Per una pedagogia dell’autonomia. Oltre i compiti, un’altra scuola è necessaria

di Giancarlo Cavinato

La situazione della sospensione della scuola nel periodo del lockdown  se da un lato ha visto molti insegnanti impegnati alla ricerca di pratiche possibili a ‘bassa intensità tecnologica’ per promuovere esperienza, gioco mentale, mantenere forme di interazione e ascolto (cfr. il blog senzascuolawordpress.com) , dall’altro ha visto piovere nelle case già sovraccariche di problematiche schede ed esercizi (giungendo perfino  alla ‘raffinata perfidia’ di alcune situazioni in cui sono stati chiesti a insegnanti di inviare i compiti per la settimana pasquale) a seguito di lezioni trasmissive. Coniugazioni di verbi, studio di regioni, frazioni ed equivalenze… tutta una tradizione mnemonica si è riversata su alunni su cui per di più gravava il ‘sospetto’ della soluzione da parte degli adulti. E agli insegnanti l’ingiunzione di una valutazione sommativa standard applicata a una situazione del tutto nuova. Eppure proprio alcune proposte circolate (fare della casa, del nucleo familiare, dello spazio circostante luogo e sede di attività e di ricerche) andavano proprio nella direzione che Freinet ha così chiaramente delineato.

La pedagogia Freinet è una pedagogia dell’emancipazione e in quanto tale prevede precisi dispositivi che evitino assuefazione, saturazione, meccanicismo e, soprattutto, un aumento delle differenziazioni fra alunni e il conformismo (i ‘diligenti’ che svolgono regolarmente i compiti assegnati e i ‘negligenti’ che non stanno al passo). E’ emblematico l’esempio nel film ‘L’école buissonnière’ di Jean-Paul Le Chanois (1949) dell’alunno che non ricorda la data della battaglia di Azincourt ma dimostra un elevato grado di consapevolezza e di conoscenza della lunga marcia per la conquista dei diritti umani,

Freinet cercava di sviluppare nei ragazzi l’autonomia e l’autoorganizzazione attraverso le tecniche  con lo scopo che  il gruppo, attraverso un’organizzazione della classe  cooperativa, sia impegnato  in attività significative, in ricerche intorno a temi di  interesse, in laboratori. Quindi nemmeno a scuola è produttivo assegnare compiti, evitando il triangolo banale “spiegazione/studio – compito/interrogazione –  valutazione”.

Schedari autocorrettivi  e biblioteche di lavoro non sono quindi pensati in funzione di un ‘allenamento’ privo di significato ma di una messa a disposizione di un repertorio di materiali, fonti, ‘buoni modelli’ linguistici e logici per una progressiva consapevolezza di sé, una messa alla prova e un autocontrollo tali da costituire una dotazione di strumenti non chiusi in se stessi ma recuperabili in una serie di attività di ricerca, documentazione, produzione e comprensione, risoluzione di problemi della vita. Ed è la vita che deve entrare, scrive Freinet, nelle classi. Quindi gli impegni che responsabilmente  gli alunni si assumono in relazione a un piano di lavoro definito collegialmente prevedono, sì, delle attività al di fuori della scuola. Ma si rende necessario all’attività della classe- quindi di un gruppo sociale-   reperire attraverso ricerche, interviste, strumenti,  oggetti e dimostrazioni quanto può arricchire e integrare la conoscenza di argomenti su cui si sta lavorando.

Una scuola vera è una scuola dove si apprende a pensare insieme;  se le cose si fanno con piacere, si proseguiranno anche a casa: non c’è separazione netta ( un testo libero, la lettera al corrispondente, una proposta di logo per il blog della classe,…).

E’ la prosecuzione di un percorso di pensiero.

…LA SCUOLA NON PUO’ ESSERE LUOGO DI DISPERSIONE O ATROFIZZAZIONE DEL PENSIERO

Tali attività trovano il loro corrispettivo e complemento  nelle uscite nell’ambiente alla ricerca di altre testimonianze, in un interscambio costante fra scuola e ambiente.

E’ così che si possono sviluppare e affinare attività e modi diversi di apprendere, che vanno tutti ‘allenati’:

  • osservare/ ricercare, fare ipotesi /esplorare/visitare ambienti naturali, strutture produttive, musei, teatri/camminare
  • sviluppare manualità e progettualità/ costruire, inventare
  • narrare storie /collaborare/conoscere il mondo/leggere / buoni testi e lingue diverse
  • classificare insegne, spazi, costruzioni, manifesti pubblicitari, …/fare ordine/organizzare/
  • classificare oggetti, attività umane, seriare/ collezionare /leggere il territorio/
  • osservare il cielo le albe i tramonti/osservare le ombre e i movimenti del sole e le fasi lunari/
  • sperimentare forme e colori /scrivere testi diari poesie/problematizzare
  • osservare cambiamenti temporali e spaziali
  • storia personale storia familiare /storia di scoperte oggetti invenzioni eventi/ raccogliere fonti, testimonianze, intervistare

Per costruire autonomia

Le attività per stimolare la ricerca, l’espressione, la scoperta di regole, non sono “compiti”. revisione di quanto fatto in ottemperanza al piano di lavoro personale e della classe, organizzazione di esposizioni, ‘conferenze’ e, progressivamente, metodo di studio.

Il lavoro individuale

Ovviamente ci vuole anche l’esercizio e l’allenamento per consolidare delle capacità specifiche. In alternanza con la consultazione di schede di controllo è necessario periodicamente rivedere insieme il lavoro, fare una messa a punto collettiva,  perché l’alunno/a, con l’aiuto dei compagni e  dell’adulto, acquisti consapevolezza dei suoi punti di forza e del lavoro che deve ancora fare per raggiungere degli obiettivi di cui ha chiara l’importanza.

Il tempo necessario

non può essere il tempo consumistico dell’esercizio fai e chiudi (il quaderno, la scheda, la verifica)
è necessario un tempo per il pensiero, per il confronto, per il fare, per il dialogo che aiuta gli alunni/e a prendere coscienza dei loro percorsi, dei loro progressi, della strada ancora da fare.

Una scuola dei tempi lunghi

rende superflui  i compiti a casa: il tempo pieno e  le scuole aperte il pomeriggio. con biblioteche aperte e accessibili con orario lungo, in città che offrano occasioni culturali anche ai giovanissimi contro la povertà educativa.
Una scuola dai tempi lunghi che educhi a ricercare personalmente, dopo l’orario, il piacere e il bisogno della lettura, della scrittura, dell’espressione artistica; addirittura a trovare piacere in attività significative legate a percorsi scolastici, nello studio, anche nell’allenamento.

Nel rispetto del diritto al gioco e a spazi vuoti di proposte (cfr. Convenzione ONU)

Non discriminazioni

Non siamo per i compiti “assegnati”, né a scuola, né tantomeno a casa se poi ai ragazzi/e viene inflitta l’umiliazione di vederli ignorati o semplicemente corretti o valutati senza che sia dedicato al loro sforzo il giusto tempo per il confronto e la revisione.
E’ fonte di discriminazione, la pratica di assegnare compiti a casa complessi e uguali per tutti/e che qualcuno svolgerà facilmente e per qualcun altro saranno un ostacolo insormontabile: perché c’è chi è autonomo/a e chi non lo è; chi padroneggia la lingua dei compiti e chi no; chi può contare sull’aiuto di adulti competenti e chi no; chi vive dopo la scuola dentro spazi tempi e relazioni adeguate e chi no.

Quindi

  • Non compiti impossibili, non calibrati  sulle possibilità reali
  • Non compiti che si possano fare solo con aiuto esterno
  • Non compiti che siano oggetto di valutazione
  • Non compiti che uno possa fare agevolmente in 10’ mentre un altro in tempi estenuanti
  • Non compiti basati su memoria e meccanismi

Ridurre le disuguaglianze

“Rimuovere gli ostacoli” è un compito obbligatorio PER L’ADULTO. Assegnare a tutti/e compiti uguali, complessi, da svolgere in solitudine, sapendo che non tutti sono in grado di svolgerli, aumenta le distanze. Fa il contrario di quello che dovrebbe fare.

È una responsabilità gravissima.