Vivo ad oggi emozioni contrastanti.
L’arricchimento di un anno passato a svolgere il lavoro che considererei il più bello del mondo e la tristezza di averlo concluso.
Sì perché l’emozione che si prova a cominciare un nuovo percorso è fondamentale per la propria crescita personale e quando quest’ultimo si conclude temporaneamente, ci si guarda indietro ponendoci domande e comprendendo che cosa ha veramente segnato nel nostro cuore, arricchendo così il nostro bagaglio di esperienze.
Sicuramente dopo cinque anni di un percorso di studio molto impegnativo, è stato per me possibile mettere a frutto ciò per cui mi ero preparata da tempo. Sento spesso pareri contrastanti, chi vede in noi “giovani insegnanti” delle persone come tutta teoria e niente pratica o come una risorsa con cui poter scambiare e arricchirsi reciprocamente.
Una cosa è certa, spesso ho vissuto nella consapevolezza che intorno all’idea di insegnare si pensi alla “semplicità” di questa professione, con l’idea generale che “tutti possano farlo”. Dietro invece alla reale complessità di questo lavoro, mi sono chiesta più volte durante il mio percorso quali fossero le caratteristiche che un’insegnante deve possedere per far fronte con professionalità al suo lavoro. La risposta che ancora oggi mi do è la “formazione, flessibilità e scambio”.
Ripensando a tutto il mio percorso universitario e a tutte le richieste a cui ho dovuto far fronte, mi sono spesso domandata come avrei potuto fruirne a livello pratico. La risposta in questo anno scolastico è stata che certamente alcuni aspetti si possono maturare soltanto sul campo, ma la forma mentis con cui ci si approccia a questa professione in seguito ad un percorso di formazione è totalmente diversa.
Da esso si creano le fondamenta per reagire alla complessità della scuola e alle richieste implicite che essa pone. La determinante capacità di progettazione diventa essenza per affrontare e delineare un percorso di apprendimento caratterizzato da una molteplicità di identità all’interno di un contesto che si va a conoscere gradualmente.
Allo stesso tempo è necessario essere capaci di reagire ai cambiamenti repentini e accogliere le sfide insite ad ogni situazione. La bellezza di questo lavoro è che non vi è mai un punto di arrivo, ma eventualmente un punto di partenza da cui apprendere ed essere stimolati. Ricordo ancora i primi anni di studio quando alcuni professori affermavano che avessimo scelto un lavoro in cui “non si smette mai di studiare ed imparare”.
Ad oggi ne ho avuto la conferma e non solo perché prima di arrivare ad una stabilità è necessario un grande sforzo di studio e di impegno, ma perché le situazioni che in essa si presentano diventano un’importante occasione di crescita personale e professionale. La scuola è vita, da essa è possibile imparare cose che mai ci saremmo immaginati nel nostro cammino e spesso diventa utile rileggere con criticità le proprie esperienze.
Fare un passo indietro, distaccarci dalla frenesia degli eventi, ci permette di riflettere in che cosa avremmo potuto dare di più, ma soprattutto i mezzi per raggiungere nuovi traguardi e obiettivi. A tal proposito la scuola propone un’ampia gamma di modalità per venire incontro a questa esigenza. Esistono webinar gratuiti che possono essere comodamente fruiti dalle proprie case, corsi in presenza, ma soprattutto una letteratura talmente ricca che ci porta talvolta al dubbio della scelta.
Insomma questa è la realtà dei fatti, le esperienze portano con sé ricchezza, cambiamenti e nuovi stimoli tanto da approcciarci alla vita in generale con una nuova essenza e consapevolezza. Ogni bambino e ogni situazione arricchisce nella nostra anima nuove certezze e nuove sfide a cui far fronte. Ecco, questa è la vera sfida dell’insegnamento, non smettere mai di imparare.