Come si sentono i miei figli in questi giorni?

rete_numeriA cura di Ilaria Pollono

“E come Le sembra che stia Anna in questi giorni (primogenita di 7 anni)?”
“Mi sembra serena, giochiamo, facciamo tante cose insieme, le maestre ci mandano le video lezioni (pausa)   … Beh, in realtà,  da qualche settimana mi sembra più svogliata, ha iniziato a “sognare brutto” di notte e, in generale,  la vedo molto irrequieta.”
“E lei, come sta? Lavorare in casa, seguire Anna e Luca con la scuola, suo marito è medico. Dev’essere difficile.”
“Tutto sommato sto bene (pausa)  Beh, insomma… (commozione). In realtà sono disorientata, a volte mi sembra di non concludere niente. Adesso che ci penso mi sento smarrita e sono stufa di questa situazione!”

Durante questo primo mese di vita in casa abbiamo spesso parlato con molti genitori come la mamma di Anna e Luca. Genitori amorevoli che hanno messo in campo tutte le risorse possibili per accompagnare i figli in questo drastico e repentino cambiamento.  Genitori che, impegnati a riorganizzare la loro vita (familiare, professionale, personale), hanno impiegato molte energie nell’aiutare i figli a riorganizzarsi, nel tentativo di adattarsi a questo nuovo, seppur temporaneo, stile di vita.

Dialogando con i genitori al telefono, in video chiamata o in video call di gruppo, emerge un denominatore comune legato alla difficoltà di comprendere realmente lo stato d’animo dei figli. Impresa già abitualmente ardua, ma in questi giorni ancor più complessa.

Difficile immaginare come si sentano i figli, in un momento in cui anche per i genitori è difficile ascoltarsi.

In questo spazio temporale quasi “sospeso”,  i genitori spesso raccontano di non avere avuto il tempo di riflettere su come si sentono.
Eppure, sapersi riorganizzare, riuscire a condividere momenti piacevoli con compagni e figli, essere in grado di stare bene in una nuova dimensione esistenziale, non preserva dall’angoscia di questo momento.
Dal timore che tutto possa non andare necessariamente bene. Da molti punti di vista.
Primo tra tutti quello sanitario: sconfiggeremo il Covid ?;  poi quello lavorativo: sarò in grado di adattarmi a questo nuovo modo di lavorare?; quello economico: quanto durerà questa situazione e quali ricadute economiche avrà?; quello sociale: quando potrò ri-contattarmi con le persone, con il mondo?; quello personale: sarò in grado di superare questo momento?; e non da ultimo, quello genitoriale: riuscirò a sostenere i miei figli in questo significativo passaggio della loro crescita?

Fermiamoci qui. Perché non abbiamo una risposta, ma certamente possiamo formulare buone domande che ci possano guidare il più possibile verso i figli, verso il loro stato d’animo, verso il loro modo di vivere questo cambiamento, nel tentativo di adattarsi ad una situazione che tornerà a cambiare nuovamente.
Difficile immaginare per un bambino di 4 anni cosa significhi non relazionarsi più con i coetanei e con le figure educative di riferimento, non poter correre più liberamente in un parco.
Così come è difficile spiegare ad un bambino di 2 anni che non si può uscire dalla porta di casa quando si abita in un palazzo senza balcone né cortile.
Difficile immaginare le sensazioni di un bambino di 8 anni che si allenava tre volte alla settimana e che ha interrotto improvvisamente le sue relazioni sociali.

E ancora, come si sente un adolescente (animale sociale per definizione) alla ricerca di sé, tra le mura domestiche? Un paradosso.
Forse non  resta che domandarsi realmente come si sta. Farlo ogni giorno. Avvicinandosi. E chiedendo loro come li fa sentire questa nuova situazione. Accogliendo tutto ciò che loro portano, avendo cura di non sdrammatizzare, di non cercare di “placcare d’oro” ciò che provoca malessere (tristezza, rabbia, noia, irritabilità…) .
Accogliendo. Facendosi sentire vicini a quel loro stato d’animo. Esserci, anche senza commentare. Per poi infondere fiducia.

Come ha fatto la mamma di Anna qualche giorno dopo aver riflettuto sul suo malessere:
“Lo so che anche se sei contenta di stare a casa da scuola insieme a noi a volte ti senti spaventata Anna.  A volte ti vedo triste, lo so che ti mancano i tuoi compagni. Certi giorni sono più difficili di altri, lo so anche per i grandi è così. Per questo a volte in questi giorni ci scontriamo anche! Troveremo il modo per affrontare anche questo momento Anna, vedrai” (abbraccio).

Stare accanto all’emozione dei figli. Quando si ha l’energia e la disponibilità per farlo. Accoglierla senza giudicarla, senza “abbellirla” o “aggiustarla”. Un esercizio difficile [perché assistere al malessere dei figli è difficile!], ma non impossibile, se rinunciamo a voler necessariamente migliorare le cose in quel preciso momento.
Le cose si migliorano con il tempo. Passo a passo, ascoltandosi e accogliendosi a vicenda. Quando si sente di avere l’energia per farlo.




Fare scuola nell’emergenza e oltre

arcobalenoIn un ampio documento del Forum per l’educazione e per la scuola del Piemonte si fa un’accurata analisi della situazione emergenziale in cui le scuole si trovano da poco meno di due mesi.
Il documento è sottoscritto dalle diverse associazioni che fanno parte del Forum (tra le altre Aimc, Cidi, Mce e Uciim) e si articola in tre capitoli.
Nel primo si sintetizzano in sette punti le indicazioni pedagogiche e di politica scolastica utili soprattutto nel confronto positivamente avviato dalle associazioni con le proposte e le indicazioni espresse dall’Amministrazione scolastica e dal Ministero dell’Istruzione.
Nel secondo si mettono in luce i problemi e le criticità della scelta di fare scuola, pur in questa convulsa fase emergenziale.
Nel terzo vengono infine raccolte le indicazioni pedagogiche e didattiche, frutto delle esperienze e riflessioni di molti dirigenti, insegnanti, ma anche studenti e genitori, utili per tentare di produrre qualche risultato positivo attraverso il fare scuola “a distanza”.

Il documento completo è disponibile qui

Un’analisi critica del documento, curata da Marco Guastavigna, è disponibile nel sito Concetti Contrastivi

 




Chi c’è dietro la ministra Azzolina ?

matitadi Aristarco Ammazzacaffè

Certamente l’aver avuto come predecessore un Bussetti Marco è per la Ministra Azzolina una bella sfida, molto difficile da vincere.

Un ministro, il Bussetti, che era riuscito a farsi un nome molto apprezzato in giro e zone limitrofe.
Anche perché aveva conoscenze ampie e alte.
Adesso c’è, tra gli scolastici, chi si vanta di conoscere in profondità Piaget o Riccardo Massa, piuttosto che Morin o Bruner. Il nostro, da par suo, si vantava di conoscere e addirittura frequentare – quando glielo permettevano – nientemeno che Giorgetti e Salvini, suoi ispiratori e numi protettori. Che l’hanno addirittura fatto ministro come Giovanni Giolitti Benedetto Croce. Siamo lì. Questo è il livello di riferimento.
E che l’hanno fatto ministro soprattutto per la sua presa ferma alle parallele (il nostro nasce ‘ginnico’).
Ma anche per il suo fascino, a vederlo così. Avete presente i suoi occhi penetranti, come il suo pensiero? Voleva addirittura fare una riforma della scuola con Salvini e intestarla a sé medesimo. Ricordate? E considerava priorità indiscutibili mettere il grembiule a tutti i bimbi di elementari e medie, come anche installare sistemi di sorveglianza nelle scuole e controlli biometrici per i DS! Pensate!

Uno si sarebbe accontentato di idee, tipo, non so: portare a soluzione il problema del precariato e dell’edilizia scolastica, qualificare gli ambienti delle scuole, formare il personale. Dove tra l’altro avevano fallito i di lui predecessori. No. Lui volava alto. E lo si capiva anche dal suo sorriso. Un sorriso permanente e strutturale; che uno non sapeva mai cosa ci fosse dietro. O anche davanti. Mah! I geni: non sapremo mai di che sostanza siano fatti. Ahinoi!

Tanto che ancora oggi in molti si chiedono: ma il Bussetti Marco ora dove sarà? E pensieri, parole, opere ed opinioni che sono stati suoi, che fine hanno fatto? C’è chi dice che ora lavori a Milano. Ma non ci sono conferme. Leggenda metropolitana?
Qualcuno racconta di averlo visto di notte in viale Trastevere di fronte al ministero e guardare intensamente la finestra del suo ufficio da ministro; pensando forse alle tante cose che avrebbe potuto regalare alla scuola italiana e che la miopia della storia e l’invidia degli uomini gli hanno impedito. È questo il pensiero ricorrente che pare lo assilli adesso. Dicono i suoi intimi.

Ora capite perché la nostra giovine ministra, con questo precedente, non si sbilancia, né si espone, parla e non dice e quando dice, disdice.
La vera ragione – sembra lo pensi anche Recalcati, citando Freud e Jung – è che ha paura del confronto col Bussetti Marco.

Prendete per esempio la questione della valutazione finale degli studenti per questo disgraziatissimo anno scolastico.
Saggia, ovvio, la decisione (brava Ministra! Apprezzamento sincero), vista l’emergenza della pandemia, di ammettere tutti gli studenti alla classe successiva (e di prevedere recuperi al rientro).
Ma sulla valutazione, un sussulto.
– No, s’impunta la Ministra – Il voto c’è e guai a chi lo tocca – Sembra abbia detto a voce alta (Corriere.it del 17 aprile), pensando forse a Carlo Magno e alla sua corona (così almeno la leggenda).
E neanche – ha aggiunto – si pensi al sei politico.
A cui in verità nessuno aveva accennato e neanche pensato.
– Il voto è voto. E se è quattro è quattro. E se è cinque, cinque. O anche otto se otto. Chiaro? Certo sul due o tre o addirittura su uno, avrei qualche dubbio. Comunque creerò su questo una mia task force, come fa Conte, che ne ha addirittura 12. Beato lui! Ribadisco: La scuola è una cosa seria! – ripete, ferma e decisa. Quasi ispirata.

Tanto che qualcuno ha pensato: Chi mai ci sarà dietro? Che le sia apparso Bussetti, e la di lui saggezza e competenza l’abbiano illuminata? Su questo non ci sono fonti ufficiali e fondate per confermarlo. Però… Comunque non sarebbe una fake news – si giura in giro.
Il fatto è che lei la pensa proprio così – se proprio così pensa – E non si sa neanche perché e per come.

Soprattutto per come – confermano i suoi consiglieri convinti (ma solo alcuni) – che questo modo di pensare la valutazione è un’offesa proprio ad una valutazione sensata (che spiega, cioè, e motiva. E così educa – (a volerci inserire anche noi in questo discorso e fare la nostra figura).

Ma lei no.
“È il voto che garantisce – sembra abbia detto in un impeto ispirato (da Bussetti Marco?) – quella serietà e quel rigore che soli potranno salvare la nostra scuola. E vincere anche il Covid 19”.
Così disse. Si dice.
E, a questo punto, solo una domanda: – Ma, Ministra, ci si salva e si vince anche senza Padre Pio e San Gennaro (con rispetto parlando)? –

Qualche rispettoso dubbio.

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Il COVID19 non infetta i bambini, lo dice uno studio sul caso di Vò Euganeo

rete_numeridi Raffaele Iosa

Continuo la mia ricerca sul rapporto tra Corona Virus e bambini. In un post FB di ieri ho parlato della giornalista scientifica Roberta Villa che citava la ricerca del prof. Grisanti su Vo’ Euganeo, l’unica oggi presente in Italia a tappeto su un’intera popolazione.
Ho letto attentamente sulla piattaforma medrxiv il preprint della ricerca del prof. Grisanti Università di Padova (in inglese) contenente anche il Metodo utilizzato e i risultati.
Per chi voglia approfondire rinvio a quel testo. La ricerca dimostrerebbe che difficilmente coronavirus entra nei bambini, e nel caso di Vo’ nessun bambino era infetto!
Grisanti, che è scienziato serio, fa alcune ipotesi di questa situazione di non-contagio, e suggerisce di approfondire questo fenomeno con ulteriori ricerche.
Che pare non interessare la pubblica opinione, il Governo e il Ministero. Quindi scuole chiuse e basta. E da settembre allo studio regole severe di comportamento, quasi da riformatorio.
Fino alla ripresa della DAD magari in alternanza. La scuola del ping pong. Mah!

Riflettiamo, però: se è vero che il Corona virus non solo fa poco male ai bambini ma rarissimamente entra dentro di loro, vuol dire che il rischio che a scuola o incontrandosi si possano “contagiare” reciprocamente e infettare gli adulti è bassissimo, e a Vò Euganeo nullo.
Se lo studio di Grisanti fosse confermato da altre ricerche (ho già parlato di quelle cinesi), potremmo dire che la chiusura delle scuole si fa per gli adulti e non per i bambini.
Cioè per quella marea di genitori e nonni che li portano a scuola e per le insegnanti.
Ma il rischio contagio è questione di relazioni tra adulti non tra bambini e non tra adulti e bambini.
E qui non capisco l’Italia.
Si fa di tutto per far tornare gli adulti al lavoro, si studiano regole di contenimento e di diradamento, ed è più che giusto e necessario. Ma i bambini?  Scomparsi.
Tutti a settembre con regole carcerarie e di diradamento ansioso, cancellato il problema dell’ estate dei bambini. Qualche assessore sta pensando a riaprire i CRE, ma non pensa che anche la scuola è una risorsa e si potrebbero fare iniziative educative insieme, sotto gli alberi d’estate, anche volontarie, in una logica di sistema integrato, perché i bambini possano almeno ri-allacciare i rapporti e un po’ ripristinare la relazione educativa che pare la più bella esperienza e scoperta della didattica della vicinanza di questi mesi.
Dirò di più: forse, almeno per i bambini fino a 10 anni (a seguire Crisanti) potremmo da settembre preoccuparci meno dell’ingegneria dei piccoli gruppetti e perfino dell’alternanza tra scuola in situazione e a distanza.
La DAD è cosa interessante, è stata sostituiva per questi mesi, ma deve diventare parte organica della vita di classe come una delle attività di tutta la didattica. Non un po’ qua e un po’ là.
La ricerca–guida di Grisanti va ripetuta in altri luoghi. Non possiamo arrenderci a questa rassegnazione (un po’ cinica) che non c’è niente da fare e tutti a settembre con metodi da internato.
Se il problema sono gli adulti che portano a scuola i bambini bastano regole severe per loro, come si fa per chi va a lavorare. E ovviamente grande cura alle maestre e al personale ATA, con continui controlli preventivi.
Insomma lavoriamoci con coraggio. Vedo invece che dal Ministero non verrà nulla.
Per questo non posso tacere. Per approfndire la conoscenza dello sudio Grisanti su Vò Euganeo allego qui l’articolo,  ripreso dalla rivista online www.wired.it.
Chi vuole piò leggere qui il preprint delllo studio Grisanti su Vo’ Euganeo

Ecco cosa dice lo studio di Vo’ Euganeo sul coronavirus e i bambini

Dalla ricerca sulla popolazione del comune veneto è emerso che il 43% delle persone positive al coronavirus sono asintomatiche e che i bambini fino a 10 anni sono tutti negativi, nonostante la convivenza con adulti infetti.

Finalmente disponibile in preprint sulla piattaforma medrxiv l’ormai noto studio su Vo’ Euganeo, la località veneta in cui il 21 febbraio scorso si è verificato il primo decesso per coronavirus Sars-Cov-2 in Italia. Perché ci interessa così tanto? A parte il fatto che sembra che siano stati i suoi dati preliminari – e il parere del virologo Andrea Crisanti dell’Università di Padova, coordinatore della ricerca – a guidare l’intera strategia veneta (quella che nelle regioni più colpite del Nord ha avuto i risultati migliori), l’indagine permette di conoscere meglio il nuovo coronavirus e quindi di ragionare sulle modalità più efficaci per contrastare la sua diffusione nelle fasi successive della pandemia. Ecco dunque cosa dice lo studio.

 I risultati principali

I ricercatori hanno raccolto tamponi orofaringei della popolazione di Vo’ Euganeo in due momenti distinti: la prima tranche nelle ore successive all’imposizione della zona rossa con la quarantena obbligatorio per gli abitanti nelle due settimane successive, la seconda al termine del lockdown. In totale, dunque sono stati testati rispettivamente l’85,9% (2.812 tamponi) e il 71,5% (2.342 temponi) della popolazione.

L’analisi della prima campionatura ha riscontrato 73 tamponi positivi, che corrispondono a una prevalenza dell’infezione (cioè il numero di positivi sul totale della popolazione esposta in un dato momento) del 2,6%. Da sottolineare che 30 delle persone risultate positive si sono ri\velate asintomatiche e non hanno mai sviluppato sintomi di Covid-19.
Alla seconda campionatura la prevalenza è risultata essere del 1,2%, con 29 tamponi positivi, di cui 8 nuovi casi13 persone su 29 erano asintomatiche.

Un dato di particolare rilievo: i bambini non sono infetti

Questo è emersodalla tamponatura dei bambini tra 0 e 10 anni: su 234 nessuno di loro è risultato positivo al virus, nonostante alcuni (13) vivessero a stretto contatto con adulti con infezione attiva. Una spiegazione al momento non c’è e gli autori auspicano che vengano intraprese indagini in merito, anche se ipotizzano che possano essere coinvolti meccanismi immuno-regolatori specifici oppure che le vaccinazioni tipiche di quella fascia d’età giochino un ruolo così come potrebbe farlo l’esposizione a altri coronavirus dell’infanzia. Il tampone, in fondo, offre informazioni sull’infezione attiva e non dell’avvenuto contatto, per accertare il quale sono necessari test sierologici.
Per quanto riguarda la prevalenza dell’infezione nelle varie fasce d’età, i dati di Vo’ confermano quanto già si sapeva, cioè che è nettamente più alta nella fascia di popolazione oltre i 50 anni di età e che la necessità di un ricovero in ospedale va di pari passo.

 Il ruolo degli asintomatici

 I ricercatori sono stati colpiti dall’elevata percentuale di persone che pur essendo risultate positive al tampone non manifestavano nessun sintomo della malattia: il 43,2% dei positivi è asintomatico. Pertanto viene spontaneo chiedersi – come già avanzato da altre ricerche – quale sia il reale ruolo degli asintomatici nella trasmissione del virus.
Per verificarlo i ricercatori hanno intrapreso una capillare attività di contact tracing delle 8 nuove infezioni emerse tra il primo e il secondo campionamento, riuscendo a risalire in tutti i casi (tranne uno) alla fonte del contagio, che si è rivelata essere il contatto con persone infette soprattutto asintomatiche prima del lockdown (in alcuni casi anche dopo) o la convivenza con persone positive al coronavirus.
Da rivalutare dunque il ruolo degli asintomatici nella trasmissione del virus, che non sembra essere così secondario – un’idea che si fa più forte del fatto che la carica virale di una persona sintomatica è sovrapponibile a quella di una asintomatica.

 Trasmissione, lockdown, rilevamento

Lo studio conferma che le azioni intraprese a Vo’ Euganeo per contenere la trasmissione dell’infezione (il rilevamento precoce dei casi attivi e il distanziamento sociale’) abbiano consentito di sopprimere in modo efficace la diffusione del patogeno, abbattendo R0 a valori inferiori a 1 in poche settimane, con il 4,4% della popolazione esposta a Sars-Cov-2.
Dunque, suggeriscono gli autori, un aumento della sorveglianza unita all’individuazione precoce dei soggetti positivi al coronavirus in zone ancora poco colpite dall’epidemia aiuterebbero a controllare la diffusione del patogeno e a ridurre il peso dell’epidemia. Sulla scia del caso di Vo’ Euganeo.




I 4 cantoni in epoca COVID19: aula, classe, tempo e curricolo

rete_numeridi  Daniele Barca

Più volte in questi anni parlando di innovazione e didattica ho constatato che tutte le idee di scuola divergenti dalla prassi in Italia mirano a rompere coerenza e fissità del rapporto tra
• classe come “leva”, data dalla nascita nello stesso anno
• aula come spazio fisico
• tempo inteso come organizzazione oraria dei monte ore
• curricolo inteso come progressione di competenze e contenuti, anche in relazione alla valutazione come feedback

Si trattava di iniziative autonome dei collegi, dei dirigenti, in cui deliberatamente si interveniva su uno o più di queste variabili, che, a loro volta, ne scompigliavano altre. Il più diffuso, forse, era l’intervento che alcune scuole avevano messo in atto realizzando aule disciplinari, aggregazioni diverse di gruppi classe, compattazioni orarie. Quindi la modifica di un “cantone” inevitabilmente comportava a cascata la modifica degli altri. Cambiare i gruppi classe significava intervenire sugli ambienti e talvolta sugli orari. Per citare due esempi, le scuole senza zaino e le scuole DADA.

Analogamente la scuola, per come la conosciamo nella prassi più diffusa, si realizza grazie alla stretta dipendenza tra i quattro cantoni. Semplificando e generalizzando, dà per scontato che la 1B composta da 25 studenti, nati nell’anno X, stiano per un orario definito ma uguale per tutti nell’aula y e ad essi sia “erogata” contemporaneamente la stessa formazione con gli stessi strumenti.

Le soluzioni per un eventuale rientro a scuola a settembre impattano inevitabilmente sui primi tre; l’aula nel suo assetto e nella sua gestione (distanziamento, sanificazioni, turni, ecc.), la composizione della classe (smembrata l’unità-classe), i tempi (diminuzione del monte ore, alternare presenza-distanza, turni, ecc.).

Rimodulare i tre aspetti significa farlo in coerenza e non rende immune il quarto, il curricolo, come sta succedendo oggi nella didattica a distanza dove si essenzializzano anche i contenuti privilegiando e introducendo competenze che hanno a che fare con la vita.

E, probabilmente ne introduce un altro, che può fungere da collante e fil rouge: l’apprendimento a distanza tramite internet.
L’idea di un sistema di istruzione misto, ibrido, aggiunge quest’altra variabile, ma cambia anche le regole del gioco.

Scarica il documento completo

 




Chiusura scuole per pandemia, cosa dicono gli scienziati di Lancet

spiralePandemic school closures: risks and opportunities
da Lancet 8 aprile 2020
(traduzione e commento di Raffaele Iosa)

 La nuova malattia del coronavirus 2019 (COVID-19) ha attraversato 210 paesi e territori con oltre 1, 2 milioni di casi e 67 594 decessi segnalati al 6 aprile 2020. La maggior parte dei paesi ha implementato misure sociali di allontanamento per frenare la diffusione dell’infezione e a minimizzare l’impatto del virus.

88 paesi hanno attivato in tutto il paese chiusure scolastiche, ma uno studio di modellistica di Ferguson e colleghi ha concluso che nel Regno Unito le chiusure scolastiche da sole ridurranno i decessi per COVID-19 solo del 2-4%.
La maggior parte dei motivi per chiudere le scuole provengono dal rischio dei focolai come la pandemia di influenza H1N1 del 2009, nella quale però i bambini sono stati colpiti in modo sproporzionato. Eppure in questo caso, gli Stati Uniti hanno chiuso 700 scuole, la risposta era locale e solo per un paio di settimane.
Invece, per affrontare COVID-19, le scuole cinesi sono state chiuse per di più di 2 mesi e molti paesi hanno chiuso anche loro per 2 mesi, ma molti paesi hanno chiuso le loro scuole e i college perfino a tempo indeterminato.

Eppure, nonostante le crescenti segnalazioni di pochissimi bambini con condizioni di base che soffrono di malattie gravi e persino la morte, la stragrande maggioranza di bambini e adolescenti manifesta sintomi lievi in risposta a SARS-CoV-2 infezione.
Con oltre il 90% degli studenti del mondo (oltre 1,5 miliardi di giovani) attualmente senza istruzione, è chiaro che le maggiori minacce da COVID-19 ai bambini e adolescenti si trovano fuori dalla clinica.
Una revisione sistematica di Russell Viner e colleghi, pubblicato il 6 aprile, ha valutato i risultati di 16 studi esaminando gli effetti delle chiusure scolastiche sul coronavirus nei focolai in Cina, Hong Kong e Singapore. Essi hanno trovato un beneficio limitato nel rallentare la diffusione del virus, e gli autori sottolineano invece che le chiusure devono essere considerate nel più ampio contesto di perdita di lavori essenziali dovuti alle esigenze di assistenza all’infanzia, restrizioni nell’apprendimento, socializzazione e l’attività fisica per gli alunni e i rischi sostanziali ai bambini più vulnerabili, compresi quelli di famiglie a basso reddito.
Dopo la chiusura delle scuole in mezzo all’epidemia di Ebola nell’Africa occidentale, sono aumentati i tassi di lavoro minorile, abbandono, abuso sessuale e gravidanze adolescenziali, e molti bambini hanno subito violenze domestiche, molti non sono tornati a scuola.

Molti bambini soffriranno per la mancanza di accesso e di assistenza sociale fornita dalla scuola, come pranzi gratuiti o acqua pulita e impianti di lavaggio. Quelli senza assistenza sanitaria facilitata dalla scuola, come le vaccinazioni e servizi di salute mentale, possono perdere la salute.
I bambini confinati a casa faranno fatica raggiungere le linee guida dell’OMS sul comportamento di movimento che raccomanda 60 minuti al giorno di attività fisica moderata-vigorosa per i bambini di età compresa tra 5 e 17 anni. Questo mette a rischio non solo il benessere mentale dei giovani e uno stato di peso sano, ma aumenta anche il rischio di stabilire abitudini pericolose, come aumentare il tempo di posture dannose che possono danneggiare il futuro della salute cardiovascolare e muscolo-scheletrica per adolescenti. Le chiusure scolastiche e l’allontanamento sociale possono essere particolarmente impegnative.
Durante l’adolescenza i giovani crescono in indipendenza e iniziano a farlo dando la priorità alle connessioni con i coetanei rispetto ai genitori. La loro interruzione può comportare sfide significative al benessere dei giovani. Anche gli adolescenti possono essere in lutto per i riti di passaggio a cui avrebbero dovuto partecipare, con una sensazione di apprensione per un incerto futuro di fronte agli esami cancellati. L’ansia potrebbe sorgere anche nei bambini e negli adolescenti mentre provano capire la pandemia e la minaccia che pone i pone loro, alle loro famiglie e amici.

I funzionari della sanità pubblica devono dare priorità ai piani nazionali per come e quando riaprire le scuole, tenendo conto di misure alternative come ore ridotte o sfalsate Lezioni. Molti bambini probabilmente avranno bisogno di sostegno mentre lo fanno ritorno alla vita normale, ecialmente quelli che hanno vissuto dei lutti.

Nel frattempo, la pandemia offre un’opportunità affinché i giovani sviluppino e perfezionino la loro capacità di recupero e adattabilità, e apprezzare il valore della responsabilità sociale e del sacrificio per la protezione dei più vulnerabile.
Molti giovani volontari si stanno muovendo per guidare la risposta COVID-19 nelle loro comunità. Xian Lu, che si è trasferito a Wuhan per cucinare 400 pasti al giorno per il personale medico durante il picco di crisi della città, è uno dei dieci giovani di recente riconosciuto dal Segretario Generale dell’Ufficio per la gioventù dell’ONU Jayathma Wickramanayake, per i loro sforzi generosi per combattere la pandemia.

È indispensabile convalidare le esperienze di giovani durante questa crisi globale, e che ascoltiamo loro soluzioni creative per far fronte alla crisi e connetterci, e autorizzarli a utilizzare le loro nuove abilità per crearne una società più solida, premurosa e connessa mentre sta emergendo un mondo che cambia.

 

Un breve commento ragionato (Raffaele Iosa)

Lancet è una rivista scientifica di carattere medico rigorosa e seria. La descrizione che fa della chiusura delle scuole per 1,5 miliardi di bambini e ragazzi nel mondo è di una sostanziale molto bassa significatività nel contenere il contagio (2%-4%) intesa nel suo complesso (cioè per il movimento che crea anche di adulti). Quindi i bambini non sono gli untori, né la scuola sarebbe il centro primario di possibili focolai. A fronte di questo, Lancet segnala invece i rischi educativi e sociali di chiusure troppo prolungate delle scuole., per tutti in generale ma soprattutto per le fasce deboli dei nostri ragazzi. La rivista è internazionale, e il racconto sugli scolari e gli studenti in Africa nell’epidemia Ebola ci fa molto riflettere.
Le conseguenze negative per lunghe chiusure per bambini e adolescenti sono descritte dal punto di vista prevalentemente clinico (è il suo mestiere) ma pone anche questioni di carattere psicologico ce sociale he ci sono note. Interessante che Lancet non citi la DAD come alternativa positiva o negativa. La questione, dunque, pare essere per la rivista la scuola come comunità fisica umana e sociale. Com’è ovvio.

La mia opinione è già nota. Io sono favorevole a riaprire le scuole, quanto meno in estate per i bambini del primo ciclo in progetti condivisi con gli enti locali (insegnanti + operatori locali + associazioni) per ridare ai nostro giovani libertà e sviluppo tra pari, in cui tutta la città educativa si muove in sinergia per loro. Con tutti gli opportuni adattamenti che ci vogliono.
Il tasso di rischio è così basso che con un po’ di attenzione secondo Lancet si può fare, a fronte in negativo di una chiusura prolungata delle scuole.
Molto interessante, però è anche l’idea che per i giovani possa essere un’opportunità di offrire la propria disponibilità civica in forme di volontari. Con un effetto sociale grande per la comunità e immenso sul piano educativo per il ragazzo che si coinvolge direttamente nella solidarietà. Perché qualche studente superiore o universitario italiano non potrebbe fare come i 10 ragazzi cinesi citati nell’articolo. Sento nel nostro paese odore di provincialismo. E nel nostro Ministero solo un pensiero restaurativo della scuola del passato con numeri ridotti di alunni, mascherine e guanti.

A viale di Trastevere e a Palazzo Chigi non leggono Lancet. E da due mesi le televisioni sono sommerse da scienziati litigiosi tra loro, e da scene tragiche e scene ridicole di cattiva gestione.
Il 73% degli italiani dopo il lavaggio quotidiano di paure, vorrebbe continuare la quarantena. Capisco, ma non mi adeguo, almeno del tutto: per i bambini e per i ragazzi una qualche via d’uscita si impone, con tutte le regole sanitarie del caso. Vale come per il lavoro e la ripresa del commercio. Ma la scuola ha un valore ben diverso e prezioso dell’economica ripresa, è educazione tra pari e sviluppo individuale e collettivo interrotto troppo a lungo. Per questo: liberiamoli presto. Anche perché il loro sacrificio chiusi in casa serve a ben poco.




Il voto, il sapore ammuffito della valutazione di altri tempi

arcobalenodi Cinzia Mion

Onorevole Ministra, sono una dirigente scolastica in quiescenza ma non quiescente, molto anziana , diciamo a forte rischio di coronavirus ma non così lenta nei riflessi da non aver colto, in una sua recente intervista alla stampa, delle frasi che mi hanno riportato il sapore molto antico e quasi ammuffito di una concezione della valutazione scolastica veramente d’altri tempi.
Naturalmente sono convinta che le parole in questione le siano sfuggite, sappiamo cosa succede quando siamo pressati dai giornalisti…
Le frasi sono quelle che si riferiscono alla promozione per tutti ma alle pagelle che saranno” vere: se lo studente “merita” 8 avrà 8, se merita 5 avrà 5.. alla fine tutti avranno un voto.
Chi risulta insufficiente recupererà l’anno prossimo…(qualcuno riferisce anche se un allievo non è stato presente potrebbe prendere anche 4, ma io non l’ho sentito, spero non sia vero)

Credo fermamente che nella confusione della pandemia le sia sfuggito che già la docimologia (scienza della misurazione) negli anni 60/70 aveva stabilito che i voti numerici su scala decimale sono soggettivi ed arbitrari perché applicati come se fossero unità di una scala perfetta, con differenze tra un voto ed un altro di una misura perfettamente uguale…., e noi sappiamo tutti che non è così, inoltre li applichiamo come se stessimo misurando e non valutando. Discorsi scontati. Scontati?

Ma non voglio riprendere la vecchia tiritera, ormai, della lotta al voto per tutti i sacrosanti motivi che ormai tutte le persone di scuola conoscono bene (quante volte l’abbiamo predicato, recentemente un webinar con 3.000 partecipanti) ma le disposizioni legislative continuano a richiederlo almeno come risultato quadrimestrale e finale, e moltissimi docenti continuano ad applicarlo per inerzia, sottomissione, rigidità, incapacità ad usare altre modalità, mancanza del cosiddetto carisma professionale, uso del voto come spauracchio, non conoscenza della valutazione formativa, rifiuto della fatica di osservare, annotare, sfrucugliare dentro al processo di insegnamento-apprendimento dove si annidano le lacune, di quale tipologia sono, (strutturali o elementari?)…Figuriamoci se non si è capito finora….se si capirà ora…
Ma invece questa è forse la volta buona ed allora insieme a Lei , mi perdoni, desidero fare un ragionamento semplice semplice: ”Se si ammette all’anno successivo, in altri termini “si promuove” , un ragazzino – uno studente come dice lei – che riporta un voto insufficiente, quando si deve riprendere a settembre, ed attivare il recupero delle lacune (il docente titolare oppure un altro docente, perché sappiamo tutti che la continuità non può essere garantita) cosa si è venuti a sapere o a ricordare rispetto a quali sono le smagliature che devono essere rimagliate? Se davanti si para un numero che al massimo offre la possibilità di attivare una “classifica” tra tutti gli appartenenti alla classe – che così non viene più considerata una “comunità di apprendimento”, allora diventa difficile avviare un recupero puntuale, significativo, azzeccato e tempestivo .
La classifica è inutile sempre perché non siamo ad un concorso, e ridicola al tempo del coronavirus che almeno in questo potrebbe comportare un ridimensionamento delle competizioni inutili e dannose, e rimettere un po’ a posto i valori che contano, mettendo in ombra quelli che possiamo tralasciare.

La classifica aveva un senso quando si scremavano le eccellenze, ai tempi della scuola elitaria, cara Ministra, che discendeva dalla riforma Gentile, ma poi , come senz’altro saprà, abbiamo avuto la scuola di massa (1962 ,con la scuola media unica), poi la scuola dell’integrazione (L517/77 che ha introdotto la famosa Valutazione formativa, ahimè negletta e trascurata) che Lei , onorevole Ministra, sponsorizzando il voto , aiuta a svalutare e mettere in ombra. Naturalmente sono certa che lo fa in buona fede. Lei conosce la realtà dei voti e di questi parla…
Ma non ho finito, oggi la scuola è diventata dell’inclusione, dove ogni docente, Dirigente, personale non docente, genitore, EELL, Associazione professionale del territorio deve costruire reti di relazioni fiduciarie per far raggiungere il “successo formativo” a tutti i soggetti (regolamento Autonomia).
Qui il discorso diventerebbe troppo tecnico e lungo e penso che Lei sia presa da compiti urgenti e difficilissimi da gestire per cui chiudo, sperando però che abbia colto il significato di questa lettera semplice ed accorata, di una vecchia, ma non ammuffita , persona di scuola e che non sottovaluti il rischio di aumentare il numero già alto dei dispersi (caduti fuori dal contenitore scuola), alla vista di un voto negativo, secco, coma una scudisciata.

Con fiducia