dI Isabella Milani
C’era una volta un’insegnante (io) che prestava servizio in una scuola media, che aveva un campo da calcio regolamentare (m. 110 x 75).
Quell’insegnante, a volte, aveva lezione al pomeriggio e, come facevano tutti gli altri insegnanti, un giorno portò i suoi ragazzi, dopo la mensa, a sgranchirsi le gambe nel campo da calcio. Tutti contenti, i ragazzi correvano e saltavano da una porta all’altra sotto i miei occhi vigili. Che bello!
Ma fu la prima e l’ultima volta, perché dopo pochi minuti l’insegnante vide due alunni che si azzuffavano vicino alla porta da calcio (erano lontani e non li riconosceva, ma che fossero suoi o di altri non aveva importanza, perché gli insegnanti devono impedire a tutti di farsi del male). Si rese conto con terrore che se per caso uno dei due avesse spaccato gli occhiali al compagno con un pugno, e lo avesse reso cieco, o si fosse appeso alla traversa (che qualche volta abbiamo letto sulla cronaca che può cadere schiacciando un alunno) lei – la professoressa – era troppo lontana (almeno 55 metri perché si era messa a metà campo) e difficilmente sarebbe riuscita a raggiungere i ragazzi e a evitare il peggio.
Capì in quel momento che se fosse accaduto un incidente, anche piccolo, sarebbe stata additata come la responsabile, al grido di “e dov’era la professoressa!?”.
La volta successiva i ragazzi non scesero in campo nel dopo mensa, mentre le altre due classi sì. E il giorno dopo alcuni genitori andarono agguerriti dal dirigente, perché obbligasse la professoressa a portare i loro figli a giocare nel campo.
Ed ecco come rispose la professoressa (sempre io): “Assolutamente no! Non ci penso nemmeno a portarli giù, perché è troppo pericoloso, in quanto io non posso coprire tutto il campo.”. E i genitori “Ma che cosa vuole che succeda! Non è mai successo nulla! Ce li portano tutti! Solo lei non vuole. Le diamo noi il permesso”.
E l’insegnante rispose. “I genitori sono tutti belli e bravi finché non accade nulla. Ma voi stessi, se capitasse un incidente, correreste dall’avvocato, che vi direbbe ‘Ma l’insegnante dov’era? Deve pagare! Questa è ‘culpa in vigilando’, Adesso le facciano una bella causa e paga”.
Perché non conta il permesso dato dal dirigente o dai genitori (c’è anche chi dice “Se si comporta male lei gli dia pure un schiaffo con il mio permesso”) quando una cosa è pericolosa, o illegale, nessuno ti può ordinare o dare il permesso di farla. E tu non puoi eseguire un ordine illegale.”
Allora, cari colleghi, ricordate sempre che se accade un incidente (piccolo o grande non importa) o addirittura una disgrazia, la frase sulla bocca di tutti è “Ma l’insegnante dov’era?”.
E non sono i genitori degli alunni che devono dimostrare che siete colpevoli. Siete voi (leggi: avvocati e parcelle, quindi soldi, oltre alla paura e al dolore immenso per quello che è accaduto al vostro alunno) che dovete dimostrare che non avete potuto impedirlo.
Nel campo da calcio, posso garantire che riuscirò a correre così veloce da riuscire a bloccare qualcuno in pericolo? Risposta: no. Quindi: colpevole di culpa in vigilando.
Nella scuola in cui un bambino è rimasto per 30 secondi senza sorveglianza, è precipitato e non si è più risvegliato, a chi sarà data la colpa? All’insegnante e alla bidella. Perché a nessuno interessa il fatto che i bidelli dovrebbero essere molti di più, e la bidella e la maestra non hanno potuto fare altro. Indagati, processati e poi probabilmente condannati.