Giancarlo Cerini, ispettore “analitico”, sempre con appunti e scalette

di Franco De Anna

Caro Giancarlo,
Sto tentando disperatamente di uscire dal silenzio che da ieri sera mi blocca (la notizia me l’ha passata un comune amico poco dopo le 22.30), non solo per il dolore che sento, ma anche per la resistenza a cercare e trovare parole che lo descrivano sinceramente, capaci di disfarsi delle inevitabili funzioni “difensive” che la parola, come ogni altra “rappresentazione” finisce per assumere. Soprattutto nel lutto.
Ho sempre declinato un certo imbarazzo nei nostri rapporti.
Chi mi è più vicino sa che spesso quando mi descrivo in termini autoanalitici dico “io sono terroso”.
Ecco l’interazione con te, sempre dedicata al contesto professionale, sia pure con tutta l’umanità possibile, mi confermava tale giudizio su me stesso.
Ho sempre guardato, tra l’ammirazione e l’interrogazione stupita, alla tua capacità analitica, fino al particolare più dettagliato (qualcuno ha mai avuto l’occasione, seduto accanto al tavolo della medesima conferenza, di dare un’occhiata alle scalette dei suoi interventi, e ai suoi appunti?) mentre io ho sempre teso a “sgombrare il campo” e “potare”.

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Giancarlo Cerini: un grande, appassionato dirigente della nostra scuola e soprattutto una ‘bella persona’

di Antonio Valentino

La notizia l’ho letta solo stamattina. Stavo infatti scrivendo per lui un articolo che mi aveva chiesto per il numero di luglio-agosto di Rivista della Istruzione.
È stato un colpo di quelli che fanno male. Come ho potuto avvertire anche nei messaggi delle amiche e amici con cui si è voluto condividere un pensiero per lui.

Mi piace ricordarlo attraverso una sua lettera del mese scorso – scritta nel pieno delle urgenze della sua malattia che lo affliggeva da tempo – nella quale si coglie immediatamente la concretezza dei suoi interessi professionali (che per lui erano anche esistenziali, ma mai ossessivi); l’attenzione ‘militante’ al mestiere dell’insegnante e alla necessità di valorizzarne il merito come valore che genera la qualità del fare scuola, ma anche l’occhio vigile al ‘contesto’ e alle condizioni che ne favoriscono l’impegno; un modo di guardare ai problemi cercando di vedere sempre l’oltre, come luogo dell’approdo alla soluzione che possa funzionare; la condivisione come cifra della scuola democratica.

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Giancarlo Cerini se n’è andato, in punta dei piedi

Una foto recente di Giancarlo Cerini, per gentile concessione di Raffaele Iosa

di Cinzia Mion

Ciao Giancarlo, un groppo in gola mi toglie il respiro e mi impedisce di parlare ma ti sto pensando senza tregua da quando ho saputo che te ne sei andato.
Anzi ti sto pensando intensamente e con apprensione da quando ti sei ammalato. Da quando ho saputo che eri ricoverato nello stesso reparto dov’era a suo tempo Beatrice…
Un pensiero costante che ogni tanto si coaugulava in messaggini senza risposta. Qualche volta Loretta , cui mi rivolgevo quando l’ansia era insopportabile, mi dava notizie, quasi mai rassicuranti. Ad un certo punto la ripresa, sia pur cauta, la ricomparsa in pubblico…le tue foto con il viso scavato, la barba bianca inusuale, l’aspetto da asceta. Avevi un sorriso dolce come se ti scusassi di averci preoccupato.

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Ciao Giancarlo, amico e fratello di una vita per i bambini

Giancarlo Cerini a Ivrea il 3 marzo 2017 nel corso di un convegno sul sistema 0-6 organizzato dalla nostra Associazione

di Raffaele Iosa 

Caro Giancarlo
E così ieri, dopo un periodo di lotta coraggiosa al male ci hai lasciato per sempre attoniti e sconcertati. Se esiste l’al di la ti vedo passeggiare con il tuo caracollare a larghi passi a parlare con la tua ritrovata Beatrice.
A raccontarle dei tuo nipoti suoi figli dei quali io e te parlavamo spesso.
Nelle ultime nostre telefonate dall’ospedale sentivo e ammiravo la tua inesauribile voglia di vivere, scrivere, non fermarsi mai a pensare e dire della scuola. Quando finiva la telefonata piangevo. L’ultima foto che mi hai mandato, magro come un chiodo e la barba da frate cappuccino la terrò per sempre.
Eppure fino all’ultimo hai scritto, scritto e parlato. Indimenticabile la tua gioia di un webinar con Bianchi sullo 0-6 cui hai dedicato amore e passione nei tuoi ultimi giorni, ma anche arrabbiato perché pareva interessare pochi. Ho avuto la fortuna di averti collega e fraterno amico per 30 anni.
Quanti ricordi, quante scintille fraterne tra noi sul fare della scuola, quanti improbabili panini abbuffati al volo in tante stazioni o grill d’Italia. Di te ammiravo invidioso la cura dei pensieri di tutti, con quegli appunti che prendevi con scrittura minuta, con frecce e numeri, per dare un senso al discorrere caotico di un pensare pedagogico sempre più incerto di quest’ultimi anni. Il tuo continuo scrivere, girare, parlare aveva il senso della frenesia generosa di un maestro innamorato della pedagogia, o meglio dei bambini. Il tuo senso civile di un lavoro nobile e arduo era totale. Ma non dimenticherò mai quanto ci spataccavamo dal ridere a raccontarci quando eravamo ragazzini figli del popolo, tu e Floriano a fare il garzone di un barbiere, io di un fruttivendolo.
La vita ci ha incrociato e la ringrazio di avermi donato la nostra fratellanza.
Grazie di essere stato così.
Semplicemente.
Con un affetto oltre la vita è la morte.
Per sempre nel mio cuore.

In questo video l’intervista che gli facemmo il 3 marzo 2017
(il video girato all’epoca era pessimo, e così in fase di montaggio venne sostituito con una “galleria” di sue immagini)