Reprimere, tollerare, valorizzare. A proposito del ds veneto sottoposto a procedimento disciplinare
Qualche tempo fa avevamo dato conto su questo stesso sito della vicenda di un dirigente MIUR (USR Marche) che in una nota indirizzata agli studenti in occasione della ricorrenza del 4 novembre aveva usato toni di esaltazione della guerra per ricordare i Caduti della Prima Guerra Mondiale, riprendendo, peraltro, un discorso tenuto da Mussolini il 23 marzo 1919 in cui il Duce diceva “L’adunata rivolge il suo primo saluto e il suo memore e reverente pensiero ai figli d’Italia che sono caduti per la grandezza della Patria…”; il dirigente in questione aveva scritto nella sua nota: “In questo giorno il nostro reverente pensiero va a tutti i figli d’Italia che dettero la loro vita per la Patria…”. (Dirigenza pubblica e comportamenti anomali, 7 novembre 2020).
In quell’occasione avevamo osservato che nessuno vuole coartare la creatività espressiva di un dirigente; si poneva però l’esigenza di tenere ben distinte le proprie aspirazioni “espressive” (in questo caso ideologiche) da quelle dell’istituzione, che deve essere preservata da ogni contaminazione personalistica. Aggiungevamo che se il registro comunicativo protocollare dell’istituzione viene vissuto come troppo stretto, rigido e inibente, il dirigente può dedicarsi alla scrittura letteraria, nel suo tempo libero; oppure può rimettere il suo incarico per meglio seguire la sua vena poetico-ideologica e magari fondare un movimento politico basato sul valore della guerra e della morte come aspirazione di ogni vero patriota. Inoltre segnalavamo che ciò che non è ammissibile è il coinvolgimento dell’Ufficio in panegirici dal netto sapore reazionario e fascistoide. Non ci risulta che sia stato avviato alcun procedimento disciplinare nei confronti di tale dirigente di prima fascia.
Adesso il quotidiano Repubblica del 23/12/2020 (Il preside di Vo’ sotto inchiesta disciplinare per le critiche ad Azzolina, a firma di Corrado Zunino) dà notizia di un procedimento disciplinare avviato dal MIUR nei confronti di un dirigente scolastico che avrebbe utilizzato sui social alcune espressioni considerate irriguardose nei confronti della Ministra. Ovviamente quanto stiamo per esporre si basa sulla ricostruzione fatta dal giornalista, ricostruzione che appare comunque molto documentata, astenendoci in ogni caso dall’assumere una posizione in un senso o in un altro. Il senso di questo intervento è quello di fare alcune riflessioni sul diritto della libertà di espressione e di come questo diritto va contemperato con il dovere di una leale collaborazione nei confronti dell’Amministrazione. Non va inoltre trascurato il fatto che l’avvio di un procedimento disciplinare con la produzione di una contestazione di addebiti non significa che l’interessato sia colpevole, come talvolta si legge nei social. Anzi, la procedura disciplinare, nella sua ritualità definita dalla legge, nel nostro ordinamento giuridico risponde all’esigenza di garantire il diritto alla difesa dell’incolpato attraverso l’istituto del contraddittorio e/o della produzione di memorie scritte. Sarà quindi l’UPD-Ufficio Procedimenti Disciplinari a stabilire se quanto contestato assuma rilievo disciplinare, dopo aver seguito una precisa procedura che prevede il coinvolgimento dell’interessato in fase difensiva.
Da quel che è dato capire, sono almeno tre le contestazioni che vengono mosse al DS: aver violato il principio di leale collaborazione nei confronti dell’Amministrazione (art. 14 CCNL 2006-2009: “Il dirigente … conforma la sua condotta al dovere costituzionale di servire la Repubblica con impegno e responsabilità e di rispettare i principi di buon andamento, imparzialità e trasparenza dell’attività amministrativa nonché quelli di leale collaborazione, di diligenza e fedeltà di cui agli artt. 2104 e 2105 del codice civile, anteponendo il rispetto della legge e l’interesse pubblico agli interessi privati propri ed altrui”); aver violato il Codice di comportamento dei pubblici dipendenti (DPR 16/04/2013 n. 62, presumibilmente art. 10 co 1 “Nei rapporti privati, comprese le relazioni extralavorative con pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni, il dipendente … non assume nessun altro comportamento che possa nuocere all’immagine dell’amministrazione”, e art. 13 co 9 “Il dirigente, nei limiti delle sue possibilità, evita che notizie non rispondenti al vero quanto all’organizzazione, all’attività e ai dipendenti pubblici possano diffondersi”; aver violato l’art. 26 del CCNL, che richiama gli obblighi del dirigente scolastico.
Da quanto riportato dal quotidiano le espressioni censurate, apparse sul profilo Facebook del DS, sarebbero le seguenti:
- Aver definito la Ministra Azzolina “una che ci crede, ma è debole”;
- Aver ribattuto che “questo numero non vuole dire nulla” a fronte della dichiarazione MIUR “Il numero degli studenti positivi nelle scuole è dello 0,08 per cento”;
- Aver espresso dubbi sulla decisione della Ministra di convocare trenta DS, senza un preciso criterio di rappresentatività, per raccogliere notizie e dati sulla situazione delle scuole. Il DS in questione ha postato “Esprimo perplessità su come vengono scelti questi dirigenti scolastici. Chi si ascolta? Gli amici?”;
- In un’altra occasione lo stesso DS ha scritto, sempre sui social, “”Banchi sì, banchi no, quando è che iniziamo a parlare di scuola?”.
Ribadiamo ancora una volta che ci stiamo basando su quanto riportato da Repubblica; può darsi che vi siano altre contestazioni di diverso tipo e peso. In ogni caso, qui si tratta di dirimere una questione di fondo, ossia se le espressioni usate dal DS rientrino nella sfera dei diritti di manifestazione del pensiero (art. 21 Cost), o se siano meritevoli di attenzione sul piano disciplinare in quanto considerate ingiuriose nei confronti dell’Amministrazione e dei suoi rappresentanti. Prendiamo l’espressione usata nei confronti della Ministra Azzolina (“una che ci crede, ma è debole”): a ben vedere, questa espressione sarebbe stata più offensiva, in quanto sarcastica, se il DS avesse detto “una che ci crede ed è molto forte”, se si tiene conto del contesto generale causato dalla pandemia e degli innumerevoli problemi sorti nella gestione della stessa, soprattutto in campo scolastico. Anche l’espressione usata in occasione della scelta di trenta DS per uno scambio di idee con la Ministra, (“Esprimo perplessità su come vengono scelti questi dirigenti scolastici. Chi si ascolta? Gli amici?”), appare alquanto castigata e semmai non tiene conto della facoltà discrezionale che la Ministra può usare nell’acquisire dati, informazioni, punti di vista, stati d’animo interpellando chi ritiene che le possano fornire tali informazioni.
Come si vede, tutte le espressioni riportate sopra si prestano almeno a una duplice interpretazione e la loro valenza va contestualizzate nella specifica situazione, come peraltro sempre dovrebbe avvenire in campo disciplinare. En passant, si sottolinea che proprio la scuola diretta dal DS in questione è stata scelta dal MIUR per l’inaugurazione ufficiale del corrente anno scolastico, alla presenza del Presidente della Repubblica e della stessa Ministra Azzolina. Difficile immaginare che il Ministero abbia scelto una scuola guidata da un DS facinoroso o così poco leale nei confronti dell’Amministrazione, anche se le espressioni contestate sembra siano successive a questo evento.
Più in generale, si è indotti a pensare che all’Amministrazione non siano molto gradite le critiche espresse dai propri dirigenti anche perché – aggiungiamo noi – quando ci si contorna di yes-man o yes-woman (usiamo volutamente espressioni anglofone, meno pesanti di quelle italiane…) l’angolo visuale diventa quello della piena e acritica adesione alla volontà del capo di turno, in una sorta di comportamento più realista del re/Ministro. Tutto ciò a fronte di comportamenti (comportamenti, non opinioni, come nella fattispecie) non sempre irreprensibili che molti DS mettono sovente in campo. Ci riferiamo, ad esempio, al ricorso allo smart working personale di alcuni DS anche in periodi non strettamente emergenziali che rendevano ingiustificata l’assenza dalla sede di servizio; o al fatto che molti DS si negano ad incontrare genitori degli alunni, e spesso anche gli stessi docenti, costruendo intorno a loro una cintura di sicurezza che in confronto quella del Capo dello Stato appare alquanto labile e perforabile. In tutti questi casi l’Amministrazione non ha avviato procedimenti disciplinari preferendo “gettare la spugna con gran dignità” (De Andrè). E, ripeto, qui si parla di comportamenti, non di opinioni.
(Riguardo allo smart working un giorno o l’altro bisognerà specificare il significato semantico-comportamentale che questa espressione assume nell’ambito della PA).
Ma quand’anche volessimo maturare la convinzione che quelle espressioni siano le manifestazioni espressive di un dirigente particolarmente critico nei confronti dell’operato dell’Amministrazione e dei suoi vertici, rimane il fatto che va considerato se queste espressioni siano state accompagnate da conseguenti comportamenti omissivi, scorretti o addirittura contra legem; altrimenti, ancora una volta, ci si riferisce all’ambito delle opinioni. Ma anche in questo caso, si coglie l’incapacità dell’Amministrazione di far tesoro delle voci critiche ed anzi di valorizzarle per assumere decisioni quanto più ponderate possibili. Stiamo facendo un discorso generale che prescinde dal caso specifico, ma ci sembra che ancora una volta il bisogno di trovare adesioni acritiche al proprio operato fa perdere di vista il valore vitale, ancorché defatigante, del punto di vista diverso, della critica. Eppure ogni Amministrazione sana e matura dovrebbe individuare al proprio interno quei dirigenti che si assumono il disagevole compito di andare “in direzione ostinata e contraria” (sempre De Andrè) per cercare di capire più in profondità le ragioni del dissenso e per apportare (perché no?) eventuali modifiche migliorative. Spesso ci si priva di questi contributi perché è più facile, ed anche più comodo, oltre che più narcisisticamente appagante, avere intorno collaboratori proni e ubbidienti, anche quando l’evidenza porta a dire che il re (ministro) è nudo. In fondo anche Nietzsche consigliava: “Ama i tuoi nemici perché essi tirano fuori il meglio di te.”
Se invece si vuole vietare l’espressione delle opinioni critiche dei DS verso il management politico e amministrativo del sistema scolastico italiano, la strada c’è: basta modificare il Codice di comportamento dei pubblici dipendenti (DPR 62/2013) ed inserire una esplicita postilla in tal senso. Il pensiero unico ne guadagnerebbe.