T come tentativo sperimentale
Il tậtonnement sperimentale
di Giancarlo Cavinato
‘La via normale dell’acquisizione non è affatto l’osservazione, la spiegazione e la dimostrazione, processo essenziale della scuola, ma il tậtonnement sperimentale, approccio naturale ed universale’.[1]
C’è un possibile punto di incontro fra la pedagogia e la realtà dei ragazzi, della scuola, dei contesti di vita? Tante sono le domande e i problemi che ci poniamo quotidianamente nel delicato approccio alla scritto-lettura così come al ragionamento matematico.
Si può lasciare scrivere liberamente e calcolare intuitivamente accompagnando i processi nella convinzione che ci si impadronisca del segreto della scrittura e si impari a ragionare?
Partire, come fa la tradizione scolastica, con la conoscenza iniziale di segni e numeri e delle loro combinazioni porterà a una espressione rigida ed esecutiva e all’uso meccanico del calcolo. E’ un terreno sicuro. La pratica del metodo naturale comporta viceversa l’accettare di correre dei rischi e di assumerci la responsabilità delle imprevedibilità degli esiti.
Il criterio orientatore dovrebbe essere il mettere a disposizione degli alunni un contesto dove fare pratica personale di una varietà di usi del codice scritto.
‘Se non si mettono “le mani in pasta” per affrontare un apprendimento su una base di espressione e di reazione personale, non c’è la possibilità di ottenere dei risultati efficaci.[2]
Gli stadi dell’appropriazione di un sapere, in questo caso del codice scritto, consistono nel procedere dal vedere cosa fanno gli altri, poi nel provare, scoprire ‘come si fa’ inventando soluzioni personali, facendo delle ipotesi, osservando le reazioni degli altri ai primi tentativi, fino ad elaborare idee e regole, commettendo ‘errori’ e correggendoli con il supporto di altri, tornando ad osservare, elaborando teorie. Il gruppo convalida, conferma o disconferma, funge da rispecchiamento. Fornire il codice già pronto in piccoli pezzi da montare non funziona. L’insegnante ha il compito di confermare che si è sulla strada giusta, di rinforzare e sostenere gli sforzi, non di fare ‘al posto di’.
‘Freinet richiama l’attenzione degli adulti educatori (e degli studiosi) su quella che apparentemente è un’ovvietà, ma che troppo spesso è dimenticata quando si tratta di processi di apprendimento-insegnamento in contesti formali: è attraverso la funzione d’uso, la pratica, che noi apprendiamo a camminare, a parlare, a disegnare e così via. Ne consegue che tutti i progressi che si conseguono sul piano dello sviluppo (e dell’evoluzione)[…]si tratti di bambini, di adulti, ma anche di animali, si realizzano mediante questo processo universale che Freinet definisce tậtonnement sperimentale.[3]
Alla luce di tali presupposti, l’apprendimento e l’uso della scritto-lettura assumono tutto un altro spessore e funzione. A noi compete conoscere pienamente cos’è e come funzionano il linguaggio orale e lo scritto e come si iscrivono nella storia personale di ognuno/a.
‘Il funzionamento del linguaggio nell’adulto e, di conseguenza, il suo apprendimento da parte del bambino, non possono avvenire attraverso una giustapposizione di parti o un assemblaggio di meccanismi, limite questo che fortunatamente ci garantisce contro ogni velleità di costruire un cervello umano robot. Si tratta invece di una funzione “intelligente” da parte dell’apprendista-lettore che non possiamo sostituire con semplici automatismi.[4]
Cerchiamo di ragionare con buon senso, dice Freinet [5]. Nessuna delle grandi acquisizioni vitali si fa tramite procedimenti apparentemente scientifici. E’ camminando che il bambino impara a camminare; è parlando che impara a parlare; è disegnando che impara a disegnare.
Scrive J. Foucambert [6] che insegnare ad uno ad uno i movimenti di ciascun braccio e di ciascuna gamba, per quanto in modo ‘scientifico’ ed accurato, non trasforma in nuotatori. Tutti i progressi si fanno attraverso questo processo universale di tậtonnement sperimentale.
Come Freinet, anche Foucambert prende esempio per analogia dallo sviluppo del linguaggio orale nel bambino. ‘Quando il bambino impara a parlare e a capire, parlando e ascoltando, quelli che egli sviluppa sono dei comportamenti di parola e di ascolto, vale a dire un certo modo di essere, di fare, di comunicare, di entrare in rapporto con gli altri e con le cose; egli non impara la lingua orale, nel senso in cui la lingua orale sarebbe qualcosa che esiste, indipendentemente dalla parola, dalla sua e da quella degli altri. La lingua orale non è un sapere che si può imparare e trasmettere come tale: ciò che s’impara è la parola. Il bambino impara a parlare e crea così la lingua orale. Ciò che egli impara è un modo di “essere parlante”, è un comportamento. E’ così anche per la lingua scritta: essa non esisterà che nella misura in cui il bambino avrà imparato a leggere e a comporre, essa non esiste al di fuori di ciò che egli fa con la lingua stessa, essa non si apprende al di fuori dell’atto del leggere e del comporre: la lingua scritta non è nient’altro che una pratica: essa si crea attraverso questa pratica, che s’impara. Ciò che interessa il pedagogista è sapere che cosa è questa pratica, se vuole aiutare il bambino ad acquisirla.’ (p. 20)
E, più oltre: ‘Saper leggere è leggere con gli occhi, è attribuire direttamente un significato ai segni grafici. (p. 21)
‘Leggere è attività nell’ambito di un progetto’ (p. 46)
E un progetto richiede strategie di intervento e ricerca. Quindi, tentativi di trovare risposte e soluzioni.
La proposta di Freinet, per certi versi coerente con molte elaborazioni epistemologiche (Propp, Bachelard, Morin,..) è che l’essere umano si costruisce per tentativi intelligenti in base all’esperienza.
Freinet elabora una ‘psicologia sensibile’ postulando che a fondamento del dinamismo che attraversa l’intera realtà ci sia un’energia, una forza, uno “slancio vitale” che via via nell’uomo diventano coscienti. Ricava tale nozione da ‘La scuola attiva’ di Ferrière (e questi, a sua volta, da Bergson), descrivendo i processi psicologici, le modalità della conoscenza e dell’esplorazione ambientale degli individui. La conoscenza non parte da elementi innati; non è predeterminata da istinti o meccanismi fissi: è invece un tâtonnement continuo, un andare ‘a tentoni’, un cercare senza schemi prefissati. A differenza che nell’apprendimento “per prove ed errori” di matrice comportamentista (una pratica fondata sulla casualità, su tentativi riusciti più volte in base a rinforzi esterni), il processo non è cieco e meccanico, ma creativo. E’ l’esperienza compiuta per tentativi che consente l’esercizio motivato dalla vita in un contesto umano di crescita. E’ la legge che Freinet definisce la tecnica di vita, sia del bambino che dell’adulto, e che sta alla base della ricerca scientifica, dell’emergere della forza vitale dei soggetti nonostante i dogmatismi, e che funziona in base alle ipotesi degli individui.
‘Tutto, nel corso della vita, procede per tentativi sperimentali’ [7], che permettono il funzionamento e favoriscono lo sviluppo naturale dell’intelligenza. In una scuola della ricerca.
Il tậtonnement mobilita meccanismi cognitivi e neurofisiologici, il che consente di accostare l’ipotesi di Freinet agli apporti attuali delle neuroscienze, della psicologia cognitiva e culturale, del sociocostruttivismo.
Sottomessi a una molteplicità di stimoli provenienti dal loro ambiente fisico e sociale, gli esseri umani elaborano delle risposte a partire dalle loro ricezioni e reazioni.
Queste dipendono dalla loro intelligenza, che tratta tutte le informazioni, in base a propri percorsi interni, tramite la complessità dei processi cognitivi ( la mente è interattiva e ricerca crea interdipendenze fra i diversi eventi di cui si occupa), che funzionano in modo naturale, trasformando le informazioni in conoscenze utilizzabili e trasferibili.
Tale trasformazione permanente è l’atto dell’apprendere, che implica un’attività costante del cervello. Essa richiede tempo di elaborazione, perché ogni conoscenza si sviluppa e si arricchisce nel tempo e non si esaurisce in se stessa ma crea sempre nuovi agganci.
Freinet introduce il concetto di permeabilità all’esperienza. La goccia che scorre sul suolo avanza a caso, secondo i solchi e i pendii. Ma a forza di cadere sullo stesso punto o di scorrere nello stesso senso forma solchi che attirano l’acqua che passerà per i solchi prodotti dall’esperienza. Se la pietra è resistente e impermeabile a questa esperienza, non si scaverà il solco e l’acqua continuerà a spandersi a caso o verrà deviata da accidenti del terreno.
Ma se al contrario, a causa della permeabilità, le gocce scavano il solco, questo dà origine a delle trasformazioni. Lo stesso avviene negli individui. In origine, l’atto è puramente casuale. Ma, molto rapidamente, scava una traccia dove l’atto tenderà a ripetersi. Non c’è , nella direzione da prendere e nel tracciato, niente di già definito.[8]
L’altro concetto introdotto da Freinet è l’atto riuscito, si traduce nella costruzione della realtà (delle conoscenze). L’ostacolo e l’insuccesso creano conflitto interno e richiedono nuovo ricorso all’esperienza, alla prova di realtà. Lo possiamo osservare nel corso dell’acquisizione da parte dei bambini dei meccanismi di base, come il camminare. .
Quando parliamo di permeabilità all’esperienza e di traccia lasciata nel comportamento, non significa che il bambino dovrà obbligatoriamente ripetere a lungo l’atto riuscito, prima di padroneggiarlo. Il tempo necessario dipende dalle differenze fra gli individui.
Ci sono bambini che hanno effettivamente bisogno di ripetere molte volte lo stesso gesto prima che ne sia garantita la riuscita. Il loro corpo è molto poco permeabile all’esperienza. Ma il corpo umano ha possibilità ancora insospettate. Guidati a riconoscere le proprie tracce e piste possono pervenire ai significati, non solo ai meccanismi. Ci vuole il tempo che ci vuole. Ci sono viceversa bambini che hanno una sensibilità all’esperienza talmente acuta che il gesto non ha nemmeno bisogno di venire ripetuto per lasciare la sua traccia indelebile. L’immagine del gesto, l’inizio del gesto, sono sufficienti. La traccia è stabilita.
L’individuo non passa a una nuova acquisizione fin quando l’esperienza in corso non ha creato la sua traccia sicura. Allora l’atto diventa meccanico. E’ tecnica di vita che servirà da solido trampolino per le acquisizioni successive.
Tale è l’ambito di attività di ricerca/ azione dei soggetti nella costruzione, personale e nel confronto con gli altri, delle proprie operazioni nei confronti del codice scritto. Per tentativi intelligenti.
Il tậtonnement è il pilastro su cui poggia il metodo naturale: ‘Esso ha come base la pratica personale, l’esistenza di un gruppo, un sistema di riferimenti, le particolarità fisiologiche e psicologiche di ciascuno e l’organizzazione delle circostanze per l’apprendimento da parte degli insegnanti. Nella pedagogia Freinet- pedagogia della “riuscita”- l’essere si trova ad essere considerato nella sua globalità….ciascuno può essere riconosciuto, accettato e quindi rassicurato su se stesso. Edgar Morin scrive in ‘La connaissance de la connaissance’: “Conoscere è innanzitutto registrare cioè operare su dei segni-simbolo, su delle forme”. Ma non è indifferente il fatto che questi segni possano essere una manifestazione dell’essere profondo.’ [9]
Spesso viene chiesto: ma il metodo naturale su quali bassi pedagogiche poggia?
Le Bohec indica alcune dominanti [10]:
– l’espressione creazione ( a partire dal desiderio di espressione di ogni essere umano; ‘esso si manifesta a livello dei bambini in una costante formulazione di ipotesi scientifiche, linguistiche, matematiche, filosofiche,..’)
– la comunicazione ( possibilità di comprensione reciproca, di educazione alla pace, di ricerca critica di sapere sulla base della documentazione di cui si dispone, di formulazione di ipotesi, di problemi, di ricerca di soluzioni)
– lo studio dell’ambiente (‘non accontentarsi di un sapere astratto…allargare il cerchio a partire da un centro, dal vicino… in questa epoca di incertezze, di sovrabbondanza di immagini, di dispersione forse è necessario e vitale tornare ad essere homo faber e far funzionare le mani e il corpo’, i sensi e l’osservazione)
– l’organizzazione cooperativa della classe
‘I sistemi scolastici ( e sociali) possono trasformarsi in inclusivi, aumentando le probabilità che non si generino ostacoli o barriere. Abbiamo identificato questi aspetti nel tậtonnement sperimentale, nell’unità della personalità, nel rapporto gioco-lavoro, nell’importanza dell’espressività dei/nei diversi linguaggi per la/ nella co-costruzione dei saperi e quindi della conoscenza; nell’apprendimento mediato della socializzazione e della cooperazione.’ [11]
[1] Freinet C., ‘Les invariants pédagogiques- Oeuvres pédagogiques’– Seuil-Paris-1994-vol. 2 pp 383-413 ‘Le invarianti dell’apprendimento’, trad. di A. Goussot; XII invariante
[2] Le Bohec P., ‘La macchina e il gruppo’, in Cooperazione Ediucativa n. 5/1989, La Nuova Italia, Firenze, p. 40
[3] Bocci F. ‘Tậtonnement sperimentale, unità della personalità, gioco-lavoro, espressività, linguaggi e cooperazione. Una attualizzazione del pensiero di Célestin Freinet nella cornice dell’inclusione’ in Goussot A. (a cura di) ‘Per una pedagogia della vita’ , Ed. del Rosone, Foggia, 2016 , pp 185-186
[4] Lentin L., ‘Dal parlare al leggere’, Emme edizioni, Milano, 1979, p. 38
[5] Freinet C., ‘I detti di Matteo. una moderna pedagogia del buon senso’, La Nuova Italia, Firenze, 1962; ‘L’apprendimento della lingua secondo il metodo naturale’, La Nuova Italia, Firenze, 1974
[6] Foucambert J,, ‘Come si impara a leggere’, Emme edizioni, Milano, 1976: ‘Quando uno di questi specialisti sentenzia in materia di lettura, Io penso sempre a quel chimico che voleva insegnare il nuoto perché conosceva bene la composizione delle molecole dell’acqua!’ (p.20)
[7] Freinet C., ‘Saggio di psicologia sensibile (applicato all’educazione)’, Le Monnier, Firenze, 1972
[8] Meirieu Ph., ‘ Pedagogia. Dai luoghi comuni ai concetti chiave, Aracne, Roma, 2018 (a cura di Enrico Bottero)
[9] Le Bohec P., ‘Il metodo naturale come base permanente della formazione’ Cooperazione Educativa n. 11/ 1993, La nuova Italia, Firenze, pp. 4 sgg.
[10] Le Bohec P. ‘C’è un aspetto politico nella pedagogia di Freinet?’ Cooperazione Educativa n. 6/1995, La Nuova Italia, Firenze, PP. 4 sgg.
[11] Bocci F., op. cit. p. 185