Ho voluto dare questo titolo per indicare la grande modernità del pensiero di Freinet. La riflessione pedagogica di Célestin Freinet si sviluppa tra le due guerre. Sono gli anni delle tre grandi crisi: quella della prima guerra mondiale, la crisi economica e sociale del 1929 e la seconda guerra mondiale.
Sono anche gli anni del grande fermento pedagogico che ha caratterizzato la prima metà del secolo scorso, un fermento pedagogico che non si ripeterà più, e da cui l’Italia è tagliata fuori per via del fascismo, un ritardo che pagheremo a lungo e che ancora paghiamo.
Un fermento pedagogico che nasce dalla convinzione che l’educazione è alla base della formazione di cittadini attivi, responsabili e consapevoli.
A partire da John Dewey e il suo Credo Pedagogico, da Scuola e Società, Democrazia e educazione fino a Come pensiamo, un’opera su cui Freinet rifletterà a lungo per scrivere i suoi “Essai de psychologie sensible appliquée à l’éducation”
Ho sempre chiamato PRESIDE i miei 6 capi di istituto incontrati da quando, nel lontano 2007, ho messo piede nella scuola statale.
E dall’anno scolastico 2010/2011 – individuato dal ds protempore nel ruolo di collaboratore (primo?….vicario?…) – non mi sono mai sentito pienamente un “vice”.
Già perché mentre con il preside esisteva formalmente riconosciuto il vicepreside, con l’istituzione del dirigente scolastico il legislatore non ha previsto un vicedirigente ma nessuno può negare che comunque nella realtà un “vice…qualcuno” c’è.
Nonostante la scuola abbia assunto – in forza dell’attribuzione dell’autonomia – una propria personalità giuridica, tutti i miei dirigenti hanno continuato a sentirsi presidi e nelle relazioni mi hanno riconosciuto un loro “vice”.
Ho fatto sempre una grande fatica a immedesimarmi nel mestiere di preside e siccome non me l’ha prescritto il medico, ho cercato di farlo nel modo migliore possibile.
L’ho praticato con dedizione e sempre l’ho vissuto con un certo distacco. Il mio disagio è cresciuto in modo esponenziale con la dirigenza scolastica, che tra i pochi non desideravo per vari motivi che cercherò di esporre. In nessun modo, poi, avrei cambiato un nome così bello e pregnante di significato, come quello di preside (prae-sedes, prae-sidium=chi sta davanti, chi è presidio etc) per uno dei tanti participi presenti che pretendono di diventare sostantivi…
La dirigenza, peraltro, di tipo prevalentemente amministrativo, seppur colorata con tutte le forme di retorica aziendalistica, era l’espediente che si era trovato per sfuggire al contratto unico della scuola e dare ai presidi l’agognato, meritato e giustificato riconoscimento economico per le responsabilità che erano e sono in capo al ruolo di chi dirige e rappresenta una scuola.
di Gianni Giardiello (da un intervento al convegno: “Fiorenzo Alfieri amministratore: strategie di cambiamento” – Palazzo Civico, Torino, Sala rossa, 15 dicembre 2021)
La biografia di Fiorenzo maestro è una biografia collettiva
Ho conosciuto Fiorenzo nei primi anni 60 all’Università di Torino. Lui, a 19 anni, era già insegnante di ruolo presso la scuola Nino Costa. Io, di tre anni più anziano, non avevo ancora deciso cosa fare nella vita.
A indirizzarmi dopo la laurea, nel 1964, verso il mestiere di maestro elementare, oltre che il bisogno di trovare una sistemazione stabile e retribuita, fu Fiorenzo che mi fece conoscere il Movimento di Cooperazione Educativa e mi fece vedere cosa stava facendo a scuola con i suoi 34 alunni e le tecniche della pedagogia popolare di Celestin Freinet. Con un gruppo di altri amici neo maestri torinesi era già stato al congresso annuale del MCE a Castiglioncello e aveva conosciuto e letto le esperienze straordinarie di insegnanti come Giovanna Legatti, Anna Fantini, Bruno Ciari, Mario Lodi.
Alla Facoltà di Pedagogia di Torino nell’istituto diretto da Francesco De Bartolomeis, si studiava Dewey e le scuole nuove europee. Fiorenzo, fresco di nomina alla scuola elementare Nino Costa e appena iscritto alla Facoltà, si mise a disposizione di un gruppo di lavoro sulle tecniche didattiche di C. Freinet. Quel piccolo gruppo non solò studio a fondo le tecniche, ma produsse anche dei materiali didattici fra cui un interessante schedario autocorrettivo per l’apprendimento della letto/ scrittura. Il gruppo si espanse abbastanza rapidamente al di fuori dell’Università, divenendo una realtà associativa di insegnanti innovatori e sperimentatori piuttosto importante per la città di Torino e dintorni. Alcuni incontri con i “grandi” del MCE contribuirono ad accrescere l’interesse della scuola torinese per questa nuova realtà associativa.
Un film di Jean Paul Le Chanois del 1949 documenta i primi passi del maestro Célestin Freinet in un paesino delle Alpi provenzali negli anni 20. Il film è un raro esempio del neorealismo francese, abbastanza simile a quello italiano.
Nel 1926 in un piccolo villaggio in Provenza arriva a sostituire l’anziano maestro in pensione M. Pascal, un giovane maestro che ha combattuto nella prima guerra mondiale. Come educatore l’esperienza della guerra con i milioni di morti gli ha lasciato un forte bisogno di lavorare per preparare un mondo diverso reiniziando con i bambini, che sono essi stessi un inizio. I suoi alunni però sono abituati a un metodo autoritario che subiscono passivamente. Pascal-Freinet però li sorprende cambiando radicalmente approccio e basandosi sulla motivazione e sull’ascolto. Ne utilizza così le scoperte, li conduce a compiere osservazioni nella natura, introduce un’organizzazione didattica fondata sulla ricerca, valorizzando così le capacità e gli interessi di ognuno. Riesce così a ottenere la frequenza di Albert, orfano di guerra, un ragazzo pluriripetente che spesso si assentava dalle lezioni, descrittogli dall’autorità comunale come ‘uno scansafatiche presentato tre volte alla licenza elementare, la vergogna del paese’.
Pubblichiamo con commozione questo ricordo scritto dai colleghi dell’Istituto Professionale Alberghiero “Rossini” di Agnano (NA)
La scuola è un luogo speciale, se ci sono persone che ogni giorno sanno chiedersi come dare senso alla crescita umana e culturale di giovani in formazione.
E ci sono, tra questi, insegnanti che lo sanno fare con una tale energia travolgente ed una straordinaria dedizione da essere un polo di attrazione per chiunque ci creda: alunni, colleghi, genitori.
Ci sono, poi, tra questi, persone dal cuore disponibile e dalla mente aperta, la cui “bellezza” è visibile a tutti coloro che abbiano avuto il privilegio d’incontrale.
Valeria è stata e sarà tutto questo per noi del Rossini.
Non potremmo mai ringraziarti abbastanza, per questo ci impegniamo a portare avanti il tuo esempio di forza, di generosità e soprattutto di amore per ciò che facciamo.