La valutazione di fine anno fra norma e buonismo
Con una nota ministeriale recante per oggetto “Valutazione periodica e finale nelle classi intermedie primo e secondo ciclo di istruzione” il capo dipartimento del MIUR riepiloga tutta la normativa e le procedure di valutazione per gli scrutini.
Nulla da dire, solo tre osservazioni che mi sembrano importanti anche come riflessione generale sulla valutazione.
1) La nota sembra proprio una sorta di annuncio di ritorno alla normalità. Una circolare alla “nuora perché suocera intenda” . Un messaggio all’opinione pubblica per dire che l’epoca delle deroghe è terminata, si torna alla scuola vera. E’ un prezioso documento per le scuole, sicuramente da conservare come un “Bignami”, ma nulla di nuovo è scritto che il docente e il dirigente non sappia già. Mi domando quali sono state le deroghe sulla valutazione, se non quelle relative agli scrutini dello scorso anno.
2) Il Capo Dipartimento sente poi il bisogno di fare poi una precisazione:
“Si ritiene comunque opportuno richiamare l’attenzione delle SS. LL. sulla necessità che la valutazione degli alunni e degli studenti rifletta la complessità del processo di apprendimento maturato nel contesto dell’attuale emergenza epidemiologica. Pertanto, il processo valutativo sul raggiungimento degli obiettivi di apprendimento avverrà in considerazione delle peculiarità delle attività didattiche realizzate, anche in modalità a distanza, e tenendo debito conto delle difficoltà incontrate dagli alunni e dagli studenti in relazione alle situazioni determinate dalla già menzionata situazione emergenziale, con riferimento all’intero anno scolastico.”
Questa puntualizzazione penso sia anch’essa rivolta all’opinione pubblica, perché a ben vedere il fatto che il processo di valutazione debba riflettere “la complessità del processo di apprendimento” è un principio base più volte ribadito dalla normativa da sempre. E come se un Direttore sanitario scrivesse ai chirurghi del suo ospedale che devono tenere conto dell’igiene e devono lavare le mani prima dell’intervento!
Vale la pena ricordare che I criteri di valutazione sono decisi dal collegio dei docenti attraverso un processo decisionale che vede coinvolti i vari ambiti di lavoro della scuola. In altre parole il perché uno studente ha un sei o un sette sulla pagella dipende da questi criteri (uso il plurale volutamente), i quali devono essere pensati sempre in relazione alla ““complessità del processo di apprendimento” , in quella scuola, in quella classe, per quello studente, con tutto quanto ne consegue come si legge nel pezzo citato.
Mi viene spontanea questa precisazione per ricordare che i voti finali sulla pagella sono una responsabilità professionale dei docenti condivisa attraverso il PTOF dalla comunità scolastica. Non è scritto in nessuna normativa che ci sia un solo criterio, che questo debba essere la media dei voti delle verifiche e delle interrogazioni e che i criteri debbano rimanere immutati per sempre anche se cambia il contesto. Si tratta sempre di una scelta nell’ambito dell’autonomia.
Nella pandemia io sono sicuro, perché mi fido dei docenti e dei colleghi dirigenti, che i criteri presenti nel PTOF siano stati modificati perché professionalmente è questo che si sarebbe dovuto fare senza bisogno di una nota o di una norma ad hoc. Difendiamo almeno questo ambito di autonomia professionale!
La norma uguale per tutti è quella che stabilisce i criteri con i quali si promuovono o meno alla classe successiva gli alunni. Questi criteri sono obbligatori e stabiliti per legge secondo le norme citate nella stessa nota ministeriale.
Tranne che per gli scrutini, durante la pandemia la scuola dell’autonomia si è autonomamente autoregolata rispetto alle valutazioni, DaD o non DaD, perché è quello che l’autonomia didattica le consente di fare anche in tempi normali e questo è un plus valore proprio della scuola autonoma. Ad un certo punto si è avuto l’impressione e qualcuno ha fatto credere che tutto dipendesse dal Ministero, ma così non era, almeno per certi aspetti.
3) Nella nota c’è un riferimento diretto ed esplicito alla valutazione degli studenti dislessici e di quelli diversamente abili che hanno una certificazione e una normativa dedicata che i docenti anche in questo caso dovrebbero comunque ben conoscere. Nulla di nuovo. In questi casi la domanda da farsi è se i docenti abbiano o meno modificato il PDP in base alla “complessità del processo di apprendimento” di questi mesi. Modificando il PDP anche i criteri di valutazione dovrebbero essere stati adeguati alla situazione (ovviamente se fosse stato necessario).
Non si fa cenno invece a quegli studenti anch’essi definiti BES (con bisogni educativi speciali) che non hanno una certificazione formale e una normativa speciale come i dislessici e i disabili , ma sono tutelati solo dalla normativa sui BES (Direttiva 27-12 -2012 e CM n.8 2013). Peccato!
Ricordo che la Direttiva specifica che “ogni alunno, con continuità o per determinati periodi, può manifestare Bisogni Educativi Speciali: o per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta”.
Faccio questa precisazione perché proprio in questa categoria “di mezzo” all’interno dei BES potrebbero (avrebbero potuto ) trovare posto tutti quegli studenti che per seri motivi, di cui sono venuti a conoscenza diretta i docenti, si siano realmente trovati in difficoltà in questi mesi per svariati e gravi motivi la cui tipologia può essere a conoscenza solo dei docenti stessi (solo ad esempio: perdita di un parente, mancanza di connessione, situazioni complicate in famiglia, mancata disponibilità da parte della scuola di tablet da dare in comodato ecc. ecc.).
Formalizzare e ufficializzare il disagio specifico dell’alunno e definire il suo bisogno educativo speciale condividendo questo accertamento in modo trasparente con la famiglia e verbalizzandone lo status temporaneo di BES avrebbe dato la possibilità a questi alunni di rientrare a pieno titolo tra gli studenti con BES, avere come la normativa prevede un Piano Didattico Personalizzato (PDP) anche provvisorio e anche non necessariamente così analitico (solo una scheda per carità! ) come quello dei dislessici e poter avere dei criteri di valutazione anche ben diversi da quelli dei compagni senza dover ricorrere al “buonismo” alla “comprensione” alla pacca sulla spalla, alle discussioni di principio nello scrutinio e soprattutto in modo trasparente e professionale. Senza parlare del valore educativo di questa soluzione agli occhi dello studente stesso.
Tante volte, come abbiamo visto durante la pandemia, si vuole scoprire l’acqua calda senza invece valorizzare quanto è già presente nella normativa stessa. Anche quando si introducono dei possibili miglioramenti nell’applicazione della normativa già in essere, come è stato nel caso del PAI e PIA , queste cadono subito nell’oblio e nessuno più ne parla.