Le “figure di sistema”: una questione rimossa?
- Ha sorpreso non poco – nella Misura dedicata a Istruzione e Ricerca del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) – la mancanza di riferimenti alle figure di insegnanti non solo insegnanti, indicate finora generalmente come ‘figure di sistema’ o ‘figure intermedie’ o Middle Management[1]. O anche – e forse più giustamente – ‘Figure di supporto all’Autonomia’.
Eppure sono chiari e interessanti i segnali che abbiamo letto su tale questione nel Rapporto finale di fine luglio 2020 della Commissione Ministeriale (nominata dell’allora Ministra Azzolina): “Idee e proposte per una scuola che guarda al futuro”[2], coordinata a suo tempo dall’attuale Ministro.
Ad essa infatti si riserva un intero capitolo (Formazione e valorizzazione delle figure a supporto dell’autonomia, pp. 44-49) e se ne evidenziano non solo il senso e l’importanza, ma anche le condizioni e i passaggi necessari (quadro di riferimento giuridico e contrattuale, meccanismi di valorizzazione delle professionalità, sviluppi di carriera e accordi contrattuali) [3] e i problemi da prevedere e risolvere per affrontarla.
Ma segnali inequivoci al riguardo il prof. Bianchi li ha lanciati direttamente anche da ministro.
Da ciò la sorpresa, in quanti ci avevano contato, per la totale assenza nel PNRR di riferimenti all’argomento.
Ne ha dato voce recentemente, tra gli altri, e in modo preoccupato, la Rivista telematica DDi del giugno scorso, dedicata all’analisi della Misura sopra citata del Piano.
Si tratta in effetti di ‘una assenza’ che non andrebbe sottovalutata.
- Ad oggi non è dato conoscere le ragioni di tale omissione: avranno probabilmente pesato timori e diffidenze nelle Organizzazione sindacali della scuola, ma anche tra gli insegnanti, per una operazione mai adeguatamente approfondita nelle sedi giuste; oppure la sottovalutazione, nello staff del ministro, della posta in gioco. Ma forse ha giocato anche la diffusa percezione che si tratti di questione a sé, scollegata, o marginale, rispetto ai grandi problemi del fare scuola.
Probabilmente però tutte e tre queste possibili ragioni hanno pesato nell’impedire una regolazione chiara e precisa – in termini di tipologia di incarichi e responsabilità, di requisiti per accedervi, di disciplina giuridica e contrattualizzazione sindacale – che ha fatto parlare giustamente, per quelle attuali, di figure aleatorie e instabili, mandate allo sbaraglio, anche perché generalmente prive della necessaria preparazione. Figure pertanto prive di appeal; e tali comunque da creare frequentemente situazioni di incertezza e instabilità nell’organizzazione e gestione della scuola e nel lavoro del DS; trattandosi, tra l’altro, di nomine annuali.
- Probabilmente però non si coglie ancora diffusamente l’importanza e l’urgenza della questione, sebbene il quadro generale nel quale ci si muove veda decisamente cresciuti negli ultimi decenni i livelli di complessità, anche per le nuove responsabilità e incombenze cui fronte senza adeguati supporti. Si pensi alle trasformazioni introdotte dai processi di inclusione e dagli impegni per la sicurezza e, più in generale, ai cambiamenti che impegnano la scuola – almeno a partire dalla istituzione dell’Autonomia – sul fronte della progettazione collegiale delle attività formative, e del loro monitoraggio, previsti per il POFT; dell’autovalutazione e rendicontazione di Istituto del SNV del 2013; della pianificazione della formazione di istituto del personale, prevista dalla L. 107/15 e dal CCNI del 2019…. .
Tutte attività che vanno organizzate e gestite opportunamente perché non vengano considerate degli optional o comunque vissute dentro logiche da puri adempimenti formali.
È all’interno di tale quadro che si può cogliere più facilmente il senso di Figure professionali, opportunamente ‘regolate’ per sostenere i cambiamenti, e vederle come promettente risorsa per aiutare il sistema a superare le difficoltà da essi prodotti.
- Ma perché questo atteggiamento maturi, vanno sviluppate e chiarite alcune consapevolezze che danno fondamento al senso e alla necessità di queste figure e maggiore chiarezza ai termini di una loro regolazione. E prime tra queste:
– che la didattica non può continuare ad essere vista come una faccenda individuale del singolo docente e la progettazione collettiva un optional[4];
– che la qualità e l’efficacia della didattica non si possono concretizzare senza l’impegno differenziato e la preparazione di chi (insegnanti motivati e attrezzati, appunto) si faccia carico delle condizioni operative e degli strumenti e materiali che permettono l’effettivo funzionamento delle diverse articolazioni del Collegio.
Né, d’altra parte, si può continuare a pensare che gestire i gruppi in modo efficace e competente sia la stessa cosa che presiedere una riunione; e che, quindi, tempo a disposizione e preparazione e gestione degli incontri siano fattori ininfluenti sull’efficienza e sull’efficacia del lavoro dei gruppi o del presidio di aree specifiche della vita scolastica.
Oppure ritenere che tutti i docenti abbiano esperienze e competenze – o siano interessati ad averle – per svolgere le funzioni previste per il coordinamento degli organismi collegiali o la cura specifica di iniziative e progetti.
Che sia giusto e doveroso che tutti i docenti abbiano le competenze per insegnare – e insegnare bene – e partecipare agli impegni collettivi, è scontato[5].
Qui però il discorso – come è subito evidente – non riguarda i compiti e le competenze dell’insegnante in quanto insegnante, ma competenze e compiti altri e diversi che devono essere svolti per garantire efficacia al lavoro nelle scuole[6].
A questo punto, il problema si sposta su come (cioè con quali dispositivi contrattuali e giuridici con quale nuova cultura professionale e quindi con quali percorsi formativi) far diventare consapevolezze e pratica professionale diffusa (e non mero adempimento formale) i ragionamenti di cui sopra; ma soprattutto su chi se ne debba far carico. Su quest’ultimo interrogativo, la risposta, in una situazione di normalità, dovrebbe essere ovvia. Ma purtroppo, nella nostra situazione non è sempre così.
Anche il mondo della scuola però – a partire dall’associazionismo professionale e dalle OOSS della scuola – non può tirarsi indietro e fare al riguardo la propria parte. La scuola è del Paese, ma chi la fa sono quelli che ci lavorano, che devono quindi sentire il dovere di proteggerla e migliorarla.
- Ultimo punto. Il funzionamento dei gruppi nei quali si sviluppa la collegialità docente rinvia per forza di cose alla più generale questione organizzativa delle nostre scuole e alla necessità di un suo ripensamento per recuperarne senso e valore (la parola d’ordine della partecipazione dei DD del 1974 è ormai inadeguata a cogliere esigenze e attese della realtà di oggi). Al riguardo, l’idea di una strutturazione reticolare del Collegio[7] – non certo nuova, ma sempre lì appesa, come i caciocavalli di Benedetto Croce – può diventare una risposta promettente solo se le sue articolazioni (i vari gruppi di lavoro: consigli, dipartimenti, gruppi di progetto e di approfondimento …), diventano unità operative funzionali al POF di scuola (e – a voler volare – prime anticipazioni di comunità di pratica nelle nostre scuole).
E tutto questo ‘chiama’, verosimilmente, due essenziali condizioni: la prima che riguarda proprio le Figure degli insegnanti non solo insegnanti e la necessità di un loro profilo professionale potenziato – dentro il ruolo docente[8]; la seconda che ci porta al profilo del DS e alla necessità di una sua opportuna rimodulazione che si faccia carico delle nuove ‘competenze’ della scuola e dei cambiamenti del lavoro docente e delle responsabilità che ne derivano (e delle quali abbiamo difficoltà a parlare).
Rimodulazione che tenda a spostare il focus dell’impegno professionale ds
- su una maggiore vicinanza al lavoro dei suoi insegnanti, anche per prevenire eventuali difficoltà professionali e facilitare il loro coinvolgimento nei lavori delle articolazioni collegiali;
- sul supporto alle figure professionali impegnate nella conduzione dei gruppi ecc..
Sulla base di queste considerazioni – fermo restando il necessario approfondimento degli aspetti ancora problematici[9] -, passaggi ulteriori dovrebbero riguardare la costruzione di una di una leadership distribuita, in grado di valorizzare competenze ed esperienze che maturano nelle figure professionali al centro di queste riflessioni. E non solo di esse, ovviamente.
Ma con questi temi, siamo oltre gli intenti di queste note.
[1] V. A. Valentino, Insegnanti non solo insegnanti, in Gli insegnanti nell’organizzazione scolastica, Edizioni Conoscenza, 2015
[2] L’argomento è affrontato con chiarezza in un apposito capitolo dal titolo ‘Le figure di sostegno all’autonomia’ (pp.44 sgg)
[3] “A tutte le figure a supporto dell’autonomia, sono richieste competenze e responsabilità diverse. Ma non ci sono standard di riferimento, mancano indicazioni per eventuali sviluppi di carriera, gli accordi contrattuali sono assai generici. A fronte di una certa vaghezza giuridica e contrattuale c’è una realtà molto ricca, articolata e complessa che avrebbe bisogno di un nuovo quadro di riferimento (giuridico e contrattuale). Per qualificare ulteriormente le diverse figure professionali sarebbe forse utile prevedere nuovi meccanismi di valorizzazione delle professionalità e processi di reclutamento più funzionali.” (dal Il Rapporto finale del 23 luglio 2020, del Comitato ministeriale coordinato dal prof. Patrizio Bianchi)
[4] Per questo paragrafo, ho seguito, considerandole stimolanti e condivisibili, alcune considerazioni di P. Calascibetta, Figure di sistema: questa volta partiamo dal problema, in “Nuovo Pavone Risorse” (www.gessetticolorati.it/dibattito), maggio 2021, svolte su un mio articolo: Figure di sistema e questione organizzativa. Farci i conti, in “Nuovo Pavone Risorse”, www.https://www.gessetticolorati.it/.it – Maggio 2021, dove si cerca di presentare un quadro più compiuto sull’argomento.
[5] G. Cerini ha sempre sostenuto (e tanti con lui, anche chi scrive queste note) che forme di premialità andrebbero previste (accelerazione di carriera, altre forme di riconoscimento) per gli insegnanti che investono sulla loro professionalità (ricercando, sperimentando, formalizzando esperienze ecc.) e conseguono risultati significativi, misurabili attraverso evidenze riconosciute come tali da apposite Commissioni interne (esiti di apprendimento soddisfacenti anche di allievi in situazioni critiche; costruzione e realizzazione di progetti didattici proponibili anche in altri contesti similari…).
[6] Sul punto però non vanno minimizzati né il rischio cosiddetto di aziendalizzazione della scuola, nè le preoccupazioni di ricadute divisive per il personale scolastico. di cui parlano un po’ da sempre le organizzazioni sindacali della scuola, e non solo loro. La questione è certamente complessa, come è seria la problematica del recupero di efficacia e di efficienza dell’organizzazione scolastica per assolvere alle sue finalità. La letteratura è vasta al riguardo. Quelle che vanno contrastate sono le derive autoritarie che possono esserci dietro certe trasformazioni organizzative e va invece promossa e sostenuta, attraverso strategie ad hoc, una cultura che assume e ‘agisce’ le posizioni organizzative che si ricopre non come posizione di autorità, ma come insieme organico di funzioni e compiti che devono essere svolti per garantire efficacia al lavoro nelle scuole. V. L. Benadusi, R. Serpieri (a cura di), Organizzare la scuola dell’autonomia, Carocci 2000, pp. 93 sgg.)
[7] V. mio contributo citato nella nota 5.
[8] Qui comunque si pensa a figure scelte dal collegio (altro è il discorso per i collaboratori del DS) e nominate dal DS e a incarichi almeno triennali, in coerenza con la durata di vigenza del POFT, ma non a tempo indeterminato.
[9] V. in http://www.proteofaresapere.it/cms/resource/5271/documento-dirigenza-e-organizzazione-scolastica-2.pdf, un interessante contributo – di un Gruppo interregionale dell’Associazione Nazionale Proteo Fare Sapere – sulle questioni ancora aperte e alcune ipotesi di lavoro.