A proposito dei dati Invalsi. Il solito allarme è giustificato del tutto?

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di Marco Bollettino

Proponiamo questo interessante contributo di Marco Bollettino pubblicato nell’ultimo numero della rivista Scuola e Formazione edita da Cisl Scuola

Puntualmente, con la pubblicazione dei risultati dei test Invalsi 2019, si è scatenato il “temporale estivo” dei commenti, ospitati dai principali giornali italiani. Se, da una parte, è positivo che la scuola torni al centro del dibattito pubblico, dall’altro è spiacevole notare che, per alcuni autori, molto visibili e stimati, si è trattato più che altro di un pretesto per denunciare un supposto stato di profonda degenerazione della gioventù moderna, e ovviamente della scuola, iniziato molto tempo fa e aggravatosi nel tempo.
La tesi, sintetizzata facendo un mash up di tre diversi articoli è la seguente: «gli ultimi drammatici dati sulla ridotta capacità di leggere, scrivere e capire un testo, confermano una situazione nota da tempo,» (Augias) una «parabola involutiva che ha interessato gli ultimi 50 anni» (Ronchey) e «non erano necessari i risultati degli ultimi Invalsi per constatare lo stato di declino del livello di apprendimento dei nostri figli» (Recalcati).
La soluzione è presto detta: tornare al passato di una scuola che non c’è più o che, forse, non c’è mai stata; una scuola che seleziona impietosamente, che boccia e i cui insegnanti ricorrano prevalentemente allo strumento della lezione frontale, come si faceva una volta. Ma i dati ci descrivono veramente una situazione così drammatica? In realtà, no.

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