Indicazioni Nazionali 2025: la posizione dell’Andis

La riflessione dell’ANDIS assume come criterio prioritario per la lettura delle Nuove Indicazioni 2025 la prospettiva del/della DS da intendersi in una duplice accezione: sia quella educativa di leader per l’apprendimento, sia quella unitaria di chi è chiamato a governare e presidiare la complessità dell’organizzazione e dei suoi processi (organizzativi, educativi, gestionali, …).
Il Consiglio nazionale ha pertanto individuato i seguenti criteri di analisi:

  1. La scuola come organizzazione;
  2. la figura del/della docente;
  3. i processi (per la costruzione del curricolo, del PTOF, del patto di corresponsabilità, …);
  4. le relazioni con le famiglie e con il territorio;
  5. la visione dei saperi;
  6. l’idea di valutazione;
  7. il lessico utilizzato nel documento.

La scuola come organizzazione

Dalla lettura del documento emerge una visione della scuola estremamente piatta, che non fa cenno alla complessità dell’organizzazione scolastica. Si ignora che la scuola è un sistema aperto, dinamico e, appunto, complesso, in cui si muove una pluralità di figure con competenze e responsabilità diverse. Si potrebbe obiettare che non spetta alle Indicazioni richiamare la complessità del micro-sistema. Sarebbe tuttavia indispensabile assumerla come riferimento o orizzonte di senso: conferirebbe al documento una più solida incisività e una più precisa aderenza alla realtà. Si legge: “La scuola comunità educante è un’organizzazione che apprende, che è aperta al territorio ed è capace di tessere reti allargate di rapporti umani e professionali. Il personale sa condividere le risorse, scambia pratiche di lavoro e si aggiorna con costanza; fa ricerca ed è stimolato ad assumere funzioni di leadership o di middle management per il miglioramento dell’efficienza ed efficacia dell’istituto. Vi si sperimenta l’innovazione facendo leva sul coinvolgimento attivo e partecipato dei membri più anziani che diventano con serena naturalezza tutor e facilitatori dell’apprendimento professionale degli insegnanti neo-assunti.”

Il testo completo è qui

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Altro che inclusione! Ai nostri Ministri filo-americani interessano i Martiri di Belfiore

di Raffaele Iosa

Forse gli italiani non si sono ancora accorti di una “pazzia” che il presidente americano Trump ha vomitato in questi giorni. e che mi allarma non poco non solo per gli effetti economici ma anche culturali e civili che arrecherà all’Italia.
E’ di ieri la notizia di un messaggio perentorio e autoritario inviato alle aziende e al sistema economico italiano e del Vecchio Continente che obbliga a non applicare più programmi di inserimento lavorativo che producano equità, inclusione e rispettino le diversità. A queste aziende che volessero confermare una politica aziendale di solidarietà e valorizzazione dell’inclusione il “castigo” è di quelli alla Mengele: rottura dei contratti tra USA e Italia sulle produzioni industriali e sociali di tutti i tipi.
Ciò vuol dire, ad esempio, aziende nostre costrette a licenziare i dipendenti con disabilità assunti con la legge 68/99 (collocamento mirato obbligatorio per i disabili) per non perdere la vendita negli USA del prosecco, del parmigiano, della moda e così via. Continua a leggere

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Disabilità: enorme aumento delle certificazioni secondo l’Istat

Nel mese di marzo 2025 l’Istat ha presentato il consueto rapporto annuale sulla disabilità nella scuola.
Rispetto al 1999 il numero delle certificazioni è pressoché quadruplicato.
Il fenomeno è in continua crescita, al ritmo del 6% annuo.
Aumentano in particolare i casi di autismo e di disturbo oppositivo-provocatorio
Di questo parliamo nella video-intervista a Raffaele Iosa.

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Ma davvero l’Europa ha radici cristiane?

di Raimondo Giunta

Non ho voluto ascoltare nessun intervento di quanti hanno partecipato al raduno organizzato da un giornale, il cui editore fa buoni affari con le industrie militari, disgustato e preoccupato per gli 800 miliardi previsti per le armi, che in gran parte saranno pagate con la devastazione di quel poco che ancora esiste di stato sociale nelle nazioni europee. Non so quindi se hanno affrontato il tema delle radici cristiane dell’Europa, che di tanto in tanto viene richiamato e riproposto per designare una delle differenze più significative rispetto ad altre culture e ad altre civiltà.
Differenze in meglio per intenderci…Considerato che prima o poi verrà ripreso in vario modo anche a scuola, provo a dire qualcosa con gli strumenti a mia disposizione, chiedendomi innanzitutto se abbia ancora un senso nel terzo millennio parlare di Europa cristiana e in che cosa consista questa sua specifica connotazione.
Finora la riflessione che si è svolta su questo tema impegnativo è oscillata tra nostalgia, rifiuto e tentativi di imposizione. Alcuni ne hanno parlato come se non ci potessero essere valori senza Cristianesimo.
Se appare immotivata la riduzione della civiltà europea alla storia e ai valori del Cristianesimo, tuttavia non è ragionevole pensare che si possa cancellare ciò che ad ogni piè sospinto ci ricorda la sua continua, millenaria presenza tra gli uomini che hanno abitato la terra d’Europa. Continua a leggere

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La scuola delle tre pro

di Marco Guastavigna

Siamo venuti in possesso di un documentario professionale proattivamente proiettato alla recente fiera – che tristezza! – della didattica. Il filmato è davvero illuminante sulle dinamiche che determinano l’innovazione dell’istruzione.

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Indicazioni Nazionali: aprire il confronto

Il Forum regionale per l’educazione e la scuola del Piemonte ha approvato un interessante documento sul dibattito che si sta sviluppando sulle Indicazioni Nazionali.

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Indicazioni nazionali: elogio della resilienza e della repellenza

di Maurizio Parodi

La sola, paradossale consolazione, derivante da una profonda conoscenza del nostro sistema scolastico, è data dalla speranza che le “Nuove Indicazioni” seguano il corso delle precedenti, incomparabilmente più evolute sotto il profilo, culturale, pedagogico, didattico, ovvero che restino lettera morta, sopraffatte dalla granitica autoreferenzialità della scuola reale.

Va anche detto che di queste nuove indicazioni non vi era alcun bisogno, semmai si sarebbe dovuto cercare di rendere operative le precedenti, così come non vi è alcun bisogno di una nuova Costituzione, ma di dare piena applicazione alla vigente, giusto per fare un esempio non peregrino.

In questo caso, dunque, potrebbe essere non del tutto disdicevole la portentosa capacità, propria di un’organizzazione a “legami deboli e trascurati” (Pietro Romei), come è la nostra scuola, di neutralizzare qualsivoglia istanza di cambiamento, nel bene più che nel male, restando indefettibilmente ancorata alle logiche e alle ritualità dell’apparato burocratico.

Nondimeno, turba il richiamo a principi e valori che potremmo definire reazionari, segno di tempi bui, tenebrosi. Continua a leggere

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NUOVE INDICAZIONI: quale direzione?

di Cesp (Centro studi per la scuola pubblica) – Bologna 

Pochi giorni fa è stata diffusa dal Ministero la prima bozza delle Nuove Indicazioni nazionali, dedicata alla scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado.
Si tratta di un documento di oltre 150 pagine, ridondante, contraddittorio nelle diverse parti, che si pone in netta discontinuità con le precedenti Indicazioni del 2012.

I tratti più forti che attraversano tutto il documento sono:

Un forte baricentro sulla cultura nazionale (la parola “occidente” o “occidentale” compare 26 volte) come fondamento dell’identità da trasmettere alle classi, senza alcuna apertura agli aspetti multiculturali della nostra società e all’idea di una costruzione interculturale e interattiva del sapere. Emblematica è la frase di apertura del curricolo di storia che perentoriamente asserisce: “Solo l’Occidente conosce la storia”. Un testo che mira senza nasconderlo ad imporre una nazionalizzazione delle/degli studenti con background migratorio.

Si richiama l’impegno alla “personalizzazione” (24 volte) come strategia educativa di accompagnamento nello sviluppo dei “talenti”. Tale ottica si pone nella prospettiva di ‘fotografare’ e sviluppare in ogni allievo e allieva le caratteristiche assunte dal contesto socioculturale di provenienza invece di impegnare la scuola a contrastare i limiti ereditati dal contesto sociale e a promuovere la realizzazione di ogni studente in relazione con le altre persone. La reintroduzione facoltativa del latino appare emblematica di questo uso dei presunti “talenti” come mascheramento di una precoce differenziazione dei percorsi. Continua a leggere

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Nuove Indicazioni, che bisogno c’era?

di Giovanni Fioravanti

Era il primo giorno del settembre 2023 quando è uscito il libretto a due mani di Ernesto Galli della Loggia e di Loredana Perla: Insegnare l’Italia. Una proposta per la scuola dell’obbligo.
Con un artificio retorico si presentava come una sorta di promemoria, di appunti di lavoro. Ma subito dalla prima pagina formula la sua domanda dirompente: a cosa deve servire la scuola?
Che la pongano uno storico e una pedagogista fa specie e, dunque, è evidente che hanno già pronta la risposta che intendono fornire, convinti che la scuola debba piegarsi alla loro idea di formazione.
Sarebbe come chiedersi a cosa deve servire un ospedale. A curare i malati è ovvio, non c’è neppure bisogna di chiederselo.
Come la scuola serve ad istruire, in ogni società le giovani generazioni frequentano la scuola per essere istruite.
Se mai la domanda da porsi è come quella scuola debba istruire. Ed è la domanda a cui la pedagogia nella sua storia e più recentemente le scienze dell’educazione, le scienze umane, unitamente all’impegno professionale e culturale di tanti insegnanti hanno cercato di fornire risposte, adattandole alle rinnovate esigenze sociali e ai risultati delle ricerche in campo educativo e psicologico.

Invece la risposta dei nostri autori scavalca completamente la complessità della domanda che loro stessi pongono.
La risposta è formare gli italiani, educare le nuove generazioni all’identità italica. Sembra qualcosa di risorgimentale, alla Massimo D’Azeglio, ora che è fatta l’Italia, occorre fare gli Italiani. Continua a leggere

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INDICAZIONI NAZIONALI: per la SIDidaSt il documento è irricevibile

All’indomani della audizione ufficiale davanti alla Commissione che sta lavorando alla stesura delle Nuove Indicazioni Nazionali, gli storici che si riconoscono nella Società Italiana di Didattica della Storia hanno diramato un interessante documento che qui riproponiamo.

 

 

 

 

 

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