Contro il voto: preoccupiamoci di insegnare, non di valutare
Questa non è un’invettiva (e non c’entra con la pandemia)
Mi accingo a ritornare brevemente sulla faccenda del voto numerico a scuola solo per chiarire che ciò che la scuola deve fare bene è insegnare (quindi adottare delle didattiche adeguate).
La valutazione è intrinseca ad ogni processo di educazione ed insegnamento perché, nel rapporto asimmetrico di chi insegna, rispetto a chi impara, deve avvenire un’autoregolazione rispetto a ciò che sta succedendo (chi, quanto, cosa, come, se ha imparato e capito, oppure chi quando, come, cosa, perché non ha imparato o capito, per mettere in atto altre didattiche alternative, più laboratoriali, ecc).
Su questa autentica, e professionalmente impostata, valutazione del docente (che diventa autovalutazione nell’autoaggiustamento di una didattica alternativa) dovrebbe inserirsi l’insegnamento individualizzato, per il recupero delle lacune emerse. Contemporaneamente l’allievo deve essere avviato all’autovalutazione attraverso una legenda che lo aiuta a prendere atto degli errori commessi. Subito, appena traspaiono, senza aspettare che si incancreniscano. I docenti della primaria si incaponiscono in genere di più nel recuperare i più fragili, (ce l’hanno nel DNA questa benefica testardaggine che deriva dall’aver integrato dal tempo della legge Casati il concetto della scuola dell’obbligo) gli altri spesso, non sempre per fortuna, conservano un residuo di “scuola elitaria” (scremare le eccellenze per orientarle al liceo…!) e più velocemente “dimettono mentalmente” quelli che non tengono il passo.
Il tutto in una classe in cui, con il metodo tradizionale, conosciuto perché subìto, si insegna a tutti nello stesso tempo e nello stesso modo. La valutazione a scuola non è finalizzata a creare una classifica, per cui più lo strumento mi aiuta a misurare le microdifferenze con il bilancino, meglio è.
La classifica serve in un concorso per cui un millesimo di differenza può essere un posto di lavoro.
Torniamo alla classe: chi può sostenere che agli alunni serve la classifica? Chi è più bravo e chi lo è meno?
1) Alla classe come “comunità di apprendimento” questo non serve, anzi è deleterio perché introduce dinamiche di competitività (al posto della cooperazione interattiva vigotskiana) e non crea le condizioni per l’insegnamento reciproco, previsto anche dalle Indicazioni
2) La classifica serve al genitore che si accontenta di sapere se il proprio figlio è nella fascia superiore, allora si inorgoglisce narcisisticamente, oppure in quella inferiore, allora si preoccuperà: non gli può fregar di meno sapere “cosa” suo figlio conosce e soprattutto cosa ha veramente capito (comprensione profonda e duratura)
3) La classifica serve a dimostrare al docente? … bella domanda. A cosa serve? Chiedo a chi difende i voti, o a chi continua a sostenere che un modo di valutare vale un altro, di spiegare questa strenua difesa del voto….
4) Chiedete ad un allievo qualsiasi, cosa ha sbagliato se ha meritato un voto inferiore al 10….
Farete una brutta scoperta, tranne rarissime eccezioni, non ve lo saprà dire (addio al sacrosanto recupero dell’errore dispositivo così importante per l’apprendimento) perché quello che diventa interessante in una scuola “così” è il voto non l’apprendimento. Fate voi….