Come scegliere i futuri dirigenti scolastici

   Invia l'articolo in formato PDF   
image_pdfimage_print

matitadi Antonio Valentino

A fine luglio scorso è stata messa a punto dall’Ispettore Giancarlo Cerini una proposta sul “reclutamento dei DS”, sulla base delle risposte a 15 quesiti, dello stesso Cerini, di un Gruppo di una quindicina di persone, individuate tra candidati all’ultimo concorso, capi di istituto (ex e in servizio), dirigenti tecnici, studiosi che si sono misurati con il problema della formazione dei futuri dirigenti.
Le ragioni dell’iniziativa: le situazioni venutesi a creare soprattutto negli ultimi due concorsi, che hanno richiesto interventi della Magistratura e dello stesso Consiglio di Stato per dirimere questioni che hanno, tra l’altro, allungato in misura abnorme i tempi dei concorsi (anche sull’ultimo ci sono ancora pendenze che generano incertezze e difficoltà agli interessati e alle scuole su cui i neo assunti sono stati nominati).

La lunghezza dei tempi è certamente una delle ragioni non secondarie dell’aumento rovinoso di reggenze nell’ultimo decennio, che ha coinvolto un numero impressionante di scuole. Con le conseguenze che tutti conosciamo.
I 15 quesiti proposti erano essenzialmente finalizzati a raccogliere idee e indicazioni volte ad assicurare la tempestività e regolarità temporale dei concorsi, così da ridurre il numero dei partecipanti (ultimamente oltre ogni ragionevole misura), ma anche regole e modalità che possano durare nel tempo e diventare punto di riferimento per quanti, negli anni, vi fossero interessati. Regole, oltre che sui tempi (durata e cadenze), sul tipo di prove e loro coerenze con il profilo DS in questa fase, sulla configurazione delle commissioni, sui requisiti per parteciparvi, eccetera.

Partendo dalle risposte, Cerini ha elaborato un Documento in cui sono riportati, sui singoli capitoli, il grado di condivisione sulle proposte in campo, le ragioni che le sostengono e quelle che le sconsigliano.
Un documento ricco di spunti di riflessioni e di elaborazioni su cui misurarsi, che alcune settimane fa è stato inviato soprattutto al variegato mondo interessato alla questione (l’associazionismo professionale del personale scolastico, le OO.SS della scuola, la dirigenza tecnica del Ministero, ….).
Si rinvia pertanto a questo Documento per una più puntuale ricostruzione dei risultati del “Forum dei Quindici”.

Qui si intendono riprendere tre questioni, che ritengo soggettivamente centrali, proponendo su di esse qualche riflessione aggiuntiva o la focalizzazione di alcuni passaggi.

Valorizzazone delle esperienze di collaborazione

La prima riguarda la valorizzazione delle esperienze di collaborazione volte al buon funzionamento della scuola; a partire dalle esperienze dei collaboratori più stretti del DS a quelle di insegnanti impegnati nelle attività di coordinamento didattico-organizzativo o di presidio di aree significative del fare scuola.
Sono emerse nel Gruppo perplessità circa l’idea di valorizzare tali esperienze svolte a scuola, “anche perché – si legge nel Documento – non sempre oggetto di verifica e di valutazione”. Invece molta più condivisione c’è stata sulla proposta di inserire, nella procedura concorsuale, la valutazione delle qualità psico-attitudinali nello svolgimento di una funzione. Di tale proposta si evidenziano comunque “la fragilità delle strumentazioni psico-diagnostiche” e “la difficoltà ad inserirle in procedure pubbliche di reclutamento (perché dovrebbero essere affidate ad agenzie specializzate)”.
Nei due casi, il termine valorizzazione ha evidentemente significati diversi. Nel primo caso, il senso inequivocabile è “dare peso”, “riconoscere” le esperienze di collaborazione – diciamo così per semplificare – attraverso la previsione di un punteggio ad hoc che pesi; nel secondo caso, la valorizzazione è legata alla previsione, nelle prove concorsuali, di procedure volte ad apprezzare le qualità psico-attitudinali del candidato per lo svolgimento della funzione che sarà chiamato a svolgere.
Si tratta di proposte di diversa natura, entrambe comunque degne di considerazione.
Qui si vuole però soprattutto sottolineare la rilevanza della valorizzazione delle esperienze di collaborazione e partecipazione. ecc..

Il ragionamento che ne è alla base non è nuovo, ma vale la pena di riprenderlo. Consiste

1. nel collegare l’operazione concorso per DS alla questione dello sviluppo di carriera dei docenti: la Dirigenza Scolastica quindi come uno dei suoi sbocchi possibili. Nel senso che i meriti acquisiti sul campo, con le diverse forme di collaborazione alla vita dell’istituto, avrebbero – al netto del compenso economico per le attività fuori dall’orario di servizio – un riconoscimento ‘pesante’ in termini di punteggio aggiuntivo a quello delle prove concorsuali superate. Che si traduca in posizioni più avanzate nella graduatoria finale dei vincitori di concorso;

2. nell’ assumere:
a. che l’essere stati insegnanti-non- solo -insegnanti (per meglio capirci) e aver maturato esperienze in funzioni e ruoli aggiuntivi all’insegnamento, possa segnare in misura consistente la cultura professionale del docente e il modo di essere dentro la scuola e di sentirsene parte attiva,
b. che questa più ricca dimensione professionalepossa rappresentare una risorsa più importante della migliore preparazione che si consumi solo sui libri da studiare o nelle conferenze a cui partecipare;

3. nel dare peso e valore alla formazione che matura nella collaborazione per più anni, ai diversi livelli dell’organizzazione scolastica e della gestione complessiva. Considerandola una risorsa potenzialmente più efficace – per chi abbia superato le prove concorsuali – per partire da subito col piede più giusto.

(Senza nulla togliere comunque alla formazione specifica prevista per i neo dirigenti e al sostegno di tutor e mentor che restano misure certamente importanti e necessarie.)

Si pongono ovviamente, a questo punto, alcuni pesanti interrogativi già in parte richiamati (andrebbero aggiunti, alle difficoltà della valutazione dell’efficacia delle collaborazioni e della qualità della partecipazione, e a chi metterla in carico: il numero minimo di anni spesi in funzioni altre dall’insegnamento, il peso da attribuire eventualmente a ciascuna di esse, ecc.) che solo una ripresa di attenzione allo sviluppo di carriera dei docenti potrebbe permettere di affrontare positivamente. Recuperando eventualmente ipotesi di lavoro su cui ci si è appassionati nella fase iniziale delle vicende della c.d. “buona scuola” (autunno 2014 – primavera 2015), poi misteriosamente scomparse.

C’è infine una scommessa di carattere più generale che andrebbe recuperata nella proposta di collegare sviluppo di carriera e concorso DS: che si possa, attraverso di essa, favorire tra i docenti un più diffuso coinvolgimento – che gli accresciuti livelli di complessità rendono indispensabile – alla vita complessiva delle scuole e il recupero della motivazione a partecipare; e, volendo essere ottimisti (!), di un protagonismo cooperativo degli insegnanti, che, come è evidente, ha qualche difficoltà a materializzarsi.

La terza ed ultima questione del Documento, che qui si vuole considerare, riguarda le Commissioni.

Molti dei ‘peccati’ attribuibili ai concorsi vanno ricercati proprio nella qualità delle Commissioni, costituite quasi sempre finora senza una attività formativa preventiva ed efficaci forme di coordinamento a livello nazionale, rispetto alle singole procedure. (Nell’ultimo concorso DS ha fatto particolare scalpore, ad esempio, la notevole difformità nei comportamenti valutativi delle commissioni, sia nelle prove scritte, sia nelle prove orali. In queste ultime, tra l’altro, gli argomenti proposti obbedivano spesso a logiche di accertamento sostanzialmente arbitrarie).
(A discolpa parziale delle Commissioni in genere, va anche detto però, almeno tra parentesi, che esse sono state costrette a lavorare spesso in modo frettoloso e approssimativo nel poco tempo a disposizione, senza esoneri e con riconoscimenti economici da terzo mondo.)
Ma una criticità a monte va ricercata anche nella composizione delle Commissioni. Nelle quali era facile ravvisare, da parte delle persone più accorte, criticità spesso pesanti e di vario tipo: dagli squilibri evidenti alle figure inadatte, alle competenze pedagogiche, amministrative e professionali spesso mancanti…

Su questo punto, si dà conto nel Documento di una proposta particolarmente interessante da rilanciare: una ‘doppia opzione’, emersa nel Gruppo coinvolto, che potrebbe essere risolutiva dei problemi più grossi:
1. affidare ad una struttura permanente le diverse procedure concorsuali (una sorta di Gruppo di Regia Nazionale, “che svolga funzioni di preparazione di quadri di riferimento, griglie, tracce dei quesiti e delle prove”);
2. istituire un Albo da cui attingere le diverse professionalità necessarie per l’espletamento delle operazioni concorsuali.

È una proposta che penso abbia un forte valore strategico. Ovviamente costa. Ma quanti risparmi assicurerebbe ai diversi livelli e quali ricadute sul clima interno tra gli interessati e nell’intero pianeta scuola!

Se ne farà qualcosa? Lo sapremo vivendo, come si dice.

 

 

 

[1] I contributi scritti sono di: Beatrice Aimi, Lisetta Bidoni, Franco De Anna, Vanna D’Onghia, Paolo Fasce, Antonio Giacobbi, Rosalba Marchisciana, Emanuela Marguccio, Elisabetta Nanni, Mauro Piras, Mariella Spinosi, Maria Teresa Stancarone, Stefano Stefanel, Antonio Valentino, Maria Rosaria Villani, Lorella Zauli.