Archivio mensile:Aprile 2020

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Bambini e dottori dopo il Coronavirus

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io_noidi Raffaele Iosa

Una previsione facile per la fase 3 del corona virus.
Ci saranno dottori strizzacervelli allupati pronti a vendere per i bambini diagnosi invalidanti e terapie consolatorie e disabilitanti. Avremo ricerche su neuroni specchio intimiditi dal confinamento in casa.
E scoperte genetiche di qualche combinazione nel DNA che diagnosticherà la noia biologica.
E teorie epigenetiche per cui il coronavirus avrebbe modificato il fenotipo dei bambini. Vedrete quante certificazioni da “stress post traumatico” arriveranno. Proprio ai bambini, che invece hanno una resilienza ben migliore di noi grandi. Bambini che sanno distrarsi e giocare con poco. A fronte di genitori narcisi che si attenderebbero dai piccoli manie adultistiche. Ci saranno miracolosi “farmaci del rientro”.
Ci vuole invece l’ I CARE don milaniano (prendersi cura) educativo e non il TO CURE medicale. Vedrete che ci saranno 5 deputati (uno di sinistra, uno di destra, un altro di centro e due di sopra e di sotto) che proporranno una legge per “tutelare” con dispense e compense a gogò bambini affetti da DCC (disturbo da casa chiusa).
Genitori ansiosi a frotte per avere la cartina medica giusta dal titolo “meglio un po’ malato che bocciato”.
Liberiamo i bambini da questi vicini pericoli. Liberi di star bene, di star male, di star così così.

Didattica a distanza. Tecnologie digitali e cambiamenti della Scuola

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rete_numeridi Cosimo Quero

L’emergenza Covid 19 sta determinando la continuazione degli studi a distanza, con le nuove tecnologie che consentono le attività scolastiche, limitandone i danni di una sospensione prolungata.

Progressivamente, in Italia, le scuole adottano la didattica online; in tal modo si vanno evidenziando   le carenze di strumentazioni tecnologiche inadeguate o mancanti in numerose istituzioni scolastiche.

E’ necessario, in questa fase emergenziale e, soprattutto per il futuro post coronavirus, una riflessione profonda sui vantaggi e sui pericoli della utilizzazione delle tecnologie digitali, nonché sui profondi cambiamenti da apportare alla didattica “in presenza” e alla organizzazione dell’insegnamento.
Occorrerà riflettere sui tempi di funzionamento della scuola; sui pericoli derivanti da una iperutilizzazione dei mass-media; sulle innovazioni profonde da introdurre nella medesima “didattica in presenza”.
E’ necessario che la Scuola Italiana risolva il problema delle differenti “velocità formative” del sistema (dispersione e ritardi nella formazione) tra il Nord e il Sud e nelle zone periferiche e povere delle grandi città.

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Per liberare i bambini dal confinamento serve la “scuola in comune” (sostantivo avverbio aggettivo)

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spiraledi Raffaele Iosa

E’ sconcertante che per la progettazione della fase 2 e anche 3 le cosiddette “commissioni nazionali” non abbiano al loro interno competenze ed un punto di vista attivo sul ritorno dei bambini e dei ragazzi alla vita sociale, e non solo a quella scolastica. Come se il tema fosse solo materia da ministeriali, a settembre. Cioè il passare dal chiuso delle case al chiuso delle aule. E gli enti locali?

Insomma l’agenda sul futuro dei bambini non c’è. Viene lasciata ai genitori e al rischio di un assistenzialismo da 100 euro al mese per la babysitter.
Ma non funziona così, perché la scuola è parte significativa della vita non solo dei bambini, ma delle città e la sua chiusura protratta rischia di aumentare divari sociali e diseguaglianze.
Si deve quindi riflettere su cosa accadrà nelle nostre comunità civiche se le fasi 2 e 3 del dopo-coronavirus non saranno lette assieme alle esigenze dei bambini in tutte le opportunità di vita, tema che verrà aggravato dal probabile (e auspicato) ritorno dei genitori al lavoro.

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La Fase 2 dell’emergenza dimentica i bambini?

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spiraledi Raffaele Iosa

Riprendo qui una giustissima critica che l’amico Stefano Stefanel ha sollevato ieri sulla sua pagina FB sul fatto che nella “Commissione Corrao” sulla programmazione del rientro alla vita pubblica nella cosiddetta Fase 2 non sia presente nessuno che si occupi dei bambini, dei loro diritti di crescere in libertà, del rientro a scuola e/o alla vita di relazione quando e come.

E’ bizzarro, d’altra parte che si pensi a pianificare (con regole sicure) il rientro al lavoro dei genitori e non di come saranno seguiti i loro figli se ancora confinati in casa.
Non parlo qui di una specie di guardianìa o babysitteraggio di massa per supplire i genitori al lavoro. Parlo di qualcosa di più serio e importante: esistono le condizioni o almeno un ragionamento su come offrire ai bambini (soprattutto ai piccoli da 1 a 11 anni) opportunità di rientro alla vita sociale “da bambini” prima che da figli il più presto possibile, con tutte le condizioni garantite di protezione?

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La scuola riparte (anche) fuori dalle mura

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spiraledi  Laura Biancato, Amanda Ferrario, Antonio Fini,
Alessandra Rucci – 
dirigenti scolastici

Nella previsione che gli effetti dell’emergenza Covid-19 impongano un distanziamento sociale che si protrarrà per diversi mesi ancora, incombe sull’anno scolastico 2020 – 2021 l’ipotesi di una riapertura graduale e/o limitata, nel rispetto delle norme di prevenzione.

Gli scenari che si aprono sono difficilmente compatibili con l’organizzazione consolidata delle normali attività scolastiche (gestione degli spazi, dei tempi quotidiani e settimanali, mobilità degli studenti…).

Il diritto allo studio dovrà quindi essere garantito mettendo in piedi modalità alternative alle usuali attività didattiche in presenza e privilegiando un sistema “misto” (a distanza / in presenza), che garantisca il rispetto del distanziamento sociale e dell’uso dei dispositivi individuali di sicurezza.
L’effetto non può che essere un ripensamento sostanziale dei paradigmi ai quali siamo abituati da decenni.

1 – La Didattica a Distanza nell’emergenza Covid-19.

In questi mesi di isolamento, la Didattica A Distanza (DAD) si è rivelata una soluzione di emergenza all’improvvisa sospensione delle attività didattiche in presenza.
Avviata con fatica o con rapidità, ben sostenuta da decisioni collegiali o improvvisata, sorretta da linee guida d’Istituto o frammentaria, la DAD non ha avuto nelle scuole italiane una qualità omogenea, forse impossibile da pretendere.

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Perchè il piano della Ministra per settembre non può funzionare

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arcobaleno
di Rodolfo Marchisio

Dopo un primo intervento relativo alla fase 1 “Fate quello che potete e che oggi è prioritario” ho deciso di tacere, perché nella seconda fase densa di fatica, ricerca, dubbi da parte dei colleghi, più pareri e consigli non sarebbero stati uguali a più conoscenze.

Era secondo me il momento di cercare di dare un senso, suggerire una direzione ai colleghi e lasciare che con l’aiuto di quelli più esperti o di pochi affidabili esperti esterni (non interessati a venderti una piattaforma) trovassero la loro strada.
Convinto che nella eterogeneità delle scuole (livelli, ambienti, problematiche, competenze, strumenti…) e dei docenti (stili di insegnamento) o delle famiglie (competenze e possibilità) e nella assenza di una soluzione migliore di altre anche teorica fosse bene che ogni scuola scegliesse, mediando, quella più adatta alla sua situazione.
Più contestualizzata e possibile. Possibile per i docenti, per le famiglie e per i ragazzi.

Adesso siamo al passaggio dalla fase 2 alla 3.
Cosa abbiamo imparato e cosa faremo il prossimo anno? Esistono alcuni studi (Mi, Invalsi, CIDI etc…) e molti pareri cui fare, con cautela, riferimento.

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Valutare è necessario, ma c’è modo e modo

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abcdi Giancarlo Cavinato

Il tema della valutazione è cruciale. Ed è cruciale il perché della valutazione.
Sottende un’idea di insegnante, di scuola, di società.
La valutazione, pur espressa in modi e forme diversi, é comune a tutte le scuole.
La valutazione è necessaria? Una scuola può non valutare?
Si può tranquillamente rispondere che la valutazione non è solo necessaria, ma che non è pensabile una scuola che non valuti. Ma c’é modo e modo, finalità e finalità, criteri e criteri.

Quando si cominciano a porre e porsi domande di tipo:
-Chi valutare?
-Cosa valutare?
-Come valutare?
-Perché valutare?
subito cominciano le differenziazioni.

Il valutare non è un fatto semplice e i fini, le modalità, le tecniche della valutazione non sono così definiti da non lasciare margini di dubbio e incertezza. [1]
Risale agli anni 70 la critica pedagogica e politica a una scuola selettiva che respingeva ed emarginava gli alunni più ‘lontani’ dal tipo di cultura che essa intendeva trasmettere. Colpevolizzando sempre e solo l’alunno e mai mettendo in conto le eventuali carenze dell’istituzione (assenza di strutture e risorse adeguate, povertà di strumenti didattici, brevità dei tempi di lavoro, carente formazione degli insegnanti). Una scuola che valuta l’alunno ma non valuta se stessa.
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