L’insegnante più accanita era irremovibile – reminescenze di Barbiana, lontane nel tempo eppur assai attuali – e protestava: “Se un compito è da quattro io gli do quattro!”; ma non capiva, poveretta, che proprio di questo era accusata, ché non c’è nulla che sia ingiusto quanto far parti eguali tra diseguali.
Don Lorenzo le aveva intuite a fondo tutte le contraddizioni di una scuola slegata dalla vita reale, frutto acerbo di programmi nozionistici o concettosi, lungi dall’esser funzionali alla cittadinanza attiva e in aperta antitesi con la realizzazione di quell’uguaglianza sostanziale auspicata dal terzo articolo del dettato costituzionale.
La scuola di Barbiana aveva poi denunciato, tra le tante incoerenze, l’aspetto discriminatorio del voto numerico, considerato uno strumento di lavoro non adeguato a una valutazione efficace e inadatto al miglioramento, volto unicamente a monopolizzare la sfera emotiva del discente, prigioniero di una prestazione da ottenere e da dimostrare.
Il voto, dunque, vexata quaestio: per anni peculiare competenza del capo d’Istituto (leggasi al riguardo il Regio Decreto n. 653 del 1925), esso assume una dimensione collegiale (dal 10, “eccellente” al 6 “voto di sufficienza”) solo con i “Decreti Delegati”, emanati in ottemperanza della Legge 30 luglio 1973, n.477.
Solo quattro anni più tardi, con la L.517, arriva una svolta di rilievo: il primo ciclo d’istruzione introduce i giudizi sintetici, sotto forma dei celebri aggettivi, dall’ottimo al non sufficiente (poi divenuti, in via transitoria, delle lettere alfabetiche nel 1993); svolta prodromica, con la fine degli anni ’80, al definitivo passaggio dalla “pagella” alla “scheda personale di valutazione”, che traduce l’andamento didattico in un giudizio personalizzato redatto in triplice copia.
Con l’avvento della Riforma Gelmini, di cui all’art. 64 della L.133/2008, e mediante la L.169/2008 ricompare – lupus in fabula – il voto in decimi nella scuola Primaria e nella scuola Secondaria di primo grado. Il ritorno al voto, figlio senza dubbio di un’idea di scuola che “insegna-istruisce” o trasmette nozioni e non di una scuola che “educa e forma” l’uomo e il cittadino (G. Adernò, 2020), viene a lungo salutato come un sensibile alleggerimento delle procedure negli scrutini intermedi e finali e, al contempo, come un segno di maggior chiarezza nelle comunicazioni scuola-famiglia a proposito di rendimento scolastico.
Tuttavia, se la valutazione sommativa risponde principalmente a due necessità, ossia descrivere ciò che il discente sa o sa fare e posizionare ogni materia di studio su un livello sintetico in base a una scala definita, nel tempo è apparso sempre più chiaro come entrambe queste finalità possano esser assolte attraverso una descrizione verbale analitica. Invece utilizzando un voto, ovvero una sequenza di aggettivi, è certamente possibile esprimere in modo più semplice il “posizionamento” delle materie di studio in una scala di riferimento, ma resta assai difficoltoso informare sulle competenze acquisite dagli studenti (Paolo Mazzoli, 2020).
Di recente, com’è noto, la valutazione periodica e finale degli apprendimenti – limitatamente alla scuola Primaria – è tornata ad esser espressa attraverso un giudizio descrittivo riportato nel documento di valutazione e riferito a differenti livelli di apprendimento, in attuazione dell’art. 1, comma 2-bis del DL 22 (convertito nella L.41/2020), evoluzione normativa poi completata dall’OM n.172 e relative Linee Guida dello scorso 4 dicembre.
Qualche giorno più tardi, in data 15 dicembre 2020, l’introduzione (o meglio, la reintroduzione) del giudizio descrittivo nella scuola Primaria è stata discussa e presentata attraverso i canali Social del Ministero dell’Istruzione, alla presenza della ministra Azzolina, della vice ministra Ascani, del capo Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione Max Bruschi e della prof.ssa Elisabetta Nigris, coordinatrice del gruppo di lavoro che ha condotto alla redazione delle sopracitate Linee Guida.
Il presupposto di fondo, vero leit motiv della riforma, è stato quello di ridisegnare un percorso valutativo completo e più vicino alle esigenze formative dei bambini, attento al raggiungimento di quegli obiettivi educativi specifici afferenti ai diversi stili d’apprendimento.
La valutazione del resto – per dirla con Max Bruschi – è uno strumento di lavoro che dà “valore” a ciò che si esamina, ma non ha una funzione sanzionatoria; è semmai orientato a quel miglioramento continuo che permette allo studente di posizionarsi al centro del processo d’insegnamento-apprendimento.
Il nuovo progetto valutativo pertanto – come Elisabetta Negris ha più volte sottolineato – dovrà precedere, accompagnare e seguire l’intero percorso d’insegnamento-apprendimento, in un’ottica formativa. Le Linee Guida, del resto, che hanno come riferimenti ideologici le Indicazioni Nazionali (di cui al D.M. 254/2012) e i vari Curricoli trasversali d’Istituto (che a loro volta esplicitano le progettazioni didattiche), si sono ascritte in questa prospettiva formativa, l’unica che permette di conoscere a fondo il percorso didattico di ogni bambino.
Nella nuova scheda di valutazione andranno inserite le varie materie d’insegnamento, quindi gli obiettivi didattici, almeno quelli strategici o più significativi (che potranno essere a loro volta compattati in nuclei tematici); dopodiché andranno inseriti i livelli d’apprendimento e i rispettivi giudizi descrittivi analitici. Gli obiettivi dovranno essere ben osservabili e, di conseguenza, facilmente descrivibili. Essi prevederanno certo i contenuti disciplinari, ma dovranno essere integrati con la descrizione del processo cognitivo che gli alunni mettono in atto per arrivare al successo formativo.
Ora, l’impianto metodologico introdotto dall’O.M. n.172, lungi dall’arenarsi in un mero e vacuo adempimento burocratico, dovrà esser accompagnato da una capillare progettazione formativa (peraltro prevista dal Ministero): la valutazione, infatti, che va sempre considerata nella sua unitarietà, è un affascinante percorso di ricerca; non può e non deve ridursi a operazione aritmetica, al contrario deve saper descrivere coscienziosamente lo sviluppo degli apprendimenti, anche in chiave metacognitiva, allo scopo di fissare quei traguardi di sviluppo che ogni studente deve mirare ad ottenere.
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA DI RIFERIMENTO
L. 517/1977 – L.148/1990 – L. 133/2008 – L.41/2020 – OM n.172/2020
Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, 1968
Paolo Mazzoni, Tra voto in decimi e giudizio, www.giuntiscuola.it del 4/12/2020
Giuseppe Adernò, Scuola Primaria, stop ai voti: tornano i giudizi, www.tecnicadellascuola.it del 21/7/2020
Mario Maviglia, Scuola Primaria: voto sì, voto no, forse, in parte…, www.giuntiscuola.it del 1/10/2020
Giancarlo Cerini, Valutazione formativa e giudizio descrittivo, per leggere gli apprendimenti, www.giuntiscuola.it del 30/9/2020