Per Freinet è fondamentale che i bambini siano soggetti non solo fruitori (passivi) di informazioni ma produttori di cultura e di testi scritti.
La sua attenzione è rivolta a costruire una scuola che rispecchi la vita reale.
L’esperienza della grande guerra gli ha mostrato come milioni di contadini artigiani operai (semi)analfabeti si siano lasciati ingannare dalla propaganda nazionalista dei loro paesi e siano stati coinvolti nel macello che ha sconvolto l’Europa. Per adesione fideistica e per induzione di stereotipi etnocentrici e di campagne di odio.
Leggere in modo attivo, comporre testi per incontrare gli altri, per comunicare la propria umanità, è quindi essenziale per imparare a vivere e per una comprensione profonda dei molteplici messaggi.
Chi ha provato a comporre testi comprensibili ad altri può immedesimarsi nelle operazioni necessarie a inserirsi nel circuito comunicativo: si predisporrà così ad essere ricettivo e ‘avvertito’ circa la complessità dei messaggi che circolano.
L’esperienza di composizione di giornalini consente di affrontare con consapevolezza la lettura dei giornali adulti, di interrogarsi, di analizzare e discutere le informazioni.
Il giornalino scolastico (a volte il giornale murale) è l’evoluzione del cosiddetto ‘libro di vita della classe’ dove venivano raccolti i testi liberi individuali e collettivi. Ma comporre e redazionare un vero giornale consente di attribuire dignità al lavoro scolastico e al lavorare insieme per uno scopo. Il risultato è un prodotto a cui ciascuno ha contribuito con testi, illustrazioni, ricerche, monografie, narrazioni. Dietro ci sta una serie di processi.
La classe può essere organizzata come una vera redazione, con un’organizzazione del lavoro che preveda chi va alla caccia di notizie e ricerca fonti (i documentatori) ; chi stende gli articoli o propone propri testi (i redattori); chi legge e seleziona i testi; chi si occupa della correzione (con la tecnica della correzione collettiva), confezione, stampa, impaginazione, fascicolazione ; chi si occupa della distribuzione.
Non è un lavoro che rimane racchiuso in un quaderno o in un dossier ma che circola, stimola altre letture, consente di sentirsi parte di una comunità di scrittori-lettori. In questo senso è davvero una ‘tecnica di vita’. Attraverso la messa a punto degli articoli, la loro scelta, la collocazione nel menabò, l’esperienza vissuta e quella condivisa vengono riviste, analizzate, filtrate, simbolizzate come eventi che hanno avuto risonanza nella classe e che provocano altre risonanze.
Il valore aggiunto è dovuto alla circolazione dell’informazione. Ogni classe che produce un giornalino periodicamente e nel contempo intrattiene la corrispondenza con un’altra classe attua lo scambio dei rispettivi giornalini. A volte organizza il giro dei giornalini fra più classi. Il che significa calcolare le copie, preparare i pacchi, spedirli.
Un lavoro accurato che implica organizzazione, previsione, pluralità di funzioni cui ciascuno è chiamato ad assolvere. Nella classe di Mario Lodi (che ha pubblicato cinque anni di giornalini ‘Il mondo’ che documentavano l’insieme delle attività della classe) i ragazzi devono controllare il bilancio della cooperativa con i costi delle matrici, dell’inchiostro, della carta. Un lavoro accurato di calcolo vivente, ben diverso dai ‘compiti di realtà’: un lavoro vero, che fa commentare al maestro, nel momento in cui i conti non tornano perché c’è un errore di calcolo: ‘Nell’Italia di oggi imparare a render conto è importante.’
Un importante richiamo a un’etica pubblica che ha il suo fondamento nel vissuto di una comunità scolastica in cui ogni attività ha un posto e un senso e gli esiti sono prodotto dell’impegno di tutti.
Scrive Bruno Ciari a proposito della tipografia, oggi tranquillamente sostituita con i mezzi offerti dalle tecnologie, ma che rendeva più visibile e concreto, materiale, l’intero processo di stampa : ‘Non é uno strumento puro e semplice, ma una “tecnica”, cioè un procedimento che implica significati e valori pedagogici. Se attuata coerentemente, basta a trasformare la vita di una classe e a porre le basi di una comunità di tipo nuovo. […] Si tratta del carattere e della destinazione sociale del pensiero. La scoperta della stampa ha avuto una enorme importanza per lo sviluppo della nostra civiltà. Il pensiero stampato non ha avuto più barriere; la sua possibilità di espansione è diventata universale. La tipografia nella scuola ( la stampa del giornalino) non può essere concepita se non come strumento di diffusione e socializzazione del pensiero. Fuori della scuola, il fanciullo è dappertutto circondato dai simboli stampati. La stampa è una realtà immanente, pressante, stimolante, nel mondo in cui il fanciullo vive è un elemento essenziale della civiltà moderna i cui significati il bambino deve appropriarsi.[…] La pratica della tipografia a scuola dissolve il mito della carta stampata e il suo carattere magico.’
Ogni tecnica, in quanto tecnica di vita, è relazionata con le altre e costituisce il tessuto della classe.
Alcune versioni di giornalini possono costituire raccolte di ricerche ed esperienze compiute da una classe o da più classi. Nel mio archivio ritrovo una ricerca compiuta con classi di una scuola a tempo pieno del nord est del Veneto sulla bonifica nel primo 900; una ricerca con una classe parallela dell’altro capo della provincia sulle linee di sviluppo dei due paesi secondo l’età di costruzione degli edifici; una raccolta di materiali documentari e notizie raccolte in visite a mostre e musei a Venezia sul rapporto fra la repubblica e la Cina, ‘Marco delle meraviglie’ con riferimento al seria su Marco Polo allora in programmazione alla TV e alla mostra sull’Oriente a Palazzo Ducale; un giornalino in cui i piccoli reporter presentano i laboratori in funzione nella scuola.
Raccolte di giornalini vanno così ad arricchire il patrimonio di materiali a disposizione della classe e della scuola.