Valutazione nella primaria: arrivano i giudizi descrittivi

di Stefano Stefanel

La valutazione nella Scuola primaria, in applicazione della legge n° 41 del 6 giugno 2020, trova oggi un suo completo indirizzo attraverso l’emanazione del Decreto Ministeriale n° 172 del 4 dicembre 2020, a cui sono state allegate le Linee guida per la formulazione dei giudizi descrittivi nella valutazione periodica e finale della scuola primaria” e la nota del Capo dipartimento Marco Bruschi (n° 2158 del 4 dicembre 2020).
A questi documenti va aggiunto il parere favorevole del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione del 2 dicembre 2020, le cui proposte correttive hanno trovato ampio spazio nei documenti emanati.

Poiché questo passaggio normativo e progettuale è molto importante ed interessante, credo sia necessario che le scuole non sottovalutino alcune questioni, che si aprono attraverso questi documenti, e non cerchino frettolosi aggiustamenti a fronte di un percorso formativo e progettuale, che i documenti sopra citati impongono. Il documento emanato il 4 dicembre è un documento che nel corso del suo iter di approvazione è mutato in alcuni punti, conservando l’interessante impianto generale. E questo già dice molto sulla delicatezza del passaggio dai voti numerici ai giudizi descrittivi nelle scuole primarie.

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Ci sono però delle cose da fare, in modo piuttosto urgente, ed è il motivo per cui intervengo oggi:

  • gli Istituti comprensivi devono coinvolgere, in questo importante passaggio formativo e normativa (il passaggio della Scuola primaria dai voti ai giudizi descrittivi “molti anni dopo”), sia le Scuole dell’infanzia, sia le Scuole secondarie di primo grado: non è possibile lasciar progettare in solitudine  uno dei tre segmenti degli Istituti comprensivi, visto che il processo di valutazione è solo una parte di quello verticale di apprendimento e non una gamba autonoma a sé stante;
  • il lavoro svolto dalle Scuola primarie deve trasmettersi anche alle Scuole secondarie di primo e secondo grado, che non possono ritenersi escluse da un processo di valutazione che per 8 anni nella vita di uno studente (Scuola dell’infanzia e Scuola primaria) avviene senza voti;
  • le scuole devono evitare di collegare la valutazione descrittiva finale degli apprendimenti a valutazioni informali o formali numeriche in corso d’anno scolastico.

ALCUNI PERICOLI

L’impostazione data alla valutazione della Scuola primaria dai documenti ministeriali contiene anche dei grossi rischi, laddove la sua applicazione sarà meccanica e non progettualmente definita. Il primo è quello di trasferire la scala numerica precedente in una nuova scala dello stesso tipo, anche se letterale. Nella scuola primaria finora si usavano, di fatto, solo cinque voti: 6,7,8,9,10.

Il rischio, evidente, è di trasformare i numeri in parole:

Un altro rischio è quello che nasce dalla richiesta di valutare tutte le discipline previste dalla Indicazioni  Nazionali, continuando nella strada della secondarizzazione della scuola primaria, purtroppo in atto in molte Scuole primarie del sistema scolastico nazionale.  Credo che questa avrebbe potuto essere la volta per mettere a sistema anche una possibilità esplicita di valutare per aree e non per discipline. Leggendo i documenti ministeriali, ma anche il DPR 275/99 e le Indicazioni Nazionali, a mio parere, questa possibilità c’è già ora. Ma credo sia troppo implicita e fortemente legata alla forza progettuale degli Istituti comprensivi, spesso più favorevoli a ricevere ordini precisi, piuttosto che Linee di indirizzo.

Credo, inoltre, che alcune discipline meriterebbero valutazioni scollegate dal livello di apprendimento. Faccio solo un paio di brevi esempi:


LO SPAZIO LUNGO DELLA RIFLESSIONE

I documenti ministeriali nell’ambito del processo di valutazione degli apprendimenti, del comportamento e dell’educazione civica, richiedono alle Scuole primarie una riflessione molto profonda, che deve essere ampliata con i contributi delle Scuole dell’infanzia e delle Scuole secondarie (di primo e secondo grado). Credo,ad esempio, che nelle Scuole del secondo ciclo ci sia un forte deficit di competenze valutative attraverso un utilizzo spesso molto autoreferenziale e poco scientifico di misurazioni di prodotti troppe volte privi di valore probante (compiti in classe e interrogazioni).

Sarà compito, però, degli Istituti comprensivi coinvolgere nella riflessione tutto il sistema dell’istruzione, collegando la valutazione degli apprendimenti nel quinquennio cruciale della crescita formativa e culturale di una persona con procedure virtuose che legano l’euristica della ricerca alla chiarezza della progettazione.

I documenti ministeriali non possono essere semplicemente applicati, ma devono trovare spazio di riflessione, laddove tre saranno i soggetti che devono riflettere:

  • il dirigente scolastico che deve guidare il processo di formazione e il progetto della scuola che dirige;
  • il docente di scuola primaria che deve comprendere le gradi innovazioni introdotte;
  • il collegio docenti (dell’Istituto comprensivo) che deve collegare i tre ordinamenti di cui è composto in un unico progetto verticale di valutazione.

Solo la forza progettuale degli Istituti comprensivi potrà aprire gli spazi necessari a penetrare il secondo ciclo dell’istruzione e a scardinare quello che spesso diventa un coacervo di misurazioni atte a produrre soprattutto dispersione.

Importante è anche che lo spazio che verrà dedicato alla ricerca, alla valutazione, all’innovazione sia uno spazio aperto a cui vengono concessi tempi lunghi. Un errore non da poco sarebbe quello di  approvare in fretta e furia nuovi documenti e integrazioni al PTOF e poi lasciare tutto fermo per i prossimi dieci anni, trasformando l’azione di giudizio in una nuova docimologia “narrativa”.

La ricerca azione, il confronto con le famiglie, l’integrazione verticale di sistemi di valutazione molto diversi tra loro (Scuola dell’infanzia: osservazione e certificazione; Scuola primaria: osservazione e valutazione; Scuola secondaria di primo grado: misurazione disciplinare e valutazione docimologica) richiedono molto tempo e possibilità di agire per prove ed errore e per scambi culturali. Fermarsi alla forma porta ai rischi di secondarizzazione di cui ho parlato sopra e ciò costituisce l’elemento più pericoloso per la crescita dei nostri studenti, che devono partire da campi d’esperienza per arrivare alle discipline e alle specializzazioni dopo un lungo periodo di studio primario.

Credo sarebbe importante nascesse una fase formativa in cui le Scuole del secondo ciclo apprendessero veramente la complessità degli Istituti comprensivi e le che gli Istituti comprensivi studiassero Le linee guida degli Istituti tecnici e professionali e le Indicazioni Nazionali dei Licei, al fine di comprendere come la nuova organizzazione dell’esame di stato del secondo ciclo (e spero anche del primo ciclo con una trasformazione del vecchio esame con 6 prove in pochi giorni in un’unica prova così come avvenuto nel giugno di quest’anno) sia molto vicina ai documenti appena emanati sulla valutazione nelle scuole primarie.

La valutazione non è una gamba a sé stante della scuola, ma solo un elemento fondamentale che concorre alla crescita dell’albero dell’apprendimento. In tutto questo bisogna agire personalizzando i percorsi di apprendimento, ma anche comprendendo in che modo legare la personalizzazione alla cittadinanza che le scuole primarie devono garantire a tutti gli studenti. E qui sarebbe bello nascesse un legame tra Scuola primaria e Istituti professionali sul concetto di personalizzazione dei percorsi di apprendimento.

Ci sono rischi e opportunità: è il momento di riflettere non di applicare.