in modo sbrigativo degli indecisi, qualcuno che ha solo paura dell’ago, ma non i veri no vax per i quali sono necessari ben altri argomenti e tempi poiché è una questione culturale.
Ecco ancora una volta il motivo per il quale la scuola è il luogo per discuterne per poter andare alle radici profonde del problema e capire cosa fare. Non è mai troppo tardi!

L’URGENZA DI NUOVA CULTURA PER IL TERZO MILLENNIO

Se allarghiamo ancora il discorso dai no vax ad altri movimenti si comprende ancora meglio la necessità di intervenire sul piano culturale e della formazione come raccomanda l’art. 9 della Costituzione quando fa presente il compito della Repubblica di “promuove lo sviluppo della cultura” non tanto e non solo nel senso di aprire più teatri o cinema, ma nell’alimentare un confronto tra i cittadini sui valori, le credenze, i diritti anche con il cinema o il teatro ecc.
Si parla tanto oggi dei no vax, ma se guardiamo più a fondo ci accorgiamo che ci sono anche i no ogm (già qualcuno dice che diventeremo tutti ogm dopo il vaccino Pfizer), i no global, i no tav , i no olio di palma, i contrari alla medicina ufficiale e fanatici dell’omeopatia o della medicina alternativa di Steiner, i no oil – i no 5G, i no refezione scolastica – i disobbedienti – i complottisti vari, i no stranieri, i negazionisti di questo o quell’evento, i seguaci dell’agricoltura biodinamica, i no alla democrazia rappresentativa, gli QAnon , ecc e tralascio i terrapiattisti.
Guardando nell’insieme si rimane impressionati della relativa vastità di questo fenomeno caratterizzato dai “no” a questo o quello. Con gli studenti si può tentare una lista.

Ovviamente non si può fare di tutta un’erba un fascio, si tratta di movimenti diversi, ma può essere interessante al di là delle differenze ipotizzare la presenza di tratti comuni che attraversano questo mondo sommerso di cui non conosciamo realmente l’estensione.
I no vax sono pertanto in buona compagnia nuotando nell’universo dei “no”.
Se è così siamo di fronte a un vero e proprio problema culturale di vaste dimensioni prodotto dalla straordinaria accelerazione dei cambiamenti in atto. E’ come se ci fosse un disorientamento di fronte alla ricerca di una nuova consapevolezza di sé e del mondo che non appare con chiarezza in una società multiculturale come quella che si sta costituendo. Interessante quanto ricorda Cinzia Mion in un post su fb (https://www.facebook.com/cinzia.mion.9/posts/4695310747160055) sullo stile cognitivo dicotomico /manicheo di molti individui che si rifugiano nella certezza del conosciuto invece di affrontare l’ambiguità del presente.

IL RUOLO DELLA SCUOLA

Limitandoci all’ambito del rapporto di alcuni di questi movimenti con la salute, possiamo però azzardare qualche ipotesi su cosa può accumunare diverse posizioni perché è proprio su questo versante che la scuola può fare la sua parte alla grande.
A me sembra che ci sia innanzitutto una diffidenza nei confronti della scienza e della medicina alimentata da una scarsa conoscenza del sapere scientifico a disposizione dell’umanità, di come operi oggi nel concreto la ricerca scientifica e la medicina e su quali siano le prospettive di sviluppo su cui si sta lavorando.

Quanti docenti conoscevano l’esistenza delle molecole di RNA messaggero (mRNA) di cui si parla da trenta anni e ne avevano parlato in classe con i loro studenti negli anni scorsi, in quanti libri di testo se ne parla?
Conoscere la storia e le vicissitudini di questa metodologia giunta oggi agli onori della cronaca può far capire come procede la scienza, le difficoltà che incontrano i ricercatori oggi come un tempo e può far nascere interessi e passioni nei ragazzi dando loro una prospettiva e dei traguardi su cui impegnarsi.

Così come le TIC hanno cambiato la comunicazione umana e richiedono una nuova cultura della relazione, le tecnologie e le scoperte hanno cambiato profondamente negli anni la scienza e la medicina e richiedono una nuova cultura scientifica.
Diventare consapevoli di questi cambiamenti ci può far assumere un atteggiamento diverso nei confronti della scienza e della vaccinazione.
Non si tratta solo di aggiornare i programmi delle STEM, ma di sperimentare un approccio didattico dinamico a questa area della conoscenza, costruire una didattica che formi sì le basi delle discipline, ma che introduca ad esempio la storia della scienza e della medicina (non come altra materia per carità!) e utilizzi una didattica che abbia anche un filo diretto con la contemporaneità sia attraverso un uso intelligente del WEB come risorsa sia attraverso un rapporto tutto da immaginare nella secondaria con l’Università.
Un secondo tratto comune riguarda la diffidenza nei confronti del mondo industriale, in particolare delle cosiddette Big Pharma interessate come è giusto che sia ai profitti, ma non a scapito degli utenti. Anche se è trascorso del tempo vi sono episodi del passato che hanno lasciato un segno indelebile nella memoria collettiva come il caso del talidomide messo in commercio tra gli anni cinquanta e sessanta senza un’accurata sperimentazione, ritirato dopo aver causato gravi malformazioni in più di diecimila neonati.
Una tragedia che portò al varo di una legislazione più severa in tutti i Paesi e introdotto la pratica della farmacosorveglianza che ha permesso negli anni di ritirare per tempo molti farmaci. Ma il danno di immagine è stato comunque fatto.
Il timore rimane nella gente e si tramanda di padre in figlio. Riconciliare la popolazione con l’industria farmaceutica vuol dire far conoscere le leggi a tutela del cittadino che ora sono in vigore e come le agenzie di controllo svolgono il loro lavoro e dare maggior trasparenza al rapporto tra le aziende private, la sanità pubblica e la ricerca accademica (un’interessante lettura a questo proposito è il recente volume di Massimo Florio, “La privatizzazione della conoscenza”, Laterza).

Ancora una volta va ricordato che fare educazione civica non è solo conoscere le norme, ad esempio l’esistenza del diritto alla salute, ma sapere come la norma viene applicata concretamente, in questo caso nella tutela del cittadino quando entra in farmacia. Conoscere le sentenze contro gli avventurieri della cura può dare la percezione che la comunità attraverso i suoi organi è in grado di difendere i singoli. Avere la consapevolezza che lo Stato è capace di tutelarti può convincere di più di una dichiarazione alla TV.

Un terzo tratto comune riguarda la debolezza del legame con la comunità e del senso di appartenenza ad essa. Probabilmente la diffidenza non è tanto nei confronti delle singole persone, ma delle istituzioni che rappresentano la comunità, cioè lo Stato di cui non si fidano. Da qui la rivendicazione della libertà per poter agire per conto proprio prendendo su di sé la responsabilità delle decisioni proponendo sul piano politico la democrazia diretta, mentre ad esempio sul piano personale non acquistare cibo ogm curarsi in modo alternativo o nel nostro caso non accettare la vaccinazione.
Da qui l’abbandono dei canali ufficiali dell’informazione che si ritengono corrotti, la ricerca di informazioni in proprio direttamente dal WEB, dagli amici, da chicchessia purché non omologato al sistema. Il passo verso il complottismo a questo punto diventa breve.

Interrogarsi sul perché è crollata la fiducia nelle istituzioni sancita dal famoso “vaffa” è complesso, ma è lì che si trova uno degli snodi dell’opposizione diffusa al vaccino, anche se non l’unico. Rimettere al centro la comunità come valore e bene condiviso è un compito a cui la scuola non può sottrarsi cominciando proprio a dare valore e significato alla comunità scolastica e ai suoi organi rappresentativi spesso snobbati o non valorizzati adeguatamente dagli stessi docenti.
Organismi che possono diventare un laboratorio per un recupero di una cultura democratica e un terreno di coltura di un senso di appartenenza fatto di solidarietà e proposta. A scuola può essere possibile ricostruire quel concetto di libertà così come fu definita dai Costituenti che specificarono che la “libertà individuale ” è tutelata “salvo le limitazioni che la legge stabilisce” , proprio per indicare che la libertà individuale in una comunità non è assoluta , ma è condizionata dalle leggi che la stessa comunità in quanto tale democraticamente predispone attraverso i suoi organi rappresentativi e promulga per tutelare un bene comune che va oltre la libertà del individuo. “Nessuno si salva solo”

Agendo la democrazia nella vita collettiva dentro la scuola è possibile a mio avviso far comprendere come gli organismi possono realmente rappresentare la comunità e che tra rappresentati e rappresentati può esserci un rapporto trasparente.
Una cultura della solidarietà non la si può improvvisare, ma va costruita con pazienza partendo dalle piccole cose come hanno fatto in questi mesi di pandemie molte scuole e molte associazioni.
La scuola può e deve fare la sua parte, ma è l’intera società che deve prendere atto che va riscritto e formalizzato un nuovo patto sociale dove accanto ai diritti chiaramente già scanditi con precisione negli articoli della Costituzione vi possa essere un comma che in modo esplicito faccia riferimento al “dovere” dell’impegno individuale e degli organi rappresentativi per il “bene comune”.

“Nella costituzione del Massachusetts adottata nel 1780, è stabilito come principio fondamentale del patto sociale tra il popolo e ciascun cittadino che tutti dovranno sottostare ad alcune leggi per ‘il bene comune’, e che il governo è istituito “per il bene comune, per la protezione, sicurezza, prosperità e felicità del popolo, e non per il profitto, onore od interessi privati di un determinato uomo, una determinata famiglia od un determinato gruppo di uomini”.