Tanti maestri o “il” maestro ?
di Giancarlo Cavinato (Movimento di Cooperazione Educativa)
Quanti ‘maestri’ che ammanniscono soluzioni a una scuola in difficoltà! Manca solo ancora una proposta del Ministro dell’Interno.
L’ articolo di Recalcati pubblicato su Repubblica qualche giorno addeitro offre alcuni spunti di riflessione/reazione.
Le tesi di Recalcati (il ruolo del ‘maestro’, la lezione tradizionale, la cattedra, i diabolici social,..) richiamano alla mente quella metodologia nota come apprendistato cognitivo[1]. Io, docente (di scuola secondaria) ti faccio vedere come faccio io a smontare e rimontare un testo, la mia interpretazione. Poi sei tu che devi provare.
E qui la proposta può prendere strade diverse a seconda che l’invito sia ‘fai come me’ cioè imita, o ‘scegli tue specifiche strategie di lavoro sui testi’ cioè rielabora e sperimenta. Con risultati ovviamente diversi.
Che non possono essere tutti omologati sotto la categoria della ‘lezione tradizionale’.
Inoltre Recalcati, come molti degli insigni polemisti intervenuti in questi giorni sulla stampa, non ha forse ben presente la realtà della scuola secondaria di secondo grado (anche di primo grado) in cui non opera in solitudine ‘il’ Maestro, ma una pluralità di figure docenti (a differenza che in altri paesi) ognuno per sé operante e seduto sulla pedana. Con grandi disparità di atteggiamenti e improbabili forme di raccordo e integrazione disciplinare e interdisciplinare. Mentre la lezione a cui aspira Recalcati dovrebbe vedere una pressoché unica maieutica figura che, come Robin Williams nei panni del professore dell’’Attimo fuggente’, sappia estrarre il meglio dai suoi alunni e dalla letteratura ( ma come la mettiamo con il transfer, Professore?).
Però dal funzionari del MIUR, in occasione della progettata riduzione di un anno dei licei, la scuola è stata caldamente e ripetutamente sollecitata ad adottare la metodologia della flipped classroom [2] che prevede l’abbandono dell’insegnamento trasmissivo comunque impartito e l’impiego delle tecnologie digitali. Come la mettiamo con l’accorato appello di Recalcati e di tanti altri maîtres à penser che imperversano in questi giorni contro la pedagogia attiva rovesciando il rapporto fra cause ed effetti?
Qualcosa non torna.
C’è però un aspetto che mi sfugge, forse mi sono perso qualche passaggio. Quando mai la scuola (secondaria, ma non solo) ha dismesso la pratica della lezione tradizionale, se non nell’attività di qualche sparuta ‘avanguardia’ docente? Dove, quando la didattica operativa, corporea, la linguistica testuale, la ricerca hanno sopraffatto i sostenitori dell’insegnamento ex cathedra?
I frutti di tale permanenza dell’ora di lezione congiunti e potenziati dall’epidemia di verifiche sono appunto quelli evidenziati dagli esiti Invalsi. Quindi verso chi è diretta la polemica degli ‘amici della predella’? [3]
Non riconoscere limiti e potenzialità (che nella scuola ci sono ma spesso ostacolate o misconosciute) è uno dei grandi omissis di questi interventi che tendono solo a mettere in luce un malanimo generalizzato verso ogni forma di egualitarismo e giustizia sociale.
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note
[1] Teoria derivata dal costruttivismo sociale ad opera dei ricercatori americani Allan Collins, John Seely Brown e Susan Newman.. E’ una proposta di organizzazione delle attività didattiche secondo la pratica dell’apprendistato tradizionale, della cosiddetta “bottega artigiana”, della didattica basata sulle competenze, di un approccio attento agli aspetti metacognitivi e ai diversi contesti di applicazione dei concetti acquisiti.
[2] L’insegnamento capovolto (flipped teaching) si propone come un modello di sperimentazione della classe del futuro attraverso una rivoluzione della struttura della lezione, ribaltando il sistema tradizionale che prevede un tempo di spiegazione in aula da parte del docente, una fase di studio individuale da parte dell’alunno a casa e successivamente un momento di verifica e interrogazione nuovamente in classe.
L’insegnamento capovolto nasce dall’esigenza di rendere il tempo scuola più funzionale e produttivo per il processo d’insegnamento-apprendimento, investendo le ore di lezione nel risolvere i problemi più complessi, approfondire argomenti, collegare temi e analizzare i contenuti disciplinari, produrre elaborati in gruppo e in modalità peer to peer in un contesto di laboratorio assistito. Nella flipped lesson (“lezione capovolta”), il docente non è più un semplice “dispensatore di sapere”, ma assume un ruolo di guida e di tutor fornendo agli studenti la propria assistenza in aula per fare emergere osservazioni e considerazioni significative attraverso esercizi, ricerche e rielaborazioni learning by doing (“apprendimento mediante il fare”) condivise.
Lo strumento impiegato in questo tipo di didattica è soprattutto il “video” – nella forma di tutorial-video o di video-lezione – oltre ad altre risorse multimediali, sia realizzate dal docente stesso sia semplicemente da lui distribuite attraverso piattaforme di e-learning,
[3] Cfr. l’ articolo uscito sul sito www.laudes.it ‘Di nuovo sulla decadenza della scuola’ e articoli sul sito GISCEL