RECOVERY PLAN E MISSIONE 4. TORNA LA SCUOLA DELLE TRE I?
Con le risorse del Recovery si nutre l’ambizione di disegnare l’Italia che verrà e che ci sarà per almeno un decennio.
Con quelle assegnate alla Missione4, Istruzione e Ricerca (32, 32 miliardi di euro per la precisione) si può operare per un profondo riassetto dell’intero sistema di istruzione e formazione, perché dia risultati appropriati alle esigenze di una società in continua trasformazione, visto e considerato che quelli avuti fino ad oggi non tutti lo siano.
Avremo allora una nuova scuola?
Credo che si possa ragionevolmente nutrire qualche dubbio, perché nonostante la mole degli investimenti che si intendono fare non si intravede niente di diverso rispetto alla scuola che oggi c’è; non credo che ci sia un’idea di scuola diversa da quella che si fa.
Gli obiettivi generali che vengono proclamati non smentiscono questa affermazione.
Basta leggerli :
1) Colmare in misura significativa le carenze strutturali , quantitative, qualitative che oggi caratterizzano l’offerta di servizi di istruzione, educazione e formazione nel nostro paese;
2) Rafforzare i sistemi di ricerca e la loro interazione con il mondo delle imprese e delle istituzioni.
Come si può constatare si è davanti ad una vasta proposta di manutenzione, che ad ogni buon conto è utile, diciamo pure molto utile, ma che di fatto accantona l’interrogativo cruciale che nei tempi della diffusione invasiva delle informazioni e delle conoscenze, della moltiplicazione quotidiana delle agenzie formative e dei luoghi in cui è possibile apprendere ci si deve porre sul destino della scuola nella società.
E’ difficile trovare nel testo del documento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza un qualche esplicito accenno alla funzione educativa che il sistema di istruzione può o dovrebbe svolgere, mentre ce ne sono moltissimi su quella professionale, alla quale sono dedicate quasi esclusivamente le attenzioni.
Ma la crisi del sistema scuola è di natura culturale ed educativa, non solo professionale. Basta gettare uno sguardo sul mondo giovanile per averne una prova.
Non è uno scandalo che il sistema di istruzione converga con le esigenze del sistema economico-sociale, perché chiuso nella propria autoreferenzialità non ci sarebbe motivo per tenerlo in piedi; il sistema di istruzione è servizio alla società, ma è anche servizio alla persona, la cui dimensione non è risolvibile solo nella capacità di potere svolgere un lavoro o una professione, essendo originarie e insopprimibili le esigenze di conoscenza e di sviluppo umano.
Lascia molto da pensare che, in un momento in cui si decide come potrebbe essere domani la nostra società, il problema della scuola sia solo quello di rendersi idonea a soddisfare le esigenze del mercato del lavoro e delle imprese.
Se per l’Università l’indifferenza alle questioni educative può non avere alcuna incidenza, perché altra è la sua missione, per il sistema di istruzione primaria e secondaria è invece una carenza di grande rilievo.
L’economicismo è il tratto distintivo della Missione 4 e questo non è un rilievo immotivato.
”La Missione 4 mira a rafforzare le condizioni per lo sviluppo di una economia ad alta intensità di conoscenza , di competitività e di resilienza, partendo dal riconoscimento delle criticità del nostro sistema di istruzione, formazione e ricerca.”
Dopo l’approvazione del PNRR nei due rami del Parlamento sarà difficile modificare l’impostazione di Missione 4 e va rinviata a data da destinarsi la preoccupazione di ripensare la scuola e l’istruzione nelle sue molteplici funzioni, a cominciare da quella educativa e per finire a quella conoscitiva.
”Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole”.
Detto tutto questo , è evidente che le risorse assegnate alla Missione 4 porteranno benefici al sistema di istruzione e che con esse si potranno colmare quelle carenze strutturali e qualitative con cui il personale della scuola e l’intera società devono fare quotidianamente i conti.
La Missione 4 è un progetto di potenziamento dell’offerta dei servizi per l’istruzione suddiviso in quattro ambiti, in cui si intrecciano investimenti e riforme.
Il primo è il più ampio e si va dal piano per asili nido e scuole materne alle riforme delle lauree abilitanti.
Gli investimenti riguardano gli asili nido, l’estensione del tempo pieno e delle mense, il potenziamento delle infrastrutture per lo sport a scuola, la riduzione dei divari territoriali nei cicli I e II della scuola secondaria, lo sviluppo del sistema di formazione professionale terziaria, l’orientamento attivo nella transizione scuola-universItà, gli alloggi per studenti universitari, le borse di studio per l’accesso all’università.
Le riforme riguardano gli istituti tecnici e professionali, il sistema degli its, l’organizzazione del sistema scolastico, l’orientamento , le classi di laurea, le lauree abilitanti.
Nel secondo ambito gli investimenti sono relativi alla didattica digitale integrata e alla formazione sulla transizione digitale del personale scolastico; le riforme riguardano il reclutamento del personale docente e l’obbligatorietà della formazione per tutto il personale della scuola, tranne i collaboratori scolastici.
Nel terzo ambito gli investimenti riguardano le nuove competenze e i nuovi linguaggi, la scuola 4.0, il piano di messa in sicurezza e riqualificazione dell’edilizia scolastica, la didattica e le competenze avanzate all’università.
Nel quarto ambito l’investimento riguarda l’estensione del numero dei dottorati di ricerca e dei dottorati innovativi per la pubblica amministrazione e il patrimonio culturale; la riforma è quella relativa ai dottorati.
Non è mia intenzione giudicare la congruità delle risorse assegnate alla Missione 4 rispetto alle altre e nemmeno quella delle singole misure al suo interno, anche se qualche perplessità sorge spontanea.
E’ un fatto positivo che ci siano molte più risorse di prima ed è indubbio che sarebbe di grande utilità se venissero impiegate tutte , bene e presto.
La misura che mi sembra adeguata alle intenzioni e alle ambizioni è quella relativa agli asilo-nido e alla scuola materna, per l’importanza che questo segmento dell’istruzione riveste negli equilibri sociali e perché determinante per avere una scuola meno discriminatoria, con meno dispersione e più giusta.
Le pari opportunità si cominciano a costruire proprio in quella fascia di età. Ritengo invece che, anche se sono interessanti le risorse che saranno messe a disposizione delle scuole per potenziare le infrastrutture per lo sport, per la loro messa in sicurezza, per la riqualificazione dell’edilizia scolastica, non siano sufficienti, per il semplice motivo che per la scuola che ci vuole nel terzo millennio, gran parte del patrimonio edilizio scolastico è da ritenersi inadeguato . Non edifici riverniciati ci vogliono, ma tanti, tanti istituti nuovi di zecca e di concezione.
Altrettanto si dica per gli alloggi universitari e per le borse di studio per l’accesso all’università.
Se si vuole fare crescere di molto la popolazione con il titolo di laurea bisogna abbattere le strozzature dell’ingresso all’università ed eliminare gli ostacoli alla prosecuzione degli studi, determinati dal costo e dall’ impossibilità di usufruire di alloggi confortevoli e alla portata di tutti.
Oltre alle misure economiche, senza le quali non c’è spazio per qualsiasi cambiamento, qualche parola va spesa sui processi di riforma che si vogliono attivare per migliorare complessivamente le prestazioni dell’intero sistema dell’istruzione e della formazione.
Riflessioni che non vogliono estendersi a tutto ciò che riguarda l’istruzione universitaria, della quale è giusto che parlino gli addetti ai lavori .
Sul piano dei contenuti le proposte di rinnovamento e di riqualificazione riguardano l’ampliamento delle competenze scientifiche, tecnologiche e linguistiche degli studenti, ma anche dei docenti con particolare attenzione alla capacità di comunicare e risolvere problemi e se le parole hanno un senso riguardano anche la riforma degli istituti tecnici, dei professionali, degli ITS , dei dottorati di ricerca, delle lauree abilitanti e della didattica integrata.
Per coerenza con l’impostazione della Missione 4 non poteva mancare il proposito di mettere mano all’intera filiera dell’istruzione tecnica e professionale, fino agli Its che, a distanza di quasi 20 anni dei primi tentativi di sperimentare forme di istruzione terziaria professionalizzante (gli IFTS)ancora non decollano.
E’ evidente che se si vuole un sistema scolastico funzionale ai processi dello sviluppo economico i conti con l’istruzione tecnica e professionale bisogna sempre farli e farli periodicamente.
L’istruzione tecnica non è molto che è stata ristrutturata e l’istruzione e la formazione professionale solo da poco hanno concluso l’itinerario di riformulazione dei curricoli.
Periodicamente ci si pone il problema di come rendere attrattivi questi indirizzi di studi, che dopo gli anni ’90 hanno quasi sempre perso molti studenti, tranne qualche sporadica fiammata, e periodicamente la soluzione viene trovata nella ristrutturazione dei curricoli.
Credo, invece, che ci sia un problema di costume e di nuove tendenze sociali, altrimenti non si spiegherebbe la crescita delle iscrizioni ai licei, ma anche un più serio problema di assetto economico-aziendale dell’apparato produttivo.
Questi indirizzi di studio non danno più assicurazioni come prima su un rapido inserimento nel mondo del lavoro e non solo per la inadeguatezza della preparazione acquisita da quanti vi concludono gli studi.
Lo stesso si dica e per quest’ultimo motivo anche per l’andamento delle lauree.
Altro problema che viene messo in luce è quello della dispersione scolastica e dei divari territoriali.
Certamente serviranno il piano di estensione del tempo pieno e delle mense nella scuola dell’obbligo, come la riduzione degli alunni per classe, ma non credo che l’uso obbligatorio dei test INVALSI/PISA potrà giovare molto, se altre forme di povertà e di deprivazione culturale oltre quelle curriculari non vengono aggredite come necessario.
Potranno giovare le azioni di supporto ai dirigenti, la formazione obbligatoria per almeno il 50% dei docenti, l’incremento delle ore di docenza, ma cosa c’entra la personalizzazione dei percorsi?
In quale posto del mondo e su base certa questa strategia è riuscita a contenere la dispersione e a migliorare il rendimento nelle discipline di base?
Con tutto quello che si intende fare e rinnovare non poteva mancare il capitolo della riforma dell’organizzazione del sistema scolastico.
E’ un vecchio ritornello, anche se i suoi ricorrenti problemi sono di natura culturale ed educativa e anche professionale e sia estremamente improbabile che si risolvano di fatto nel superamento dell’identità classe demografica/aula e nel superamento del modello scuola, che la prevede.
Sarebbe molto interessante sapere quale dei problemi dell’istruzione questa proposta aiuti a risolvere.
Hanno maggiore attinenza con questi problemi lo stato giuridico del personale docente e la riforma del suo reclutamento.
L’obbligatorietà della formazione merita qualche riflessione.
Così com’è presentata lascia qualche perplessità, perché dubito che una professione debba darsi una forma, un’identità, ad ogni curva del suo percorso, se gli anni di formazione (superiori, università, approccio e transizione al proprio lavoro) non sono riusciti a dargliela.
Di necessità della formazione si può parlare solo per fatti che trasformano radicalmente l’ambiente di lavoro e questo a scuola è successo con l’autonomia e con l’informatica; succederà con la transizione digitale dell’insegnamento e succede ogni volta che vengono riformulati i curriculi e l’impianto delle discipline.
Potrebbe succedere per la valutazione, considerate le difficoltà che si incontrano a praticare la valutazione formativa, anche quando è diventata obbligatoria. Per il resto parlerei di aggiornamento , che se dev’essere obbligatorio non può essere arbitrariamente orchestrato e tantomeno può essere privo della dovuta iscrizione negli obblighi dell’orario di servizio.
La formazione/aggiornamento che serve è quella funzionale ai bisogni emergenti al livello nazionale e anche al solo livello di istituto.
Nel testo si parla di un impianto di moduli formativi che consentono l’acquisizione di crediti formativi professionali spendibili per l’avanzamento della carriera secondo un sistema meritocratico.
Che mi sembra altra cosa e che riapre le pagine non edificanti dei tempi in cui gli insegnanti si affannavano a frequentare corsi di aggiornamento sulle più disparate materie , per potere andare avanti nelle classi di stipendio.
Dietro questa intimazione ad aggiornarsi/formarsi aleggia il sospetto che se le cose non vanno tanto bene, che se ci sono disfunzioni tutto questo dipenda dal fatto che gli insegnanti non si aggiornino e non si siano aggiornati.
Speriamo di no, perché sarebbe iniquo e superficiale .
Per concludere.
La scuola certamente potrà avvalersi di questa enorme mole di risorse e anche di tutte le iniziative che si intendono mettere in campo, ma è forte l’impressione che l’articolato progetto di Missione 4 sia la riproposizione in grade stile del modello delle tre I (inglese, internet, impresa) reso più ricco di risorse e di mezzi, forse più vivibile, ma insufficiente ai bisogni delle nuove generazioni, non riducibili a quello esclusivo del passaggio dalla scuola al lavoro.