‘L’apprendimento della lingua scritta darà luogo a un’acquisizione salda e organica a patto che scaturisca veramente da un processo di vita. L’artificio, il vuoto meccanismo, non possono dare che un precario addestramento, che si mantiene soltanto fino a che son presenti certi stimoli deteriori e non educativamente validi’ [1]
La considerazione dell’errore come tentativo provvisorio e non come dato immodificabile predittivo di insuccesso è centrale in una pedagogia democratica e che si ponga l’obiettivo di non mortificare e demotivare gli alunni e di valorizzarne le espressioni.
C’è tutto un lungo lavorio che porta da una stesura di testi come trasposizione immediata di un parlato a un parlato ‘pronto per essere scritto’[2]
E’ un lavorio che attraversa fasi diverse e si avvale dell’apporto dell’insegnante che funge da stimolo e rispecchiamento e non da censore, ma ancor più dell’apporto e dei suggerimenti dei compagni che cercano, in quanto comunità linguistica, le soluzioni più adeguate. Il testo viene così rimaneggiato più volte fino ad assumere una formulazione ritenuta soddisfacente. Andrà così inserito nel libro di storie della classe o nel giornalino. Non rimarrà chiuso in un quaderno.
‘L’insegnante bada allo sbaglio di ortografia o di grammatica: la sua valutazione ha per oggetto quasi esclusivamente la correttezza formale del testo. In questa prassi la ricchezza e la originalità del pensiero non vengono prese in considerazione che a parità di correttezza ortografica. Ma quale ricchezza, quale originalità potrà venir fuori in una situazione educativa i n cui non si bada che alla forma? [3]
Nell’esempio riportato sopra, ‘Carla che ha scritto la storia e la consegna alla maestra ha molte aspettative, non certo quella di consegnarla a… un correttore di bozze o a un commissario d’esame. […] E’ all’inizio della seconda, la storia l’ha scritta in stampato con un grosso pennarello nero su due fogli A4 in orizzontale, andando a capo quando finiva il foglio. Ha usato per scriverla un tempo del suo piano individuale di lavoro. Carla non ha nessuna delle preoccupazioni della maestra riguardo alla correttezza, è tutta presa dalla sua storia… ’[4]
Una volta comunicato il suo pensiero, la sua ‘gelosia’ per il fratellino che rimane a casa con la mamma, e il sogno che possa venire a scuola con lei, può entrare in azione la squadra di ‘correttori’ di bozze: si discute, si toglie, si aggiunge, si chiede a lei di spiegare, si cancella, si amplia. Si valutano varie proposte (la Lim si presta meglio della lavagna tradizionale).
E’ un’attività impegnativa di ricerca di funzionalità e comunicatività delle scritture che si alterna a momenti di scrittura collettiva, incluso l’autodettato collettivo a seguito di esperienze della classe.
‘La conquista della correttezza e della competenza avverranno gradualmente grazie al lavoro paziente del gruppo che, guidato dall’adulto, esplorerà le vie per rendere la comunicazione più efficace.[…]E’ la motivazione di fondo che muta, in questo tipo di revisione del testo, rispetto alla semplice “correzione” dell’insegnante sul testo di un alunno che si è espresso secondo un modello linguistico lontano da quello dell’adulto. La motivazione cambia dal di dentro e profondamente il significato delle nostre azioni’[5]
‘I ragazzi generalmente partecipano con entusiasmo a questa operazione, dato che il testo eletto è diventato un po’ di tutti loro. Una tale partecipazione emotiva non vi sarebbe se il testo non fosse stato scelto dai ragazzi. Il maestro trascrive alla lavagna il testo in esame, proposizione per proposizione. I ragazzi sono invitati a individuare gli errori […] l’insegnante dà la parola a un ragazzo, il quale si reca alla lavagna e corregge l’errore; tutti gli altri sono invitati a dire se la correzione è giusta o no. Ed è qui che vien fuori la grammatica vivente, la quale sorge dalle difficoltà della lingua viva e non da fredde e meccaniche lezioni. […]L’importante è che i ragazzi prendano da sé coscienza dell’errore; non è mai auspicabile che il maestro corregga direttamente.’[6]
Scriveva Freinet: ‘Abbiamo esposto […] i vantaggi pedagogici della redazione libera e spontanea, motivata dalla stampa, dal giornale scolastico e dagli scambi interscolastici; i vantaggi della scelta da parte dei bambini stessi, della messa a punto in comune, di questa specie di esaltazione e di liberazione psichica che suscitano la presa in considerazione del pensiero del bambino, la trascrizione in caratteri stampati (oggi al PC n.d.a.), l’illustrazione e la sua diffusione.’[7]
[1] B. Ciari, ‘Le nuove tecniche didattiche’, Ed. Riuniti,Roma, 1971
[2] L. Lentin, ‘Il bambino e la lingua parlata’, Armando, Roma, 1973
[3] B. Ciari, op. cit., p. 99
[4] B. Campolmi, A. Di Credico, N. Vretenar (a cura di) ‘Chi ben comincia…parlare scrivere leggere a scuola’ Asterios, Trieste, 2020 p. 117
[5] N. Vretenar (a cura di) ‘Dire fare inventare parole e grammatiche in gioco’, Asterios, Trieste, 2020 p. 109 sgg.
[6] B. Ciari, op. cit. , p. 104-105
[7] C. Freinet ‘La scuola moderna’, Loescher, Torino, 1969, p. 112, trad. G. Tamagnini (una nuova traduzione è in corso da parte di E. Bottero per i Quaderni di cooperazione educativa