di Marco Guastavigna
Sono davvero in troppi coloro che cadono nella a sua volta illusoria credenza secondo cui la storia politico-culturale della scuola avrebbe solo 20 anni, con inizio nel 1997. È perfettamente giusto sottolineare la continuità neoliberista di questo periodo, ma dobbiamo evitare di cadere in qualsiasi forma di nostalgia della scuola precedente, che nel suo insieme non adempiva affatto ai propri compiti repubblicani ed era anzi in larga misura luogo di selezione.
Detto in altri termini: non condivido la tesi che l’autonomia scolastica abbia segnato una soluzione di continuità. L’aziendalismo e l’idea dell’istruzione come servizio individuale arrivano da prima. Arrivano da una media concepita prima come unica (1962) e poi come orientativa (1979) e che diventa invece luogo di conferma dei destini socio-culturali.
Gli ultimi due decenni, insomma, sono l’accentuazione spietata della struttura classista della scuola italiana, culminata nella “buona scuola”, ma ereditata dal fascismo e fondata sulla supremazia dei licei e sulla retorica dei saperi “alti” ed esclusivi. Scuola che – dobbiamo avere il coraggio di ammetterlo – non è mai stata compiutamente democratica e aperta a tutti. Ed è riuscita a rendere asfittica anche la partecipazione attraverso gli organi collegiali.
Quello che abbiamo riportato è un passaggio di un articolo di Marco Guastavigna pubblicato nella rivista Insegnare. Clicca qui per leggere l’intero intervento